Life is Strange Episodio 1: Chrysalis – Recensione

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Con una nonchalance fuori dal comune Dontnod Entertainment è passata da un esordio fortemente action con l’eccellente Remember Me a un’avventura grafica punta e clicca come il qui presente Life is Strange, da poche ore disponibile per l’acquisto su Steam e sugli Store di Microsoft e Sony. E anzi, in questa sede vi parlo solo del primo dei cinque episodi, perché la formula è quella della pubblicazione “a singhiozzo” tanto in voga negli ultimi tempi e che vede TellTale in prima fila coi vari The Walking Dead, Game of Thrones e The Wolf Among Us, giusto per fare tre esempi celebri. Da questo punto di vista fa un po’ strano vedere Life is Strange pubblicato sotto etichetta Square Enix, visto che più che un prodotto “tripla A” (ma su questa definizione ci sarebbe molto da discutere) ciò che abbiamo davanti sembra più il frutto di un’esperienza indipendente, che quindi avrebbe avuto più senso come autoprodotta dagli stessi ragazzi di Dontnod. A ogni modo, quali siano i pregressi contrattuali e commerciali di Life is Strange conta poco al nostro occhio di videogiocatori; ciò che interessa, invece, è che ciò che abbiamo oggi tra le mani è un primo episodio ben confezionato, che va a colpire il segno proprio dove gli sviluppatori volevano che la freccia si piantasse.

CIAO, SONO MAX E HO UN PICCOLO PROBLEMA

Se guardando Max – la protagonista di Life is Strange – vi dovesse venire in mente una Nilin in formato teenager, beh… sappiate che è lo stesso pensiero che ho fatto anch’io fin da subito. Certo, lo stile grafico di Life is Strange ha poco da spartire rispetto a quanto Dontnod ha mostrato in Remenber Me; tuttavia, i tratti somatici sono quelli, facilmente riconoscibili in una sorta di autocitazionismo tutto sommato apprezzabile e – perché no – perdonabile anche dai più intransigenti di voi. La direzione artistica di Life is Strange punta tutto al “drama” e all’intenzione quasi spasmodica di spingere l’acceleratore sull’aspetto da graphic novel a tema studentesco. Da un lato abbiamo una struttura di gioco che non differisce granché da quanto abbiamo visto altrove: ci si muove tra gli ambienti, si trovano i punti attivi dello scenario con cui interagire (che siano oggetti o persone, poco importa) e si prendono decisioni che modificheranno il corso degli eventi, sia nell’episodio pilota, sia nei quattro che verranno pubblicati a distanza di sei settimane. Dall’altro, invece, c’è una costruzione narrativa che attinge a diverse fonti e le mescola in modo sapiente. Da Twin Peaks, per dire, Dontnod ha colto la capacità di tratteggiare ciascun personaggio in modo ambiguo: nella cittadina di Arcadia Bay molti protagonisti vengono presentati in un modo, ma lasciano sotto pelle la sensazione di non raccontarla tutta fino in fondo. Vagabondare per le strutture della scuola (con la sensazione che stia per accadere qualcosa di sgradevole da un momento all’altro) mi ha anche riportato alla memoria Scream, per quanto Life is Strange – almeno in questo primo episodio – si affranchi totalmente dalla matrice tipicamente horror del film di Wes Craven, puntando più sulle atmosfere da thriller-drama, con escursioni sporadiche nel soprannaturale.

life is strange[quotedx]la narrazione attinge a diverse fonti e le mescola in modo sapiente[/quotedx]Soprannaturale che, a livello di gameplay, è incarnato dal dono di Max di riavvolgere il tempo a piacimento e cambiare le decisioni prese, magari sfruttando le conoscenze acquisite durante il “primo tentativo”, così da innescare il dialogo giusto o attivare un determinato oggetto dello scenario nel momento migliore. Questo tipo di approccio conduce inevitabilmente a qualche momento in cui il “trial & error” si fa eccessivamente spudorato, ma la semplicità generale degli enigmi riduce al minimo questo difetto, e anzi lo esalta a pregio in quelle quattro o cinque situazioni in cui ci viene espressamente segnalato a schermo di “pensarci bene”, ché l’azione appena intrapresa cambierà in modo sostanziale lo scorrere dei futuri eventi. Ovviamente, chi ha giocato a Remember Me coglierà nella manipolazione del tempo di Life is Strange alcuni concetti già visti nelle celebri sessioni Remix, in cui Nilin doveva modificare i ricordi nelle menti altrui, scorrendo avanti e indietro il tempo della memoria.

SOTTO LA CROSTA

L’ambientazione studentesca non deve ingannare. Il primo episodio di Life is Strange è ambientato in buona parte nella scuola della cittadina di Arcadia Bay, ma non per questo si tratta di un prodotto pensato per teenager; anzi, alcuni passaggi rendono evidente come sia lo scenario a fungere da supporto ai personaggi e non il contrario. Di certo lo scopo di Dontnod è quello di intrattenere con una narrazione matura, che non si erga a denuncia di chissà che o che vada rimarcare certe ambiguità della società scolastica americana, pur facendo largo uso di cliché a volte fin troppo abusati. Da questo punto di vista Life is Strange vince la sua partita, a patto di prenderlo esattamente per ciò che è e non per ciò che vorremmo che sia. Affrontarlo di petto, per dire, è sicuramente un errore: meglio centellinarlo, godendo di tutte le cose di contorno che, seppur non funzionali alla storia, aggiungono empatia all’empatia.

life is strangeTutto quanto scritto finora ha una valenza al limite del teorico, perché in prodotti come questo basta un attimo per mandare tutto a donnine di facili costumi e strozzarci in gola la sospensione dell’incredulità difficilmente costruita. Anche perché – maledetti sviluppatori – le vicende del primo episodio terminano proprio quando le cose cominciavano a farsi interessanti, con un cliffhanger buttato lì negli ultimi tre secondi che lascia presagire cose sfiziose e che getta in modo infame nella bocca del giocatore l’amo dell’hype, cui ho personalmente già abboccato in modo vergognoso.

Per leggere la recensione dell’episodio 2 di Life is Strange, cliccate qui.