Mio padre è un medico chirurgo (specialista in chirurgia plastica), ormai da anni in pensione.
Da qualche mese lavora occasionalmente per una società privata per fare i tamponi.
Qualche giorno fa un'agenzia interinale lo ha cercato per lavorare per l'ASL della piccola città in cui vive, per somministrare i vaccini.
Piccola premessa prima di arrivare al punto.
Siamo stati sempre tendenzialmente una famiglia poverella. E, per quanto possa parlare male di mio padre su varie scelte prese nella vita, quello che è incontestabile è che lui si è fatto un culo a stelle e strisce per mantenere cinque figli.
La pensione lui se l'è guadagnata (ed anzi, l'ENPAM non gli ha dato la pensione per due anni perché lo ha raggirato, ma questa è un'altra storia e non voglio entrare nel merito, anche perché c'è un giudizio pendente di fronte alla Corte d'Appello).
Detto ciò, sarebbe una bella cosa che mio padre possa guadagnare qualcosina in più oltre alla pensione, dando pure un piccolo contributo nella campagna vaccinale.
Peccato che, invece, il legislatore non sia d'accordo: l'articolo 3-bis del Decreto Legge 12 marzo 2021 numero 2 (convertito con modificazioni con legge 29/2021) ha stabilito che i medici in pensione possono sì lavorare per le aziende ospedaliere durante il periodo pandemico, ma così facendo l'erogazione della loro pensione è sospesa fino a che lavorano.
È una cosa assurda. Perché mai un pensionato dovrebbe rinunciare ai soldi della pensione, comodi comodi, per lavorare 40 ore a settimana e guadagnare di meno?
Spero tanto che questa stortura venga corretta. Mio padre ha diritto di ricevere la pensione (perché i contributi li ha versati fino all'ultimo centesimo), ed ha diritto altresì di dare una mano nella campagna vaccinale e ricevere un compenso per l'attività svolta.
Qui anche un articolo della Stampa a riguardo:
https://www.ilsecoloxix.it/genova/20...ori-1.40189187
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