The Elder Scrolls V: Skyrim - Legendary Edition
Partiamo da un presupposto: la trama principale fa cagare. Appurato questo si può parlare del gioco in sé.
Come tutti sappiamo, Skyrim è il quinto capitolo di una saga partita da Arena, e passata per Daggerfall, Morrowind (indiscutibilmente il capitolo migliore), e Oblivion (indiscutibilmente il capitolo peggiore). Le vicende del gioco prendono vita qualche centinaio di anni dopo i fatti narrati in Oblivion: l'ultimo imperatore della dinastia dei Septim si è sacrificato per porre fine alla crisi di Oblivion e fermare l'invasione demoniaca del mondo terreno, dando di fatto inizio alla quarta era. Questo significa che il grande impero di Tamriel è senza una guida forte, e questo si ripercuote su tutte le province, soprattutto su quella di Skyrim dove è in atto una vera e propria guerra civile tra i nativi Nord che cercano di ottenere l'indipendenza e le forze imperiali che ovviamente vogliono fermarli a tutti i costi. In tutto questo ci si mette anche la resurrezione dei draghi, i quali vogliono portare morte e distruzione nel mondo. Per fortuna il giocatore impersona un Dovahkiin, ossia un sangue di drago, l'unico essere vivente in grado di fermare questa terribile minaccia.
L'incipit in sé è quantomeno interessante, purtroppo minato da una narrazione fin troppo lineare e una struttura delle quest che riprende il classico stile "da postino" già visto nel capitolo precedente della saga. Un punto a favore rispetto a Oblivion, però, è che quantomeno le side quest offrono almeno un minimo di varietà: alcune provano e a tratti riescono a dare un po' di scelta al giocatore, scelte che spesso si traducono in un "fai A oppure fai B", ma tant'è, meglio di niente.
Altro punto a favore, e personalmente penso sia quello più importante e allo stesso tempo affascinante: l'ambientazione. La provincia di Skyrim offre tutto ciò che ci si aspetterebbe da uno scenario nordico: sconfinate brughiere alternate a foreste di conifere e monti innevati, con tanto di ruscelli e rigogliose praterie. Anche le rovine che fungono da luogo di sepoltura degli antichi Nord sono ben realizzate, così come quelle naniche: naturalmente non ci troviamo di fronte a dungeon particolarmente elaborati come quelli di Morrowind, ma è un discreto passo avanti rispetto a Oblivion. Parlando di passi in avanti, questa volta per l'intera serie, non si può non citare il sistema di combattimento: siamo ancora molto lontani dalla perfezione, ma la possibilità di utilizzare tutte e due le mani, sia per combattere in corpo a corpo che per usare le magie, è certamente apprezzabile.
Ora passiamo alle note dolenti: come era prevedibile già dal passaggio sulle quest, il ruolismo è pressoché assente, e questo si sente anche e soprattutto se si affronta l'argomento della progressione del personaggio. Passi l'eliminazione, già iniziata in Oblivion, di diverse branche di specializzazione, ma che ora sia indifferente quali abilità migliorare per avanzare di livello anche no. Nei capitoli precedenti bisognava scegliere delle abilità principali e secondarie, in modo tale che solo facendo salire quelle si poteva acquisire abbastanza esperienza da passare al livello successivo, ora no: le classi sono definitivamente scomparse, lasciando ad alcuni menhir sparse per il mondo di gioco l'onere di caratterizzare un minimo il pg, e l'avatar del giocatore può cambiare specializzazione in un battibaleno. Allo stesso modo sono scomparsi quasi del tutto anche i vantaggi derivanti dalla razza del personaggio, che ora è poco più di un orpello estetico. Ah, e ovviamente come non citare il fatto che potete anche essere l'arcimago della gilda di Winterhold, ma sarete trattati sempre come pezze da piedi dall'ultimo degli stronzi.
Parlando delle espansioni: Dawnguard l'ho trovata passabile ma nulla di più, incentrata sulle vicende di un ordine di cacciatori di vampiri. Quella che mi ha positivamente colpito invece è la seconda espansione, Dragonborn. Più che per la trama in sé, che comunque è molto interessante soprattutto per chi è amante dei racconti di Lovecraft (non dico il perché), per l'ambientazione: le vicende di Dragonborn non si svolgono a Skyrim ma a Solstheim, un'isoletta che gli amanti di Morrowind ricorderanno per essere stato il teatro dei fatti narrati in Bloodmoon, un'espansione del terzo TES. L'atmosfera che si respira è proprio quella di Morrowind, e molti degli abitanti citeranno spesso le gesta del Nerevarine e l'esplosione della Montagna Rossa.
Passando alle medaglie, darei a Skyrim la medaglia d'argento (@) e alle due espansioni Dawnguard e Dragonborn rispettivamente un nero (@) e un oro (@), più che altro per il fattore nostalgia e per i rimandi a Morrowind ben piazzati.
Ah, dimenticavo, Skyrim ha un pezzo della colonna sonora che è semplicemente fantastico, secondo solo a Nerevar Rising (il main theme di Morrowind).