Interpretazione: emotiva o intellettuale?
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Discussione: Interpretazione: emotiva o intellettuale?

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  1. #1
    Skree
    Ospite

    Interpretazione: emotiva o intellettuale?

    Dopo un po' che effettivamente ho latitato la sezione, mi è tornata voglia di quesiti filosofici. Dubbi morali. Insomma, seghe mentali.

    La domanda che vorrei fare, per pura curiosità, è la natura dell'interpretazione che ognuno degli utenti di questa sezione mette in un gioco di ruolo. Non parlo tanto del "metagioco" fatto da alcuni in Skyrim o Oblivion, parlo di interpretazione psicologica e mentale di un personaggio.

    Mi spiego meglio. Immaginiamo di dover creare un personaggio: alcuni giocatori creano unicamente una trasposizione elettronica della propria psiche. Altri si mettono giù a tavolino e pensano "stavolta farò un paladino, un difensore del bene" "stavolta farò un figlio di puttana egoista". E poi ci sono quelli che partono dalla trombata che i genitori hanno fatto per metterlo al mondo, pensano all'infanzia, strutturano amicizie, fastidi, ostilità, e alla fine formano una psicologia, più che probabilmente evolutiva, che cambia col tempo a seconda di quanto succede in gioco. In pratica, non creano un personaggio, ma un essere vivente e senziente a tutti gli effetti.

    Le sfumature cambiano anche nel momento in cui si devono applicare le scelte del personaggio creato. C'è chi tiene le distanze, e riflette freddamente in modo "il mio personaggio è una persona onorevole, quindi sceglierebbe questo". Chi pensa in prima persona, e magari fa "tu hai idee contrarie a ciò che penso, devi morire". E, di nuovo, ci sono quelli che vanno direttamente sulla strada dell'immedesimazione emotiva e mentale, e pensano, e provano, esattamente come il loro personaggio, arrivando a sentire angoscia per i patemi sentimentali del personaggio usato, provare odio e rabbia, o anche piangere, a seconda delle situazioni che si provano. Che arrivi ad attaccare un png non previsto dal gioco non tanto per "rompere" il gioco, quanto perchè ti girano i coglioni e vuoi far fuori quel maledetto bastardo per ciò che ha detto o fatto.

    Voi come la pensate? c'è un modo "giusto" di giocare? o la troppa immedesimazione è da evitare?

    C'è anche da considerare che le due sfumature più estreme sono anche due differenti scuole di recitazione. C'è chi dice "diventa il tuo personaggio" e chi, all'opposto, sostiene "il tuo personaggio è una tua costruzione artificiale".

    Bon, a vobis :P

  2. #2
    Tipo Bregovic L'avatar di ColeBlack
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    01-06
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    Un bel thread.
    Ti dirò, generalmente sono emotivo, soprattutto alla prima run. Interpreto, in poche parole, il "me stesso calato in quel mondo". Molto emotivo, insomma: per fare un esempio, in New Vegas subito ho deciso che non avrei avuto niente a che fare con i Caesar perché disgustato da alcune loro pratiche; allo stesso tempo, anche la NCR dopo un po' ha cominciato a "puzzarmi" e quindi ho scelto un approccio neutro.
    Di solito vado così: scelgo, gioco, in base alle mie emozioni nel gioco. In seguito, in una seconda run, mi "estraneo" e faccio vero e proprio "role-play": nel senso letterale del termine, interpreto un ruolo non mio, come un attore. E se il gioco è molto coinvolgente e il ruolo recitato molto distante dai miei valori/credenze, a volte finita la sessione mi capita anche di provare un po' di.. boh, nausea, come se qualcosa non fosse "a posto".

