Avevo lasciato i territori di Koros poco tempo fa. I miei piedi avevano percorso strade e contrade a me sconosciute e nuove. Solitario avevo vagato in territori mai visti, alla ricerca di nuove esperienze ed emozioni. Camminavo con foga, sulle mie spalle gravava la mia sacca, ed il mio mantello aperto svolazzava allegro ad ogni mio passo. Eccola. Finalmente la vidi, Alaster, la grande capitale dell'Impero, minacccia per la mia patria natale, si ergeva maestosa ed imponente d'innanzi ai miei occhi. Udivo i miei passi avanzare lentamente sulla strada, quando finalmente giunsi alla porta della città, maestosa e austera, incuteva timore solo nel guardarla. Decisi di varcarla quando un'ombra destò la mia attenzione. Girai il capo, e vidi da cosa era causata: un uomo, di stazza immane, incappucciato, come se volessse nascondere la sua identità pe paura di qualcosa o qualcheduno stava affilando quel che mi parve un rozzo coltellaccio. Attorno a lui ronzava una piccola folla di quelli che sembravano uomini d'arme, disposti a tutto. Mi avvicinai cauto, e scorsi un foglietto di lacera pergamena infisso ad un tronco, su cui il gigante incappucciato era seduto. Sentii qualche sguardo posarsi su di me, ma noncurante di ciò mi avvicinai interessato quel tanto che mi permetteva di leggere e sfiorare con l'indice il malmesso foglietto:
Cercasi guerrieri e maghi, di ogni razza e di ogni stirpe, desiderosi di ricchezze e possedimenti. Si tratta della conquista di un castello di un nobile di Varighan, se aiuterete questa giusta causa in cambio avrete tutte le ricchezze che desiderate
Lessi attentamente e con apprensione il logoro pezzo di pergamena. Mi soffermai sulle parole "giusta causa". Le ripetei lentamente a mente.
Era mio volere, nonchè dovere, prender parte ad una giusta causa. Tutto quel che mi era stato insegnato, tutto quel che avevo appreso, era finalizzato al combattere per giuste cause. Non volevo tirarmi indietro! Non potevo. Se da qualche parte c'era da mettersi all'opera per un giusta causa, io sarei dovuto esservi. Con gioia stavo per chiedere maggiori informazioni all'incappucciato quando questi si alzò.
Quando lo vidi in piedi ebbi un moto di terrore!
Ero molto alto fra la mia gente, ma non appena l'uomo si rizzò all'in piedi, non mi trovai di fronte ad un uomo, ma ad un colosso!
Gli sento pronunciare qualche parola, noncurante di me che lo ammiro a bocca splancata. Mi voltò le spalle, e pronunciò qualche frase agli astanti, non capii bene cosa, dopodichè con un cenno ci fece capire di seguirlo.
Scrollai un attimo le spalle e mi decisi di seguirlo, con ampi e veloci passi (riuscivo a malapena a stargli dietro!), e scrutai un po' gli uomini che erano attorno a me.
Vidi uomini abituati a combattere, le armi al loro fianco che pendevano, le corazze indosso, e fra ne riconobbi solo uno.
I miei occhi scattarono rapidi verso l'elfo dai bei lineamenti, che avevo già incontrato. Rapido mi ci avvicinai, e gli sussurrai ad un orecchio:
"Salve Nauthiz, cosa ci fai qui?" il paladino si girò e mi riconobbe, ma con un gesto lo zittii, e gli bisbigliai veloce "Dopo parleremo."
Detto ciò gli strizzai l'occhio.
L'uomo ci condusse in una piccola radura cosparsa di grandi pietre, e si sedette su d'una di queste.
Ne approffittai per sedermi e riposarmi un po' sulla fresca erba, e finalmente lo guardai bene in viso: una faccia scavata dalle intemperie, dal tempo e dalle battaglie, occhi infossati, che scoccavano sguardi cupi ma autoritari, un lunga cicatrice che correva poco lontano dall'occhio sinistro, ricodo forse di una cruenta battaglia, capelli scuri ed incolti, folti.
Mi sedetti di fianco a Nauthiz, l'unico che conoscevo di quella compagnia, ed ascoltai la voce profonda e bassa dell'uomo, che lentamente stava spiegando ciò cui saremmo andati incontro.
Ascoltai avidamente. Non appena terminò di parlare, riflettei su ciò che aveva detto. Una mini-guerra? Non mi intimorivano nè gli sconmtri, nè le privazioni cui andavano incontro, purché la Luce guidasse la nostra missione. Esposi i miei dubbi al titano che si era appoggiato ad un tronco. Con voce cortese dissi, alzandomi:
"Salve, il mio nome è Dylan Wetton," dico fissando l'omone e i presenti " e sono un paladino di Emyn Anardil, paese non lontano da Koros. Sarei onorato di mettere al vostro servizio il mio braccio ed il mio cuore. Tuttavia quel che mi è stato proposto, se ho ben capito, è un lavoro di spada, in cui l'onore ha ben poco spazio. Ricchezze e terre non sono per me fonte di grande brama. A me interessa mettere al servizio dei deboli e degli oppressi la mia vita. Sul foglio era menzionata una giusta causa: voglio solo sapere: questo nostro incarico rientra in una giusta causa o si tratta solo di una semplice scorreria per arraffar oro e terre?"
Termino la mia frase guardando con apprensione il gigante incappucciato, in attesa di una sua risposta.