Ragazzi intanto grazie per le risposte.
Rileggendo l'OP mi rendo conto di non essere stato chiarissimo, provo a spiegarmi un po' meglio: il fine vita in questione riguarderebbe non la mia persona, ma i miei cari, ma non cercavo tanto conforto per me, quanto per loro, ponendomi però dal mio punto di vista e da quello che potrei fare per far stare "bene" o "meno peggio" loro.
I momenti di non lucidità e non consapevolezza paradossalmente sono quelli forse più facili da affrontare (o almeno questa è la percezione, poi chi sa cosa gira nella testa di un'altra persona al di là degli stimoli che questa restituisce?), ma quelli di lucidità o pseudolucidità?
Quelli di rifiutare un gesto o una proposta di attività - per quanto possano sembrare non all'altezza del trascorso - con una motivazione del tipo "no, ora no, quando starò meglio".
Faccio un esempio banale che è capitato: uscire di casa, per una passeggiata, svagarsi, non è possibile ora per complicazioni fisiche o psicologiche... Ma sarebbe possibile sulla sedia a rotelle. Di fronte a un rifiuto è giusto insistere? E se sì quanto e come?
Ad esempio mi piacerebbe quasi avere quel finto cinismo di facciata che ha ad esempio mia mamma nel dire diretta: oh, usciamo ora, che magari tra una settimana non ci sei più. Ma io non potrei mai dire una cosa del genere, anche se fatta con le migliori intenzioni, non la sento al momento proprio come un'opzione percorribile.

Scusate ancora la confusione.
