Offese al capo dello Stato
indagati Belpietro e Di Pietro
ROMA - Accusare il presidente della Repubblica di "viltà" perché ha firmato la legge sullo scudo fiscale è un'offesa al prestigio del Capo dello Stato. Secondo la Procura di Roma non c'è dubbio. Antonio Di Pietro, che quelle parole pronunciò subito dopo la firma di Giorgio Napolitano in calce alla legge, è imputabile di vilipendio, reato che il codice penale punisce con la reclusione da uno a cinque anni.
E' offensivo pure scrivere su un giornale che il Presidente della Repubblica ha preferito sedere ai tavoli imbanditi per la sua visita in Giappone, piuttosto che rientrare in fretta e furia a Roma per accogliere le salme dei
sei paracadutisti uccisi in Afghanistan. Anche il direttore di
Libero Maurizio Belpietro deve essere quindi incriminato per vilipendio.
Chiesto il parere ad Alfano. Così ha detto la Procura di Roma, ma la procedura prevede che sia il ministro della Giustizia a decidere se far proseguire le indagini oppure cancellare sul nascere l'ipotesi di portare alla sbarra il giornalista e il leader dell'Idv. E' una prerogativa che il codice riserva al Guardasigilli
quando le offese sono rivolte ai capi degli stati, Pontefice incluso. Capitò anche per le frasi contro Benedetto XVI che
Sabina Guzzanti pronunciò durante la manifestazione di Piazza Navona nell'estate 2008. Chiamato a decidere nel settembre scorso, il ministro Angelino Alfano non concesse l'autorizzazione a procedere convinto che fosse meglio "spegnere i focolai e non appiccare nuovi incendi".
Che tristezza non poter dire quello che si vuole sul presidente della repubblica
