Una festa insieme a Re Harald, con cocktail e stuzzichini offerti dalla famiglia reale. Chauffeur e auto blu per tutti i membri del Comitato Olimpico Internazionale, con tanto di corsie riservate e semafori regolati in modo da non farli mai stare troppo fermi al rosso. Smartphone con schede e abbonamenti ai gestori norvegesi per tutti i delegati. E poi: un’area vip allo Stadio olimpico con cibo di «alta qualità» e spazi pubblicitari della capitale scandinavah riservati agli sponsor. Sono alcune delle (incredibili) richieste messe sul tavolo dal Cio in vista dei Giochi Invernali del 2022. Pretese che hanno fatto infuriare la Norvegia, in corsa per ospitare la manifestazione insieme alla kazaka Almaty e a Pechino. E, visti anche i costi altissimi per ospitare le Olimpiadi, hanno spinto il governo di Oslo a ritirare la propria candidatura.
Costi troppo alti
Spaventati forse dalle recenti Olimpiadi di Sochi,
costate la cifra record di 51 miliardi di dollari (40 miliardi di euro), i norvegesi non se la sono sentita di affrontare una spesa alti e imprevedibili. E a nulla è servito «l’aiutino» da 880 milioni di dollari offerto dal Comitato Olimpico al governo di Oslo.
La premier Erna Solberg è stata chiara: «Un grande progetto come questo, così costoso, richiede un largo consenso popolare, non ce n’è abbastanza». Dall’altra parte il Cio non l’ha presa bene. Definendo il no di Oslo «un’occasione persa per tutti i norvegesi che seguono con passione gli sport invernali», come ha detto il direttore esecutivo Christophe Dubi.
Grandi eventi e diritti umani
Campione in carica di medaglie olimpiche (109 ori, 103 argenti e 94 bronzi), la Norvegia aveva già ospitato i Giochi nel 1952 (a Oslo) e nel 1994 ( a Lillehammer). Anche per questo era la favorita. Il suo no segue quello di Stoccolma, Cracovia e l’ucraina Lviv. Lasciando ora il Cio costretto a scegliere tra gli unici due contendenti rimasti in gara: Pechino e la kazaka Almaty. Due Paesi già nel mirino delle organizzazioni dei diritti umani. Dal Kazakistan,
dove «la tortura è la norma nei luoghi di detenzione», alla Cina,
«uno Stato autoritario e a partito unico», come sottolinea Human Right Watch. Dopo Sochi 2014, i prossimi Giochi invernali saranno a Pyeongchang, in Corea del Sud, nel 2018. Nel 2022, per la terza volta di fila torneranno in Asia.
http://www.corriere.it/sport/14_otto...785edc20.shtml