Cos’è un debito odioso?
“Se un potere dispotico (il regime di Saddam Hussein – N.d.R) contrae un debito non per rispondere ai bisogni e agli interessi dello Stato, ma per rafforzare il suo regime dispotico, per reprimere la popolazione che lo combatte, allora questo debito è odioso per la popolazione dell’intero Stato. Questo debito non è indispensabile per la nazione: è un debito di regime, un debito personale del potere che l’ha contratto; di conseguenza questo debito si estingue con la caduta di questo potere”. (Alexander Sack, Les effets des transformations des États sur leurs dettes publiques et autres obligations financières, Recueil Sirey, 1927). La dottrina del debito odioso si applica perfettamente al caso dell’Iraq.
Questa dottrina risale al XIX° secolo. È stata utilizzata in occasione del conflitto che opponeva la Spagna agli Stati Uniti nel 1898. In quell’anno, Cuba, che era stata fino a quel momento una colonia spagnola, passa sotto il controllo (protettorato) degli Stati Uniti. La Spagna esige allora che gli Stati Uniti le rimborsino il debito che Cuba aveva contratto con lei. Gli Stati Uniti rifiutano dichiarando quel debito odioso perché contratto da un regime dispotico per portare avanti delle politiche contrarie agli interessi della popolazione. Quel che è importante è il fatto che questa dichiarazione, riconosciuta infine dalla Spagna, è iscritta in un trattato internazionale, il Trattato di Parigi, che fa dunque giurisprudenza.
Esistono anche altri casi. I debiti di Bonaparte non vennero riconosciuti, nel periodo della Restaurazione, perché furono considerati “debiti odiosi”, contrari agli interessi dei Francesi. Dopo la guerra di Secessione, negli Stati Uniti, i Nordisti, vincitori, rifiutarono di assumere il debito sudista, contratto per difendere un sistema basato sulla schiavitù. Dopo la prima guerra mondiale, il Trattato di Versailles, dichiara che i debiti contratti dal regime tedesco del Kaiser per colonizzare la Polonia sono nulli e che non possono quindi essere messi a carico della nuova Polonia ricostituita. Il regime dittatoriale di Tinoco (1917-1919)2 in Costa Rica si era indebitato con la corona britannica. Il giudice Taft, allora presidente della Corte suprema degli Stati Uniti, designato come arbitro dai due paesi in litigio (Gran Bretagna contro Costa Rica, 1923) dichiarò che quel debito era un debito personale del despota. I banchieri creditori che conoscevano la natura dispotica del regime di Tinoco dovevano quindi prendersela solo con se stessi e non con il regime democratico succeduto a Tinoco. Il giudice Taft aggiunse anche che i creditori non erano stati in grado di provare la loro buona fede.
La dottrina del debito odioso è stata formulata da Alexander Sack (ex-ministro dello zar russo, emigrato in Francia dopo la rivoluzione del 1917, professore di diritto a Parigi) nel 1927 nella sua raccolta sui trasferimenti di debiti in caso di cambiamento di regime3.
A nostra conoscenza, negli ultimi trent’anni nessun paese debitore si è avvalso di questa dottrina per ripudiare unilateralmente debiti di questo genere o per appellarsi perlomeno a un arbitraggio. Il CADTM (Comitato per l’annullamento del debito de Terzo mondo), così come altri movimenti (Giubileo 2000 Sudafrica, Giubileo Sud,...) e vari studiosi (in particolare Jean-Claude Willame, 1986; Patricia Adams, 1991;...) stanno analizzando da tempo i debiti del Terzo mondo da questo punto di vista giuridico: i debiti di Mobutu (Zaïre – Repubblica democratica del Congo), di Habyarimana (Ruanda), di Marcos (Filippine), di Suharto (Indonesia), dei generali della dittatura argentina, di Pinochet (Cile), della dittatura uruguayana, della dittatura brasiliana, della Nigeria, del Togo, della repubblica sudafricana,... hanno tutte le possibilità di rientrare in questa categoria di debiti. Non si tratta di questioni di poco conto, poiché i popoli di questi paesi sono ancor oggi costretti a rimborsare questi “debiti odiosi” ricorrendo a nuovi prestiti. Il caso della Repubblica democratica del Congo è di un’evidenza solare: nel 2003, il debito di circa 13 miliardi di dollari che le veniva chiesto di rimborsare corrispondeva grosso modo alla totalità del debito contratto da Mobutu, poiché non c’è più stata praticamente nessun’altra richiesta di prestiti dopo la caduta del suo regime tra il 1997 e il 2003. Tutto il debito della Repubblica democratica del Congo avrebbe dunque dovuto essere annullato.