Si fa sempre più incerta la posizione di Luis Aragones alla guida della nazionale spagnola: dopo la condanna pressoché unanime della stampa e dell’opinione pubblica internazionale, cui non ha fatto eco quella locale, anche la federazione spagnola, pur tardivamente, ha deciso di muoversi in direzione contraria al ct, avendo avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Naturalmente la motivazione va ricercata nei commenti razzisti rivolti indirettamente dal tecnico al giocatore dell’Arsenal Thierry Henry, nell’atto di “motivare” un proprio giocatore.
La federazione in un primo momento aveva deciso di tutelare il ruolo e l’immagine del navigato commissario tecnico, ma dopo l’intervento perentorio del presidente della commissione anti-violenza spagnola Angel Maria Villar si è deciso di cambiare totalmente rotta. Allo stato attuale delle cose, Aragones è ufficialmente sotto inchiesta per incitazione al razzismo e, se riconosciuto colpevole, potrebbe essere multato per una somma pari a circa 30.000 euro, rischiando anche la revoca della licenza. Inoltre, secondo alcune indiscrezioni, Aragones potrebbe comunque presentare le dimissioni nel caso in cui venisse multato per le sue affermazioni.
Il fattaccio che ha fatto discutere una nazione intera per settimane, scomodando vescovi e politici, e che sicuramente è costato l'immagine a un uomo che a 65 anni può considerarsi un simbolo del calcio spagnolo, ha preso forma durante un apparentemente innocuo siparietto tra un attaccante in cerca di una “scossa” e il suo saggio allenatore.
Il giocatore “motivato” è il giovane bomber Reyes, tra l'altro di origine gitana. La frase, irripetibile, si riferisce al colore della pelle del suo più noto compagno di squadra all'Arsenal, Thierry Henry. La cornice, un allenamento della selezione iberica prima della gara di qualificazione ai Mondiali 2006 contro il Belgio. I testimoni, dei giornalisti che sono “dove non dovrebbero essere”, per dirla con il ct, ossia a bordo campo, pronti a captare la fase incriminata. Il contesto è quella di una nazione che non è nuova a manifestazioni razziste consumate negli stadi: gli ultimi a farne le spese sono stati i calciatori inglesi di colore insultati nel corso di una trasferta al Bernabeu tra le due nazionali maggiori. Senza contare Eto'o, pezzo da novanta del Barcellona di Rjikaard, preso di mira dalla tifoseria del Getafe per il colore della sua pelle, oltre che per la precisione sotto porta.
Risulta dunque comprensibile lo stato di allerta che si crea nel momento in cui filtra la notizia che anche un totem del calcio spagnolo come Aragones, una figura da sempre ritenuta paterna e positiva anche se talvolta un po' ruvida, faccia uso di una simile terminologia. Un modo di motivare forse non razzista alla radice il suo, ma sicuramente eccessivo e inopportuno e che, una volta diventato notizia, rischia di tramutarsi in un “ipse dixit” pericoloso per un popolo già border line...