  3. #3
    Perché? L'avatar di OwNathan
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    03-11
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    Per interpretare veramente un personaggio ritengo che ci debba necessariamente essere un approccio emotivo, poiché l'approccio intellettuale guarda alle cose in modo più schematico, quasi matematico, è quindi più limitato nelle sue possibilità interpretative. Un'interpretazione emotiva però, comunque, risulta efficace solamente nel caso in cui ci sia qualcosa in comune tra il personaggio e l'interprete, altrimenti l'emozione non può funzionare. Per questo motivo quando faccio un personaggio che Nathan può comprendere adotto un approccio più emotivo, immediato, mentre quando voglio interpretare un concetto che mi è più lontano devo necessariamente pensare a cosa farebbe il personaggio.
    Sono comunque uno di quelli che a fatica rinuncia alla sua etica nella vita vera, anche a costo di rimetterci, per questo motivo la stessa cosa si applica anche ai videogiochi. Per questo detesto il dualismo tipico di tanti gdr, non ci sono vere scelte, solo concetti da seguire: il paladino del bene è stupido e ingenuo, mentre lo psicopatico è gratuitamente malvagio. Poi per fortuna esistono giochi privi di questo dualismo, dove la scelta è contestuale e, per quanto possa anche essere etica, non si riferisce a parametri morali assoluti di bene, male e neutralità.
    "When we die, Dak'kon, it shall be the same death. It shall be the Pronouncement of Two Deaths As One."

  4. #4
    Sephiroth1984
    Ospite
    NSF risorge!
    Così vi voglio ragazzi!

    (più tardi collaboro anche io a botte di WoT spaccarotella! )

  5. #5
    Sigur Rós dipendente L'avatar di dif
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    04-05
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    Alla prima run, sopratutto in giochi che impongono scelte etiche diverse a seconda di come si affrontano le quest (ad esempio ora sto giocando a Torment per la prima volta), tendo a giocare come "farei io" se vivessi una simil avventura.
    Raramente quindi il mio primo personaggio è cattivo, un assassino alla prima run. Magari è vendicativo se serve, se gli si fa un torto, ma non ho mai finito il gioco con "l'evil ending", per intenderci.

    Per la seconda run invece gioco l'opposto della prima. Per la rigiocabilità, per vedere le differenze e per il fascino del cattivo, ovviamente.
    Esempio KOTOR, che finii la prima volta da Jedi buono al secondo e terzo giro scelsi la via completamente opposta (non dico altro per non fare spoiler, chi ha giocato sa).


    Per quanto riguarda i giochi come Skyrim invece, essendo le conseguenze delle proprie azioni pressochè ininfluenti, cazzeggio di più. Uccidere un personaggio scomodo diventa più un divertimento che una scelta. E' proprio un modo diverso di ruolare e di giocare, ma dopotutto è il gioco che non permette altrimenti.

  6. #6
    Skree
    Ospite
    Quella delle conseguenze è una cosa che terrei fuori... l'interpretazione in se inizia e finisce con l'azione, non ha bisogno di reazione. L'albero che cade in una foresta deserta non importa se faccia o meno rumore: cade, e quella è la sua azione, che ci sia altro o meno.

    Venendo all'interpretazione... io per buona parte della mia vita ho creato personaggi che rappresentavano una parte di me. La mia curiosità, la mia ambizione, con il resto dei tratti creati man mano che l'avventura andava avanti e si sviluppava. Era un modo per "barare" sulla mia psiche, immedesimarmi emotivamente, e provare comunque emozioni, anche qualora il mio personaggio facesse azioni "Malvage" come uccidere innocenti o vendicarsi di un torto lieve facendo qualcosa degno del Dottor Destino. NOn per altro, ma io ho lo stesso identico istinto, moderato poi da altre parti di me.

