Essere immortale è cosa da poco: tranne l'uomo, tutte le creature lo sono, giacchè ignorano la morte; la cosa divina, terribile, incomprensibile, è sapersi immortali.
La morte(o la sua allusione) rende preziosi e patetici gli uomini. Questi commuovono per la loro condizione di fantasmi; ogni atto che compiono può essere l'ultimo; non c'è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto di un sogno. Tutto, tra i mortali, ha il valore dell'irrecuperabile e del casuale. Tra gl'Immortali, invece, ogni atto(e ogni pensiero) è l'eco d'altri che nel passato lo precedettero, senza principio visibile, o il fedele presagio di altri che nel futuro lo ripeteranno fino alla vertigine. Non c'è cosa che non sia come perduta tra infaticabili specchi. Nulla può accadere una sola volta, nulla mè preziosamente precario. Ciò ch'è elegiaco, grave, rituale, non vale per gli Immortali
Un uomo si confonde, gradatamente, con la forma del suo destino; un uomo è, alla lunga, ciò che lo determina.
Quando si avvicina la fine, non restano più immagini del ricordo; restano solo parole