Se per la Franzoni si sono sprecate tonnellate d'inchiostro, idem per diversi processi, lascia interdetti la scelta di ignorare completamente il processo che si è svolto in questi giorni per l'omicidio di Rasman.
Per chi non ne fosse a conoscenza, riepilogo brevemente i fatti.
Riccardo Rasman era un ragazzo affetto da schizofrenia paranoide, malattia contratta quattordici anni prima di morire, in seguito a pesanti atti di nonnismo durante il servizio militare.
Riccardo era in cura in un centro di salute mentale di Trieste, ed era già stato schedato in quanto dieci anni fa la polizia era intervenuta per dei rumori molesti.
Nell'ottobre del 2006 Riccardo acquista un monolocale, nel quale vivevano anche altre famiglie con parenti in cura presso il centro di salute mentale.
Un giorno dei testimoni odono dei rumori di spari e degli scoppi di petardo. L'usciere chiama la polizia che trovatasi la porta sbarrata, fa intervenire i vigili del fuoco che con un piede di porco forzano la serratura.
Riccardo, per via della sua malattia, ovviamente si scaglia contro gli agenti, che lo immobilizzano, ammanettandolo, e bloccandogli con del fil di ferro le caviglie. Fin qui tutto normale.
Solo che a quanto pare infieriscono su di lui, tanto che dall'autopsia risulta un colpo in testa con un corpo contundente, dopodiché lo sbattono supino a terra. Riceve dei calci alla schiena, vomita sangue, e ad un certo punto uno degli agenti si siede sulla schiena di Riccardo. Per lui è la fine, muore soffocato nel giro di pochi minuti. Una lenta agonia, per via anche delle mani posizionate dietro la schiena in seguito all'ammanettamento, impedendogli ogni possibile respiro.
Viene così aperta un'inchiesta, tuttavia il pm Pietro Montrone l'anno scorso richiede l'archiviazione del caso, per via dell'esigenza di difesa da parte degli agenti.
Al contrario i legali della famiglia si oppongono a questa decisione, e il Gip revoca l'archiviazione, affermando che visti i fatti, ci sia un effettivo bisogno di fare chiarezza.
Ed arriviamo così alla prima sentenza nella storia della Repubblica, nella quale tre agenti della polizia di Stato sono stati condannati per omicidio colposo. Sono stati condannati i due capi pattuglia, i sovrintendenti Mis e Miraz, l’assistente De Biasi ed è stata prosciolta l’assistente Gatti. Condannati a sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena.
La motivazione non è ancora disponibile, ma è una sentenza che tuttavia rimane storica, perché ricorda a tutti che la Polizia deve proteggere il cittadino, e non può permettersi in alcun modo di lasciarsi andare ad azioni simili.
Il video con le interviste qui: http://it.youtube.com/watch?v=1B8bSwgZCA0
Attenzione, contiene immagini non adatte a tutti
fumoffu