Catherine, quanto è stato importante per te mantenerti fedele al mondo creato da Stephenie?
CH: La prima sceneggiatura era una cosa folle. Nella prima scena Bella era una campionessa di atletica. L’ho letta e ho pensato: “Questa non è la protagonista del libro che amo!”. Quindi ci siamo sforzati di restare il più possibile fedeli al libro. Il libro è lungo, quindi non possiamo riprodurre ogni scena, ma abbiamo fatto la versione “latte condensato con lo zucchero”.
Stephenie, gli attori scelti per il film corrispondono alla tua visione di Edward e Bella?
SM: Naturalmente ho una mia immagine mentale, e purtroppo la gente non può entrare nella mia testa e prendersi quell’immagine per usarla. Ma sono sorpresa, soprattutto per Rob: perché il casting di Edward era la cosa più difficile. Non sapevo se c’era qualcuno in grado di interpretarlo. Quando ho visto Rob per la prima volta ho pensato: “Sì, può interpretare una versione di Edward. Ha proprio un aspetto da vampiro”. E poi sul set l’ho visto trasformarsi in Edward, e a quel punto somigliava davvero all’Edward che è nella mia testa: è stata un’esperienza molto strana, surreale e anche un po’ spaventosa.
CH: Come potete immaginare, quando uno legge la descrizione di Edward nel libro, gli viene da pensare: “Quale attore potrebbe mai reggere il confronto?”
SM: Ma guardate il poster: quello è Edward!
Il suo pallore è accentuato dal trucco?
CH: Tutti gli attori si truccano. Rob non si è esposto al sole. E’ inglese: laggiù il sole non c’è. Ha una pelle naturalmente pallida e bella. E poi ovviamente a Portland d’inverno è difficile prendere il sole.
SM: Tranne quando stai girando una scena e non vuoi che ci sia il sole.
La cosa più bella di questa storia è che è narrata da una prospettiva femminile. Una regista, una sceneggiatrice, un punto di vista tutto femminile. E’ stato importante per voi far risaltare quelle voci?
SM: Per me è stata una cosa naturale scrivere dalla prospettiva della femmina umana, perché non riflettevo su cosa stavo facendo. Non pensavo “voglio promuovere il girl power”. Scrivevo soltanto per me stessa. E sono contenta che il film sia stato affidato a una donna perché secondo me le donne vedono le cose in modo diverso. Mi fa piacere che ci siano anche tanti ragazzi tra i fan, perché le ragazze sono cresciute leggendo libri scritti da uomini. Ce li danno da leggere a scuola, e così impariamo la prospettiva maschile; ma i ragazzi non sono costretti a leggere libri scritti da ragazze, o a vedere film realizzati da donne. Credo sia un bene questo scambio di idee.
CH: Credo però che Stephenie sia brava anche a immedesimarsi nel punto di vista maschile. Leggendo una parte di Midnight Sun si percepisce bene anche la psicologia di Edward. Quindi c’è un equilibrio.
SM: Se avessi conosciuto lo sviluppo successivo della storia, probabilmente avrei iniziato a scrivere dal punto di vista di Edward, perché è molto più emozionante quando sono i vampiri a raccontare la storia. Ma una femmina umana era più facile da scrivere per me.
Credi che questa forte prospettiva femminile indichi una tendenza della nostra cultura?
SM: Sarebbe bello se fosse così, no? E’ bello che al ComicCon ci fossero così tante ragazze.
Bella non è assolutamente la tipica teenager. Come la definireste rispetto agli altri teenager?
SM: Credo che Bella sia un’adolescente più normale di quanto molti pensano. E’ un po’ riservata e taciturna, ma tante ragazze non sanno niente di kung-fu, e se un malintenzionato le aggredisse in un vicolo non saprebbero prenderlo a calci. Quando ero al liceo leggevo molto, era il mio intrattenimento principale. E ci sono tante persone dal carattere un po’ chiuso, che non hanno uno stile di vita “Prada”, non frequentano un liceo esclusivo di New York, dove tutti sono ricchi e famosi. In giro c’è gente normale, ed è anche per questo che Bella piace ai lettori.
CH: Mi sono immedesimata molto nelle sue insicurezze e nel fatto che è così impacciata.
Quanto avete comunicato tra voi? Catherine, fino a che punto volevi essere autonoma? E Stephenie, fino a che punto volevi tenere separato il tuo libro dal film?
CH: Non ho mai pensato “Voglio essere autonoma”: volevo lavorare con ciò che Stephenie aveva creato, e farlo piacere a tutti quanti, e portare in vita quei personaggi. Abbiamo cercato di parlarne con Stephenie, che però era impegnata a scrivere altri due libri.
SM: Ogni volta che Catherine mi chiamava, chiedeva: “Dove sei?” e io: “Oh, adesso sono a Londra”, oppure “Sono a Detroit” eccetera. Era un periodo denso di impegni. Ma è stata gentilissima a coinvolgermi in tutto quanto. Mi diceva: “Staremmo pensando di fare così, tu che ne dici?”. Non me l’aspettavo, perché avevo sentito dire che non funziona così, di solito, negli adattamenti cinematografici. La mia esperienza è stata forse la migliore che potessi aspettarmi. Sono pessimista di natura, quindi immaginavo che sarebbe andato tutto malissimo, e invece è stato splendido. Sono stati tutti molto gentili, hanno sempre chiesto la mia opinione e mi hanno riferito cosa stava succedendo, mi hanno tenuta sempre aggiornata.