    Parlando specificatamente di Skyrim o giochi simili, l'interpretazione ha la strada libera come e più di altri giochi. E ho scoperto cose, nei giochi, che ho visto criticare da altri perchè "non avevano provato". Mi viene in mente una quest di Skyrim in cui addirittura un altro recensore disse "c'è una quest con dei cannibali in cui devi per forza dare da mangiare un sacerdote, l'unico modo che hai per evitarlo è non fare la quest e lasciare l'avviso perennemente in diario". Io, che in Skyrim interpretavo un Kajiit giustiziere e dall'artigliata facile, peraltro interpretato psicologicamente come se non avesse il minimo scrupolo a trattare la gente che aveva davanti come prede, disgustato da quell'evento (no, non era un controsenso) ha massacrato i cannibali e, sorpresa, il gioco ha proseguito la trama della quest anche se non c'era nessun indicatore esplicito che si poteva prendere quella decisione. Skyrim è pieno di libertà non telegrafate, e ritengo che solo chi giochi "vivendo" il personaggio le possa vedere. Approcciarsi a Skyrim cazzeggiando è come approcciare Torment come fosse Diablo. SI tratta di partenze sbagliate in ogni caso, sono giochi che vanno affrontati in un certo modo, sebbene la moda e la disinformazione hanno impedito a molti, purtroppo, di godere della cosa.

    Tornando al topic in se, non ho mai avuto problemi a provare emozioni nei gdr. Ricordo che in Baldur's Gate 2 mi arrapavo per Viconia o mi veniva da piangere per Aerie , o ero geloso quando il tiefling bardo ci provava (tanto che lo uccisi e poi uccisi pure lei, che trombino nell'abisso!).

    Penso che se si riesce a superare la paura di "sembrare strani" a provare emozioni che in fondo sono simulate, la possibilità di provare piacere interpretando un ruolo venga come minimo centuplicata. Non solo si "vede" un mezzelfo magoguerriero fare a pezzi chi ha davanti usando poteri sovrumani, ci si SENTE come lui, venendo sfiorati da una brezza di onnipotenza megalomane.

    Il problema semmai è quando (se si è sani di mente) realizzi di non essere un mezzelfo multiclasse onnipotente, e ti viene la depressione... almeno fino a quando non prendi un fucile in mano e, nei limiti concessi dalla realtà, diventi consapevole di poter ammazzar gente anche nel mondo reale se ti gira. Coff. Sano di mente.

  7. #7
    Perché? L'avatar di OwNathan
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    03-11
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    Citazione Skree Visualizza Messaggio
    Quella delle conseguenze è una cosa che terrei fuori... l'interpretazione in se inizia e finisce con l'azione, non ha bisogno di reazione. L'albero che cade in una foresta deserta non importa se faccia o meno rumore: cade, e quella è la sua azione, che ci sia altro o meno.
    Il punto è che noi agiamo anche in base alle conseguenze delle nostre azioni, l'interpretazione è anche il simulare le decisioni e, privati delle conseguenze, i giocatori non danno più peso alle loro scelte.
    Tutti i giochi, alla fine, sono basati sulla scelta, quindi in un certo senso in tutti c'è l'interpretazione. Però l'interpretazione fatta bene esiste solo assieme a quello che, qua dentro, chiamiamo comparto ruolistico.
    "When we die, Dak'kon, it shall be the same death. It shall be the Pronouncement of Two Deaths As One."

  8. #8
    Skree
    Ospite
    Citazione OwNathan Visualizza Messaggio
    Il punto è che noi agiamo anche in base alle conseguenze delle nostre azioni, l'interpretazione è anche il simulare le decisioni e, privati delle conseguenze, i giocatori non danno più peso alle loro scelte.
    Tutti i giochi, alla fine, sono basati sulla scelta, quindi in un certo senso in tutti c'è l'interpretazione. Però l'interpretazione fatta bene esiste solo assieme a quello che, qua dentro, chiamiamo comparto ruolistico.
    Non concordo, temo. L'interpretazione non è qualcosa che si presta a schematizzazioni, e il cercare di creare definizioni di un insieme di caratteristiche, anche chiamandole "comparto ruolistico", serve relativamente a poco.

