Salve a tutti,
Chi scrive è un videogiocatore giovane, ma di vecchia data, nonché un utente piuttosto attivo all'epoca dei 56K ( l'epoca, ovvero, durante la quale con "gioco on-line" si intendeva inequivocabilmente "Phantasy Star Online" oppure, nei casi meno lusinghieri "deviazione della personalità").
Ora però, sembra proprio che si conceda al videogiocatore di uscire dal buio della sua cameretta senza la paura di scappellotti e derisioni, ora che con il wii ci si pesa pure, che con il ds ci si fotografa e che con le consolle tutte ci si ascolta la nostra musica preferità immersi( volenti o dolenti, consapevoli o inconsapevoli) in un'"esperienza di gioco", viene da chiedersi(perlomeno a me) quale sia la connotazione assoluta dei videogiochi.
Forse non è del tutto inutile tracciare(o forzare, se vogliamo) un paralellismo con un'altra sorella minore delle 7 arti:
Cinque anni prima dell’inizio di quel secolo che sarà di D’annunzio, De Chirico, Warhol, che vedrà nascere il rock e (non)morire il punk, che si farà granitico muro dove affiggere il manifesto futurista di Marinetti, cinque anni prima del secolo dell’Art Decò, di Dalì, di Gaudì, cinque anni prima, per capirci, di quel secolo che si scrive con una “X” in meno in confronto al rum piratesco e alla sigla più cliccata del web(ops! Cinque anni prima anche del secolo in cui è “nato”, il web), nel milleottocentonovantacinque, insomma, in Francia due fratelli intorno alla quarantina, scoprivano qualcosa.
Quei fratelli erano i Lumière, e quel qualcosa, era l’embrione del cinema.
Embrione si, e dallo sviluppo molto lento, tanto che anche i suoi stessi procreatori, dopo ben 15 anni, non riuscirono ad intuirne il suo vero profilo.
Successe poi che un certo Edison si mise di traverso per non importare l’invenzione francese negli USA, che Charles Pathé comprava dai fratelli di cui sopra, il diritto ad esporre al mondo quella perla che gli stessi si ostinavano a gettare nel gigantesco porcile(in senso simpatico, si intende. Che sfido chiunque a definire antipatiche quelle bestiole rosate) che comprende tutto ciò che non è arte e, successe poi, esattamente il 20 settembre del 1905 in Via Nomentana a Roma, a due passi da quella Porta Pia dove una 30ina d’anni prima era passata l’Italia tirata per la giacchetta dai bersaglieri, che una manciata d’uomini veniva affabulata da tal Filoteo Alberini, il quale faceva magicamente sfarfallare su un candido telo le immagini della stessa presa di Roma.
Ed ecco che, sommessamente, balbettava l’ottava arte.
Il balbettio però, era cosi sommesso che per farlo udire da masse consistenti(sempre se paragonate ad una scolaresca, sia ben chiaro) bisognerà aspettare ancora un’altra quindicina d’anni, e i primi a udire quel flebile borbottio costituente, tra l’altro, erano spesso tendenti a bollarlo quasi come effimero, un vezzo da concedere a occhi stanchi dalla troppa lettura o, ancor peggio, da lasciare a masse di ignoranti buoni neanche per la platea del teatro dell’arte.
Sessantanni dopo quegl’anni ‘20 invece, il ‘900 era diventato anche il secolo di Fellini, Antonioni, Rossellini, Kubrick, Pollack, Kurosawa, Truffaut, Chaplin eccetera eccetera e, proprio mentre sul bianco telo, oramai, trovavano consacrazioni artistiche anche gli ematici zampilli di Fulci nonché le vagonate di chiappe del ’70, in Giappone la spirale storica andava ad investire, in un suo slancio curvilineo, il signor Shigeru Miyamoto, nell’attimo esatto in cui era intento a coprire con baffi virtuali, le imperfezioni pixelediche di una faccia rubiconda.
Nasceva Super Mario, e qui mi interrompo perché non vorrei annoiarvi più di quanto ho fatto.