di Luca Fazio - MILANO
MILANO
«Lo hanno ucciso i poliziotti»
Giuseppe Turrisi, un
barbone, sette mesi fa è stato picchiato a morte in stazione I due sono agli arresti. La Polfer: «Confermiamo la nota delle agenzie»
Un mestiere molto faticoso quello degli uomini della Polfer di Milano, ma non privo di soddisfazioni, con prede facili e disperate sempre a disposizione nei dintorni per non perdere l'allenamento: ubriaconi, attaccabrighe che parlano alla luna, tossicodipendenti allo sbando, matti che rifiutano ogni tipo di assistenza, stranieri braccati perché «clandestini» senza un posto dove dormire (e sui vagoni c'è un po' di caldo) e moltissimi lof, come dice in gergo la polizia ferroviaria per indicare i «ladri operanti in ferrovia». Niente di particolarmente drammatico, ma l'emergenza criminalità si nutre anche di statistiche che non distinguono un ladro di prosciutto - arrestato con grande clamore proprio alla Stazione Centrale - da un pericoloso criminale (comunque, nel primo semestre del 2008 i furti nelle stazioni italiane sono calati del 34%, e del 29% sui treni). Il luogo, la stazione della paura, di per sé aiuta alla militarizzazione del territorio, e delle coscienze. E infatti il vice sindaco Riccardo De Corato, uno che se ne intende, un anno fa disse, anzi promise, «non possiamo più permetterci che la stazione permanga una zona franca». Detto, fatto. A questo servono, nell'area esterna, il presidio di 10 poliziotti e di 8 poliziotti locali (prima di giocare a rambo si chiamavano vigili), la presenza di un security point, 11 colonnine s.o.s. e ben 78 telecamere monitorate 24 ore su 24.
Strano, allora: perché ci sono voluti 7 lunghi mesi per visionare quella che lo scorso 6 settembre ha ripreso gli ultimi istanti di vita di Giuseppe Turrisi, un uomo di 58 anni che poco prima di essere prelevato a forza da alcuni poliziotti stava solamente battibeccando davanti al piazzale della Stazione Centrale con alcuni compagni di brutte bevute. Lo hanno ammazzato loro, i poliziotti, questa la tesi accusatoria del pm Isidoro Palma: omicidio volontario.
Per la morte del
barbone, la settimana scorsa, sono stati arrestati due agenti della Polizia ferroviaria. I loro nomi non sono stati resi noti, adesso si trovano in cella nel carcere di Opera. Per mesi, i due hanno negato di aver massacrato il
barbone ma contro la loro versione - oltre al filmato della telecamera su piazza IV Novembre - adesso c'è anche il referto dell'esame autoptico: Giuseppe Turrisi sarebbe stato picchiato a morte e avrebbe raggiunto l'ospedale con una costola fratturata che ha provocato un'emorragia interna alla milza.
Quel giorno è andata così. Giuseppe Turrisi, un habitué della stazione, che sempre trascorreva le notti nel dormitorio pubblico di viale Ortles, dunque un uomo non particolarmente pericoloso, avrebbe infastidito alcuni passanti che in seguito si sarebbero rivolti alla polizia ferroviaria. Si vede dalle immagini che l'uomo entra in stazione, barcollando come un ubriaco, insieme ai due poliziotti. A questo punto, a telecamere spente, Giuseppe Turrisi - questa è la versione dei due presunti assassini - avrebbe estratto un temperino con fare minaccioso, e per questo motivo sarebbe stato «calmato», ammanettato e poi trasferito su un'ambulanza, in quanto continuava a lamentarsi per un forte dolore al petto. E' per questo, per questa menzogna, che sette mesi fa a Milano si disse che era «morto un clochard, probabilmente a causa di un malore improvviso». Invece non è andata così, e a documentare il pestaggio mortale, in mancanza dei filmati su ciò che è accaduto all'interno del posto di polizia, adesso c'è anche l'autopsia che parla di morte causata dai colpi subìti: oltre alla milza spappolata, anche diversi lividi.
In casi drammatici come questi, raramente la versione delle «forze dell'ordine» ha poco da aggiungere rispetto alla ricostruzione dei fatti che dopo mesi di indagine è stata data «in pasto» alla stampa. Invece, alla Polfer di Milano, pare che proprio nessuno abbia intenzione di fare le barricate per difendere l'onorabilità degli agenti arrestati, o il buon nome degli agenti di polizia.
«Le indagini - spiega un ufficiale della Polfer - del resto le abbiamo effettuate noi...». Sette mesi per trovare i presunti colpevoli non sono pochi. «La nostra indagine interna è partita immediatamente dopo i fatti ma si è trattato di un'indagine lunga e complessa, non è stato facile...». C'è poi una versione più ufficiale, che nel rispetto della magistratura, affinché svolga il suo lavoro..., recità più o meno così: «Noi oggi confermiamo le notizie che sono state diffuse dalle agenzie di stampa...e altre indagini sono ancora in corso. Per ora non possiamo aggiungere altro».
Ieri, a Milano, nessuno ha osato parlare di «allarme sicurezza», anche se della Stazione Centrale, mai come questa volta, sarebbe il caso di dire che si tratta davvero di un luogo molto, molto, pericoloso.