    Il tutto sta solo nel decidere (e comprendere) di cosa si sta parlando. Nel momento in cui si decide se uccidere o meno una persona si sta di fatto facendo una scelta, e, con essa, si sta comunque interpretando il proprio personaggio (forse, se effettivamente lo stai interpretando)... ma di fatto, nell'accezione di "interpretazione" più pura, non serve l'interazione, per interpretare. Essere seduti, non agire in alcun modo, e solo pensare i pensieri del proprio personaggio su eventi passati e su come pianificare le proprie azioni future è un interpretazione che non ha alcuna conseguenza alcuna se non l'essenza in se dell'interpretazione: in quel momento io *penso* e quindi *sono* ciò che sto interpretando.

    Poi per carità, se nelle fasi di gioco il gioco prende in considerazione le mie azioni e mi presenta reazioni sensate è un bene, ma non è interpretazione. E' azione e conseguenza, e non necessariamente l'azione è frutto di interpretazione (si pensi a chi prende un azione in un gdr senza interpretare, ma solo occupato a, boh, far salire numeri).

    In altre parole, come dicevo prima, credo sia opportuno dividere in modo netto ciò che è interpretazione, e ciò che è, semplicemente, altro. Che poi può pure essere legato all'interpretazione, ma non lo è. La congruenza (geometrico/algebrica) non implica la medesima identità.

  9. #9
    FemShepFan
    Ospite
    Come si fa a giocare senza immedesimarsi? ...ma proprio di brutto, al 100% (quando il gioco lo consente, ovviamente).
    Un buon gdr secondo me è quello che continua anche quando hai spento la piattaforma di gioco.
    Quello che ti tiene la testa occupata anche quando sei nella tua realtà ordinaria.
    Che ti fa pensare "forse a quel locandiere avrei dovuto dire diversamente"... "Forse il pugnale avrei dovuto tenerlo, del resto l'ho venduto per poco... non credo mi sia convenuto...". Io, quando sono nel pieno del trip, (ma ho quasi quarant'anni e sono sotto psicofarmaci... quindi non credo di far testo ) mangio roba che potrei trovare anche nel gioco, oppure mentre guido (l'auto... purtroppo il cavallo non ce l'ho) immagino sbucare tra i palazzi un gigantesco orco, o immagino come sarebbe nel cielo un grifone. Cioè studio i colori, le proporzioni. Sembra un po' una roba alla Godzilla detta così, ma vi giuro che fa un certo effetto se siete dotati di immaginazione fervida e piuttosto realistica.
    Ma lo facevo già da ragazzina. Immaginavo di essere nei dungeon, giocando nei parcheggi coperti... oppure di vivere in un universo dove un mega Grande Fratello ci controllava tutti dall'alto, per vedere se c'erano tracce di umanità in noi da estirpare... quindi, affrontavo il tragitto da casa al pizzicagnolo a metà tra uno stealth e Blade Runner
    Poi, se il personaggio è particolarmente carismatico, tendo a riproporre alcune caratteristiche. Se gioco con un pg taciturno, divento silenziosa anche io e minchiate del genere. Mi viene naturale.
    Poi vabbè, ne ho scritto qui fino alla nausea del problema di avere tra le mani (o tra i pollici, nel mio caso) delle romance con personaggi favolosi, belli... tormentati... passionali... romantici e integrare tutto ciò con lo squallore dell'uomo moderno reale.
    Losche proiezioni maschili profonde come carie dentali, con la personalità di un lavandino, la passionalità di un semaforo e l'intelletto di un mousepad
    Non è uno sfogo contro gli uomini, immagino che anche le mie coetanee non siano da meno. Ma essendo etero mi è normale rapportarmi con l'altro sesso nelle questioni affettive.
    E poi i paesaggi! So che per molti di voi la grafica non è un elemento fondamentale, ma il realismo contribuisce all'immedesimazione. Diversamente è necessaria una scrittura eccelsa per bypassare questo aspetto.
    E che dire della musica/effetti sonori? Ormai ascolto solo le OST dei miei giochi preferiti. Poi vabbè, ascolto anche musica medievale sia perchè mi piace, sia perchè le ambientazioni medieval/fantasy sono quelle per le quali mi scatta l'immedesimazione più totale.

