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Woody ha preso nuovamente l'aereo ed è tornato in Gran Bretagna dopo che era tornato a respirare aria di Manhattan con Basta che funzioni. Nonostante l'aspetto sempre più fragile, Allen ha ormai le spalle più che larghe per sopportare l'ennesima, ripetitiva reprimenda critica: “Racconta sempre le stesse cose”. È vero: Woody non si inventa novità senili per stupire il pubblico. Anzi qui, fingendo di appellarsi allo Shakespeare del “Macbeth” in realtà si riallaccia al finale di uno dei suoi film più ispirati, Ombre e nebbia, che si chiudeva con la frase: “L'uomo ha bisogno di illusioni come dell'aria che respira”. Sono trascorsi quasi vent'anni da allora e, in materia, Allen sembra essersi ormai arreso all'evidenza: è proprio (e sempre di più) così.
Come in Tutti dicono I Love You (ma con l'esclusione dell'adolescenza) le diverse età si confrontano con un bisogno di qualcosa che esemplificano con la parola ‘amore' ma di cui, se richiesti, non saprebbero dire il significato. Non potendo sfuggire a questa esigenza ognuno cerca di trovare delle soluzioni che finiscono con il rivelarsi aleatorie e provvisorie anche se ognuno, in cuor suo, vorrebbe che fossero 'per sempre'. Ma il 'per sempre' non esiste nell'universo alleniano. Ognuno cerca di porre rimedio alla propria solitudine come può e come sa e non ha neppure bisogno di essere perdonato per questo.
L'umanità non può comportarsi altrimenti. Ciò che invece va duramente punito è il furto intellettuale, l'appropriarsi di idee altrui spacciandole per proprie, perseguire il successo a spese degli altri. In questo caso Woody diventa un giudice implacabile. Sarà anche vero che ritorna su propri temi. Ma sono 'suoi' per stile, qualità, leggerezza e profondità.