L'iraq e la morale
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Discussione: L'iraq e la morale

Cambio titolo
  1. #1
    (un po' meno) cattivo L'avatar di L33T
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    L'Iraq e la morale

    In questi mesi di discussioni sulla guerra in Iraq non sono certo mancati i flame: al di là dell'apparente diversità dei temi scatenanti -- dal terrorismo al numero dei civili caduti -- mi sembra che il loro vero fondamento sia sempre stato il solito: un diverso modo di intendere la morale che, mentre portava alcuni a ritenere che la fine della dittatura fosse una giustificazione sufficiente per i drammi del conflitto, spingeva altri a dire che la morte di un solo innocente era stato un prezzo troppo alto da pagare.

    Un diverso modo di intendere la morale perchè, in effetti, entrambe le posizioni non erano che l'espressione dei due termini di una distinzione molto generale: quella tra morale della responsabilità e morale dell'intenzione, cioè tra la morale di chi si interessa unicamente alle conseguenze (positive o negative e considerandole caso per caso) di una scelta e quella di chi, sostenitore dell'importanza dell'intenzione, fa proprio il motto "fiat iustitia, pereat mundus" e regola la sua azione su principi incondizionati, universali e ineludibili.

    Perchè dunque non discuterne in questi termini generali? Magari una maggiore consapevolezza dei fondamenti delle proprie opinioni aiuterà a capire le ragioni dell'altro e servirà a far scendere il numero degli insulti.
    Ultima modifica di L33T; 19-03-2004 alle 01:26:48
    Es ist nichts schrecklicher als eine tätige Unwissenheit.

  2. #2
    uno di passaggio L'avatar di Wiald
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    io direi che è una assurdità dire che versare anche il sangue di una sola persona sia un prezzo troppo alto per la fine di un regime. i regimi fascisti come quello di saddam non si possono che combattere. non si otterebbe nulla altrimenti.

    io mi sono sempre dichiarato contrario a questa guerra, seppure l'argomento scateni in me una marea di dubbi e mi senta un fastello di contaddizioni, e la ragiona sta nel fatto che sapevo che lo spodestare il dittatore non era che una scusa, un imbroglio per celare le ragioni basse e materiali della guerra in Irak. e non trovavo giusto che fossero i civili irakeni a pagare per gli interessi di potenza americani nel contesto delle difesa del suo trono di prima potenza modiale che la Cina è intenzionata a soffiargli.

    la via per il superamento di sé è la liberazione dalle aspirazioni mediocri

  3. #3
    Utente L'avatar di Foo Fighter
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    Wiald

    io direi che è una assurdità dire che versare anche il sangue di una sola persona sia un prezzo troppo alto per la fine di un regime. i regimi fascisti come quello di saddam non si possono che combattere. non si otterebbe nulla altrimenti.

    io mi sono sempre dichiarato contrario a questa guerra, seppure l'argomento scateni in me una marea di dubbi e mi senta un fastello di contaddizioni, e la ragiona sta nel fatto che sapevo che lo spodestare il dittatore non era che una scusa, un imbroglio per celare le ragioni basse e materiali della guerra in Irak. e non trovavo giusto che fossero i civili irakeni a pagare per gli interessi di potenza americani nel contesto delle difesa del suo trono di prima potenza modiale che la Cina è intenzionata a soffiargli.
    Parole saggie
    La vita sinistra tra i rovi dell'umana disperazione, i prescelti conoscono...perchè non di disperazione si sopravvive, ma di forza si vive...


  4. #4
    (un po' meno) cattivo L'avatar di L33T
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    Morale dell'intenzione (deontologica, del dovere) vs morale della responsabilità (consequenzialista, teleologica): l'argomento del thread è questo, l'Iraq è solo il punto di partenza, e chiedo scusa per il titolo forse ambiguo.
    Possiamo discutere degli aspetti paradossali delle due posizioni, fare considerazioni metaetiche etc.. (se volete linko un po' di roba al riguardo), ma PER FAVORE non iniziamo a parlare nel dettaglio di quello che ho definito caso particolare, l'Iraq, o finisce tutto nel solito flame.
    Preferisco piuttosto che il thread finisca in seconda pagina con tre risposte.
    Ultima modifica di L33T; 19-03-2004 alle 01:31:17
    Es ist nichts schrecklicher als eine tätige Unwissenheit.