    Dunque, per ridurre alle conclusioni questo pappone nato da evidenti disagi di integrazione/aderenza alla realtà circostante di vecchia data, direi interpretazione emotiva al 100% con totale trasposizione della propria psiche/carattere nel pg.

  10. #10
    Skree
    Ospite
    Facevo (no, è una menzogna, FACCIO) ESATTAMENTE le stesse cose. Una volta, mentre ero in villeggiatura, ero in una torre, su delle montagne, e le nuvole erano SOTTO di me, praticamente vedevo una pianura infinita bianca, e mi sono immaginato un drago che volando passava sopra le nuvole, spostandole gradualmente, per poi magari appollaiarsi sopra la torre in cui ero. *_*

    Senza contare che la parte di ripensare al pugnale o agli eventi pensati, insomma, di rimanere con la mente nell'ambientazione e nel personaggio è precisamente quanto stavo descrivendo nel mio precedente messaggio.

  11. #11
    Aaron Amoth
    Ospite
    Di solito i personaggi che creo sono tutti riflesso del mio carattere... esaltano a volte taluni aspetti a volte altri, quindi sono anch'io per l'emotivo puro. E' l'unico genere per cui, dopo aver spento la sera, ancora penso alle azioni fatte e torno su alcune decisioni facendo mente locale su come avrei potuto agire altrimenti.

    Non riesco ad interpretare personaggi troppo distanti dal mio carattere (ebbene sì, mai interpretato un ladro, un caotico o malvagio in tutte le loro forme), perchè semplicemente non riuscirei ad immedesimarmi e non ho sufficente capacità d'adattamento per provare a comportarmi in un modo in cui io non mi comporterei mai nella vita reale.

    Amo il genere anche perchè lo vedo come la possibilità di sviluppare uno dei tanti me, in defintiva. Emotivo puro

  12. #12
    Cuore di Pietra L'avatar di Baffo.
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    Alla prima run, anchio calo un prsonaggio quanto più simile a me
    MUOIA SANSONE CON TUTTI I FILISTEI
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    CHI RIMANE È COMPLICE

  13. #13
    Malato di ruolo L'avatar di gugand
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    L'emotivita' nel P&P e' molto piu' intensa per me. Nel videogioco meno. Questo per quello di cui parla OwNathan (per la precisione reputo sia il motivo): se il gioco non mi da feedback io non sento (emozione) il personaggio e mi immedesimo poco.
    Alla costruzione del personaggio mi creo un archetipo, modello da seguire, abbastanza grossolano e poi cerco di rimanerne coerente. Col gioco tendo ad affinarlo chiedendomi se il mio personaggio ha simpatie ed antipatie verso i PNG o quest da fare. La prima partita tendo a giocare come sono io o vorrei essere, poi passo, di solito a qualche cosa di piu' strampalato, comunque distante da me.
    Finora questa interpretazione sono riuscita a farla realmente solo nella serie fallout (F1, F2, F:NV), in Arcanum e in Torment. The Witcher mi dava un personaggio un po' troppo precotto e le scelte da fare non le sentivo pesanti nonostante le conseguenze le ho provate realmente. Credo che il problema della mancanza di immedesimazione con Geralt sia che Geralt non e' un personaggio che ho inventato io, con tutte le piccole differenze che avrebbe avuto un personaggio stile geralt se fosse stato inventato da me. Anche Jensen di HR mi e' stato indifferente piu' ancora di Geralt, con l'aggravante di una C&C ancora meno incisiva.
    Caso contrario e' Gothic. Il personaggio e' precotto ed abbastanza anonimo, ma per qualche motivo mi sono sentito molto piu' vicino a lui e quindi mi incazzavo realmente con i personaggi che facevano i bastardi e sentivo una vera soddisfazione ad abbatterli. L'effetto feedback era quasi insignificante a livello di trama e sottotrame, ma c'era quello che a me bastava (oltre ad un gameplay per me molto coinvolgente).
    Al di fuori dei giochi citati la mia tendenza e' quella del power player, cercando solo cio' che fa comodo al personaggio e penso possa ottenere il massimo dei punti esperienza o equipaggiamento, con pieno distacco dal personaggio.

