Quando a San Michele rubarono la spada
“Era la sera della vigilia della festa: il 7 maggio1930 o ’31; il sagrestano Pasquale chiuse la porta della Chiesa madre e si ritirò a casa. La mattina dopo, quando il parroco don Saverio Laurita andò a celebrare la messa, si accorse che la chiesa era stata saccheggiata. Mancavano oggetti d’oro alla Madonna del rosario e anche la spada d’argento di san Michele. La notizia si sparse subito, per tutto il paese e la gente accorse in chiesa piangendo.
Erano tempi di miseria e di fame; la gente rubava non solo farina, pane, formaggio e salame, per sfamarsi, ma anche oggetti d’oro.
Furono avvisati i Carabinieri di Trebisacce, i quali si misero subito in cerca dei ladri, ma non si
scopriva niente.
Una notte, san Michele apparve in sogno a una donna del paese e le disse: “vai nel vicino paese di Amendolara, perché nella casa di Tizio, ... san Michele fece proprio il nome di chi abitava in quella casa, e troverai ciò che m’hanno levato da queste mani”.
La cosa che gli avevano levata dalla mano era la bella spada d’argento. Quella donna andò a
raccontare il sogno a don Saverio: Don Saverio andò dai Carabinieri e i carabinieri partirono subito per Amendolara. Bussarono alla porta dell’uomo sospettato, entrarono e si accorsero che in una parte del muro c’era il cemento fresco. Presero un martello, diedero un colpo sul cemento e videro la spada di san Michele spezzata in due parti. Il ladro fu subito arrestato, il quale rivelò anche i nomi di un altro suo complice e fu arrestato anche questi.
La spada la portarono in Albidona e la restituirono al parroco don Saverio, il quale la portò a un esperto artigiano, che saldò i due pezzi e la fece diventare nuova e bella come era prima.
Poi, in una memorabile giornata, la statua di san Michele fu portata dinanzi alla porta della Chiesa e la folla aspettava tutta commossa. Don Saverio si mise accanto al Santo, prese la spada fra le mani e gridò: “O glorioso san Michele Arcangelo, i ladri te l’hanno rubata, e io la riconsegno tra le tue mani !”