Ciò che scrivi ha senso, e molto anche.
Però non capisco il fattore "paura/ansia da interpretazione e interazione". E' naturale che alcuni videogiochi tocchino corde emotive in modo evidente ma credo che il videogioco, in quanto esperienza virtuale e mentale circoscritta, vada vissuta come tale, senza ripercussioni sul nostro VERO vivere. Trascurare l'impatto sentimentale dei videogiochi è sbagliato e inopportuno, oltre che biecamente superficiale, ma lasciarsi risucchiare così nel profondo...beh, è un po' estremo. Il tutto va sempre preso con le pinze, con un po' di...freddezza. Cosiccome coi film, coi romanzi, col teatro, con la musica, con l'arte e con qualsiasi altra forma di rappresentazione audio/visiva/sensoriale, l'esperienza va vissuta sul piano della semplice fruizione e della contemplazione istantanea, senza portarsi dietro strascichi nella propria esistenza fatta di emozioni ben più potenti e di esperienze ben più plasmanti.
Per fare un paragone "medievale", è come indossare un usbergo (la cotta di maglia, per intenderci) che sia della nostra misura, nè troppo stretto e quindi soffocante e opprimente, nè troppo largo al punto che renda noi impacciati nei movimenti e si trasformi in un indumento inadatto. Le maglie devono essere strette al punto giusto e le trame di anelli non devono soffocarci. Il videogioco è uguale: se lo "indossiamo" in maniera troppo sentita, finiamo col condizionarci la vita reale in maniera malsana "soffocandoci", mentre se lo "indossiamo largo", allora cala il nostro desiderio di viverlo nella maniera giusta, calibrata, in quanto non ci sentiamo a nostro agio.
Ci può stare benissimo un'influenza superficiale sulla nostra vita reale, come ad esempio il taglio di capelli di un protagonista a cui vorremmo assomigliare fisicamente, una frase recitata da un personaggio che ci ha colpiti, delle musiche che fischiettiamo per tutto il giorno (a completa insaputa delle persone che ti circondano, le quali ignorano la provenienza di tale motivetto
), oppure ancora lo stile nella camminata o nelle movenze. Io stesso confesso che talvolta mi sento profondamente influenzato da alcuni dettagli di Prince of Persia: il mio taglio di capelli somiglia molto a quello del Principe e per questo motivo me li sto facendo crescere (tra un po' sarò come nel mio avatar
), le musiche in game mi balzano alla mente ogni giorno e spesso tornano alla memoria delle frasi o degli episodi che appaiono nella trilogia. Questa influenza...ci può stare. Ma non credo che, io personalmente, venga condizionato dalle avventure del Principe a tal modo da sentirmi in qualche modo oppresso dalle sue travagliate vicende o dall'aura dei suoi nemici mortali. Per esempio: non è che verso in uno stato di ansia traumatica perchè il Dahaka mi sta dando la caccia per mezzo mondo, mi spiego? Forse non è nemmeno probabile una cosa del genere, nemmeno nell'individuo più psicolabile, visto che il livello di trama e di narrazione di Prince of Persia è molto leggero, calibrato e non invasivo. Ma dico questo per far capire FINO A DOVE l'influenza di un videogioco dovrebbe toccarci "seriamente".
I finali commoventi o gioiosi, i momenti di gloria vissuti col proprio alter ego cosiccome i momenti di dipartita, vanno vissuti in maniera serena, lasciandoci sì trasportare dai sentimenti più sinceri e istantanei, ma senza farsene una ragione tale da protrarsi tutto ciò anche nella vita vera. Questo no, attenzione, si rischia di trasformare l'esperienza di gioco in una situazione deformante.
Tirando un po' le conclusioni, credo che i videogiochi continueranno a svilupparsi nel senso audio/visivo e di conseguenza anche in quello emotivo, narrandoci terrore, o divertimento, o tensione ma senza mai arrivare così in profondità, sarebbe dannoso e inopportuno oltre che pesantemente privativo del fattore GIOCO che, ricordiamoci, è sempre il fattore determinante, ancor più che le emozioni che si originano.