  14. #14
    Sigur Rós dipendente L'avatar di dif
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    Citazione OwNathan Visualizza Messaggio
    Il punto è che noi agiamo anche in base alle conseguenze delle nostre azioni, l'interpretazione è anche il simulare le decisioni e, privati delle conseguenze, i giocatori non danno più peso alle loro scelte.
    Tutti i giochi, alla fine, sono basati sulla scelta, quindi in un certo senso in tutti c'è l'interpretazione. Però l'interpretazione fatta bene esiste solo assieme a quello che, qua dentro, chiamiamo comparto ruolistico.
    Esattamente.
    Se io so che comportandomi ho delle conseguenze "reali" sul mondo di gioco mi comporto in maniera più cauta, più controllata.
    Se so che rubando oggetto X a Gilda Y provoco le reazioni di Z io ci penso due volte. Magari si può risolvere la cosa in maniera più pacifica.
    Così come nella realtà non andrei mai a litigare con un certa persona se so che di conseguenza i fratelli arrivano a picchiarmi. (esempio a caso).

    Mentre se rubare oggetto X non porta a conseguenze lo prendo, who cares?
    E' innegabile che le conseguenze influenzino le scelte fatte e quindi l'interpretazione.


    Sei un ladro ma non troppo coraggioso?Certe scelte avventate non le fai.
    Se non ci sono rischi a che pro non fare certe cose?Morale a parte, parto dal presupposto che la quest l'abbiamo accettata.

  15. #15
    Utente L'avatar di Lord Golbez
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    Citazione Skree Visualizza Messaggio
    Quella delle conseguenze è una cosa che terrei fuori... l'interpretazione in se inizia e finisce con l'azione, non ha bisogno di reazione. L'albero che cade in una foresta deserta non importa se faccia o meno rumore: cade, e quella è la sua azione, che ci sia altro o meno.

    Venendo all'interpretazione... io per buona parte della mia vita ho creato personaggi che rappresentavano una parte di me. La mia curiosità, la mia ambizione, con il resto dei tratti creati man mano che l'avventura andava avanti e si sviluppava. Era un modo per "barare" sulla mia psiche, immedesimarmi emotivamente, e provare comunque emozioni, anche qualora il mio personaggio facesse azioni "Malvage" come uccidere innocenti o vendicarsi di un torto lieve facendo qualcosa degno del Dottor Destino. NOn per altro, ma io ho lo stesso identico istinto, moderato poi da altre parti di me.
    Anche perche' penso che sia abbastanza impossibile ruolare qualcosa che non si conosce coerentemente
    Citazione Skree Visualizza Messaggio

    Tornando al topic in se, non ho mai avuto problemi a provare emozioni nei gdr. Ricordo che in Baldur's Gate 2 mi arrapavo per Viconia o mi veniva da piangere per Aerie , o ero geloso quando il tiefling bardo ci provava (tanto che lo uccisi e poi uccisi pure lei, che trombino nell'abisso!).

    Penso che se si riesce a superare la paura di "sembrare strani" a provare emozioni che in fondo sono simulate, la possibilità di provare piacere interpretando un ruolo venga come minimo centuplicata. Non solo si "vede" un mezzelfo magoguerriero fare a pezzi chi ha davanti usando poteri sovrumani, ci si SENTE come lui, venendo sfiorati da una brezza di onnipotenza megalomane.
    Si ma non mi sembra nulla di speciale. C'e' chi si emoziona con un libro immaginandosi le cose, figurati con un supporto audio-visivo.

    Poi di solito faccio run buone per poter avere tutti i bonus possibili/trame e run malvagie se il gioco mi piace proprio e for fun...

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