Si discute molto, di questi tempi, di istruzione, e di come essa vada o non vada riformata.
Sentiamo notizie contraddittorie, riforme iniziate, riforme appena abbozzate, riforme bloccate, gente che ne parla fino allo sfinimento, ma è difficle fare chiarezza sull'argomento.
Da un lato, non sembrano chiari glis copi dell'istruzione odierna.
"A cosa serve l'istruzione" è una domanda che pare scontata, ma cui in realtà non è così semplice dare una risposta.
Deve fornire cultura? Ma quanto è spendibile la cultura oggigiorno? Che tipo di cultura deve fornire?
Deve fornire delle competenze? Delle competenze lavorative? Come si coniuga un "portfolio delle competenze" (come introdotto dall'ex-ministro Moratti ed ora abbandonato) che inizia da quando si hanno appena 5 anni? Ha senso farlo per competenze che sono in divenire e che si acquisiscono o si scordano nel giro delle vacanze estive?
Cosa succede nella scuola pubblica? Qual'è il prodotto finale della scuola pubblica, lo studente con in mano il diploma?
Quali sono le sue competenze, qual'è il livello che ha raggiunto rispetto ai ragazzi coetanei usciti dalle scuole europee?
Il livello, così pare dalle ultime rilevazioni, è assolutamente atroce.
Pare che le scuole elemntari siano di buon livello, le scuole medie inferiori diano problemi, e che alle scuole medie superiori avvenga il macello.
La riforma dell'esame di maturità può portare un qualche beneficio? Era la commissione interna e la quasi-certezza di passare (media dei bocciati: circa 3%) a rendere le scuole superiori così poco formative? O il problema sta più a monte?
Come che sia, perché ogni università ha dei test di accesso che non si basano minimamente sul risultato dell'esame di maturità? Un esame che è frutto dell'impegno (o del disimpegno, a seconda dei casi) durato 5 anni non dovrebbe valere di più che 50 domande a risposta multipla? No? E come mai però si è arrivati a questo?
E poi, ancora, come mai il boom delle iscrizioni nei licei? Sono gli ITI e le scuole professionali ad essere viste come "di serie B"?
Ed anche fosse, è un giudizio vero, o in realtà il fenomeno è dettato dal fatto che gli istituti tecnici fanno paura alle matricole?
Come può un paese andare avanti senza l'istruzione tecnica? E come mai non è incentivata?
E poi il grande guazzabuglio che è l'università.
Il 3+2, il percorso ad Y, i crediti formativi, tutti termini entrati a far parte del linguaggio comune di un universitario di oggi.
In tutto questo, il valore della laurea che diventa sempre più risibile, con gli atenei che si fanno guerra per avere più iscritti (e quindi finanziamenti) arrivando a "premiare l'esperienza" anziché lo studio.
Come funziona l'Università, perché è così inefficiente? Perché attira così poco?
Di 1000 studenti che iniziano le scuole, solo 18 se ne laureeranno, cosa succede nel mazzo di questo cammino?
Solo il 62% di chi ha un diploma si iscrive all'università, una maedia bassissima.
E quando si sceglie il corso di studi, quale si sceglie? Non corsi di studio scientifici, questo ormai è chiarissimo.
Per richiamare studenti nei CdL scientifici si fa di tutto, si sentono formule più adatte ad un supermercato che ad un luogo di istruzione (vedasi il studi3, paghi2), ma niente.
Giusto ieri Repubblica presentava un servizio ("Università: fuga dalla Scienza") in cui si diceva che gli studenti di discipline scientifiche nel Regno Unito (paese paragonabile all'Italia quanto a popolazione) sono più del doppio di quelli italiani.
Come mai questo? E' l'analogo universitario del crollo di iscrizioni degli istituti tecnici?
Vediamo tutti che di matricole a Psicologia e Scienze Politiche ce ne sono a sfare, a Matematica, per fare un esempio, non ci va nessuno.
Quindi, da un lato viene gettonata di più l'istruzione liceale nelle scuole a scapito di quella tecnica, e da un lato viene gettonata di più l'istruzione umanistica nelle università a scapito di quella scientifica.
Ma tutta questa gente che esce da facoltà umanistiche, prima o poi, troverà un lavoro legato a quello che ha studiato?
Ed anche in merito alle lauree scientifiche, se anche il numero di laureati aumentasse, troverebbo impiego, a quel punto? O i laureati oggi sono pochi perché di loro c'è effettivamente poca richiesta?
E la laurea che serve sempre a meno.
Titola un quotidiano di Firenze del 2 settembre:
e nel corpo dell'articolo continua a snocciolare dati che confermano questo trend (si riferisce alla Toscana, ma probabilmente è generalizzato).Lavora chi ha studiato poco
Laureati e diplomati sono meno richiesti di chi ha soltanto la licenza media
Quel che è da chiedersi è: in tutto questo, perché studiare, e come studiare, se proprio si vuole? Come mai la situazione è quella che è?
Di carne al fuoco ce n'è tanta, ma il problema è vasto e complesso e non si può vederne solo una parte.
L'istruzione non è frammentabile, sono i percorsi di studio che, semmai, possono esserlo.
PS: commenti del tenore di <<a me la skuola fa skifo, in kulo ai profezzozzi>> o <<a me l'esame di maturità pieceva più prima ora mi bocciano caxxo!!!!
!>> saranno prontamente sanzionati con una segnalazione per flood (come minimo).
PPS: il sondaggio è pubblico. Evitate quindi di postare nel thread solo per dire cosa avete votato, lo possiamo comodamente vedere da soli.