Volevo, senza alcuna polemica, rivolgere qualche domanda ai religiosi (mi riferisco ai religiosi in generale, quindi cattolici, musulmani, ebrei ecc.) a proposito di ciò che li spinge a credere.
Partiamo dal fatto che ogni religione venere una divinità, un dio. Bene.
Il concetto di dio è stato inventato (e non ci sono dubbi su questo, sono fatti storici, non illazioni) dall'uomo, nel paleolitico, per trovare una spiegazione al perché avvenissero alcuni fenomeni naturali che sembravano inspiegabili, per esempio i fulmini.
Possiamo (dobbiamo?) quindi considerare ogni presunto "dio" indicato nei libri sacri (bibbia, corano), ogni "dio" successivo, come una "evoluzione" del primitivo concetto di divinità.
Arriviamo per esempio alla società Greca / Romana, società politeiste in cui ogni divinità regola un preciso aspetto della vita: ci sono il dio della morte, della paura, degli incubi, dell'amore, della bellezza ecc.
La domanda è questa: come si fa, in un'epoca in cui la scienza (presentando le prove, i fatti) è in grado di spiegare la maggior parte dei fenomeni naturali, ad essere ancora appigliati ad un concetto tanto "primitivo"? C'è forse la volontà (inconscia?) di credere in qualcosa, pur sapendo che quel qualcosa è fittizio? Dove "quel qualcosa" sta ovviamente per "la divinità". Ma se la divinità, proprio come concetto, è stata creata dall'uomo, come si fa a credere in qualcosa che noi stessi ("noi" inteso come "la razza umana") abbiamo creato e inventato per giustificare la "nostra" ignoranza?