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ROMA - In Italia sono analfabete totali e senza alcun titolo di studio 5.981.579 persone, dunque quasi 12 italiani su cento, e l'Italia è il Paese che ha il più basso livello di addetti all'industria con titolo universitario.
Numeri e considerazioni sul sistema scuola-società nell'Italia dei nostri giorni è stato fatto da Saverio Avveduto, presidente dell'Università di Castel Sant'Angelo dell'Unla, che questa mattina ha presentato lo studio 'La croce del Sud. Arretratezza e squilibri educativi nell'Italia di oggì.
Basandosi sui dati Istat relativi al censimento del 2001, la ricerca mostra come i cittadini italiani, quanto a scolarità, formano una piramide appuntita: al vertice, 7,5% di laureati, pari a circa 4 milioni; subito sotto 25,85% degli italiani che hanno frequentato le scuole secondarie superiori; segue il 30,12% con il titolo di scuola media; mentre è pari al 36,52% la percentuale di italiani senza alcun titolo di studio o in possesso della sola licenza elementare: circa 20 milioni su 53 censiti.
In particolare, nello studio Avveduto somma ai possessori della sola licenza elementare o della sola scuola media - titoli che, ha spiegato durante la presentazione di stamane, sono del tutto insufficienti a vivere e produrre nel mondo di oggi - alla platea degli analfabeti totali, arrivando a calcolare in quasi 36 milioni (il 66% della popolazione) gli italiani che la ricerca definisce 'ana-alfabeti' e cioé del tutto analfabeti o appena alfabeti.
Disaggregando i dati nazionali regione per regione, emergono situazioni preoccupanti: sono infatti nove le regioni italiane oltre il limite che gli studiosi considerano di allarme per popolazione senza titolo di studio, pari all'8%. La regione più analfabeta è la Basilicata, con il 13,8%, seguita dalla Calabria (13,2%), dal Molise (12,2%), dalla Sicilia (11,3%), dalla Puglia (10,8%), dall'Abruzzo (9,8%), dalla Campania (9,3%), dalla Sardegna (9,1%) e dall'Umbria con l'8,4%.
Sorprendentemente, alcune di queste regioni hanno un alto tasso di laureati: la Calabria, per esempio, ha più laureati della Lombardia, del Piemonte, dell'Emilia Romagna e del Veneto. Altra sorpresa, la distribuzione di quelli che Avveduto chiama gli 'ana-alfabeti' per grandi Comuni (oltre i 250 mila abitanti): Catania con l'8,4% e la grande città più analfabeta d'Italia seguita da Palermo (7,4), Bari (6,7) e Napoli (6,2).
Lo studio presentato stamane mostra inoltre come negli ultimi 10 anni la situazione non sia mutata di molto: lo stesso è rimasto il numero dei laureati con un aumento appena dell'1,19% degli italiani raggiunti dalla scuola: l'offerta educativa, secondo i relatori dello studio, è stata dunque sostanzialmente ferma.
La ricerca mostra anche la collocazione dell'Italia tra i Paesi più istruiti secondo i dati Ocse 2004, che vede l'Italia al terz'ultimo posto tra i 30 concorrenti: ci seguono solo Portogallo e Messico. Su richiesta dell'Università di Castel Sant'Angelo, l'Ocse ha poi fornito i dati che accertano il possesso di un titolo d'istruzione superiore nella forza lavoro compresa tra i 25 e i 64 anni: su 11 Paesi considerati, il nostro Paese è all'ultimo posto per addetti alla produzione di merci e servizi in possesso di qualifica universitaria e oltre.
In ragione di tutte queste considerazioni, Avveduto ritiene indispensabile una inversione di rotta e propone un colpo di reni: un'imposta di scopo per il sistema scuola e ricerca, passando "dalla scuola dello Stato a quella della società". Un grido d'allarme è arrivato stamane anche dal professor Tullio De Mauro, docente di Linguistica generale all'Università La Sapienza di Roma. "Il 25% degli studenti con la licenza media - ha detto - non sa né leggere né scrivere, né fare di conto. Alcuni studi abbassano al 19,20% questa media, ma, si tratta comunque di problematiche che riguardano un quarto o un quinto degli allievi delle scuole dell'obbligo italiane.
Aggredire questa massa significa dare un contributo straordinario al lavoro ordinario della scuola". De Mauro ha infine fatto presente che "l'investimento nella scuola ordinaria deve essere al centro dei nostri pensieri ma rende dopo anni. L'educazione degli adulti, invece, ritorna immediatamente: da questo punto di vista - ha concluso - è grave la negligenza del governo".
Per il senatore Sergio Zavoli, "in un tempo in cui la rivoluzione non è più il cambiamento ma è la velocità di questo, ascoltando questi dati abbiamo appreso che siamo tra i Paesi più attardati rispetto a questo fenomeno. Credo - ha infine osservato - che sia il tempo di realizzare una forte sinergia tra scuola e tv: quest'ultima non deve solo informare, ma comunicare. Informare è far passare dati e materiali, comunicare è far passare valori. Scuola e tv devono ricostruire un rapporto".