//nowhere//
Secondo me il tuo problema nasce da una visione moraleggiante, e quindi alterata, del reale.
Citando Eraclito Polemos è di tutte le cose padre, di tutte re, e gli uni rivela dei e gli alti uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi e bisogna sapere che, essendo la guerra comune, anche la giustizia è contesa, e tutto nasce secondo contesa e necessità.
La vita è violenza, si fonda sulla violenza, o per meglio dire è anche e sopratutto violenza, prevariacazione.
Farò un semplice esempio: se tu credessi veramente che non si deve commettere alcuna violenza, e sopratutto se potessi farlo, perché mangi? Alimentarsi, lo sanno tutti, è una condizione necessaria per vivere. Ma alimentandoci non distruggiamo forse altre forme di vita (vegetali, animali, fruttifere, etc..), non facciamo loro violenza in favore del preservamento di un'altra forma, noi stessi? E loro non fanno a loro volta lo stesso?
La vita è la natura e la natura è violenza. Quindi la vita è violenza.
Soltanto in un modo si potrebbe essere coerenti con la propria decisione di non fare, assolutamente, violenza: morendo. Ma in questo modo non ci sarebbe più la vita e quindi una soluzione d'assenza di violenza in vita sarebbe ancora un fallimento..
Mi ricordi quei tizi che dicono "Dio non può esistere perché altrimenti non ci sarebbe la guerra", dimenticandosi che Osiride è anche un dio Nero.
A mio avviso la violenza è soltanto l'ennesimo strumento da utilizzare con intelligenza, quando è necessario.
Discorso più interessante sarebbe invece determinare se la violenza è "la violenza gratuita" o la "violenza necessitata" di cui ho parlato. Ma a questo punto si dovrebbero determinare quali parametri rendano l'una gratuita e l'altra necessitata, entrando quindi nell'etica, nella doxa soggettiva e nel trascendentale, insomma in ciò di cui è inutile parlare.