  5. #5
    Io SO! Tu impara, quindi L'avatar di iamalfaandomega
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    Voto per la morale della responsabilità.
    I am Alpha and Omega, the Beginning and the End, the First and the Last

    Né dei, né giganti

  6. #6
    Ex ***** VIPz Estathé L'avatar di nicjedi
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    Da tempo ormai il motto "Il fine giustifica i mezzi"....ha perso la sua efficacia, è stato ampiamente dimostrato, anche dai fatti, come il fine spesso NON giustifichi i mezzi. Oltretutto dovremmo imparare a pensare cosa comporta una nostra azione, sia in positivo che in negativo...non solo ai vantaggi...
    Morale dell'intenzione...quindi

    Ciao

    Nicola
    "La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci"
    "Non lasciare mai che la morale ti impedisca di fare la cosa giusta"
    "La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta."
    "fare molte cose alla volta significa non farne bene nessuna"


  7. #7
    Utente L'avatar di cerberus
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    Io sono per la morale del bilancino... sono per pesare vantaggi e svantaggi di una scelta e comportarmi di conseguenza...
    immagino che tra le due si avvicini di più alla morale della responsabilità, ma non ne sono molto sicuro...
    Engineers do it better
    "Lo scienziato non studia la natura perché è utile, ma perché ne prova piacere e ne prova piacere perché è bella. Se la natura non fosse bella, non varrebbe la pena studiarla e la vita non varrebbe la pena di essere vissuta”.( Henri Poincaré )
    "Scientists discover the world that exists; engineers create the world that never was."

  8. #8
    Paladino decaduto L'avatar di -steve-
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    nicjedi

    Da tempo ormai il motto "Il fine giustifica i mezzi"....ha perso la sua efficacia, è stato ampiamente dimostrato, anche dai fatti, come il fine spesso NON giustifichi i mezzi. Oltretutto dovremmo imparare a pensare cosa comporta una nostra azione, sia in positivo che in negativo...non solo ai vantaggi...
    Morale dell'intenzione...quindi

    Ciao

    Nicola
    Spesso... ma non sempre. Cioè, nell'esempio fatto da leet io sono dell'idea opposta alla tua, fondamentalmente, anche se con qualche riserva, mentre in altri casi no. Mi è molto difficile fare un discorso squisitamente teorico, tendo a mettere sempre in mezzo la pratica, devo adattare i miei pensieri ai fatti.

  9. #9
    Inno alla gioia L'avatar di IL CONTE
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    cerberus

    Io sono per la morale del bilancino... sono per pesare vantaggi e svantaggi di una scelta e comportarmi di conseguenza...
    immagino che tra le due si avvicini di più alla morale della responsabilità, ma non ne sono molto sicuro...
    Quella che in economia si chiama analisi costi-benefici.

    La morale dell'intenzione rischia di essere paralizzante, per il soggetto o i soggetti che devono compiere un atto, che devono prendere una decisione.
    Altresi, non si può compiere un atto prescindendo dalla morale e dal senso comune, dato che viviamo in una società, perdipiù globalizzata e occorrono delle linee guida ex-ante.


    Per contro, scegliere la morale della responsabilità, come strumento per valutare gli episodi e alquanto limitante e si presenta come valutazione ex-post, come un rendiconto consuntivo. Talchè,alla luce degli accadimenti, è uno strumento in mano all'individuo per individuare se è stato giusto scavalcare la morale dell'intenzione e se i benefici portati possono giustificare gli atti compiuti.

  10. #10
    sad peter pan L'avatar di Koud
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    Catalogare così un dilemma che si protrae da sempre è decisamente difficile se non impossibile.
    Agire per raggiungere un fine senza badare troppo ai metodi con cui si raggiunge o ricercare una, di solito utopica, soluzione eticamente valida su ogni piano?
    Sono entrambe invalidanti da un punto di vista puramente teorico, nella prima nel momento in cui si agisce ricercando un fine valido, definiamolo semplicisticamente "buono", perdiamo la "purezza" dell'azione in sè, negando poi nei fatti e nei metodi la ricerca di questo "bene"..
    Nella seconda ricercando esclusivamente il "bene" su ogni piano dell'azione in realtà ci ritroviamo ad esercitare un immobilismo sterile altrettanto dannoso..
    Ed allora, quale morale si può scegliere a posteriori?
    Non si può scegliere ne catalogare, perchè nessuna delle due è eticamente, moralmente valida...sono entrambe fallaci.
    La soluzione non c'è da un punto di vista teorico, da una visuale pratica, nel momento in cui si agisce, a qualsiasi livello, si rischia di negare lo spirito dell'azione; agire con il massimo riguardo possibile, questa è l'unica direzione percorribile, ma si deve avere, nel momento in cui la strada intrapresa si dimostra altrettanto dannosa o dannosa in misura diversa ma ugualmente incisiva,il coraggio di cambiare la tipologia d'azione.
    .silenzio


  11. #11
    solo accompagnare puo' L'avatar di il troio
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    scusa ma in Iraq ci sono andati solo ed esclusivamente per mero interesse economico....l'unica morale che li guida è portare a casa soldi e petrolio e mantenere la leadership sul pianeta...poi sul discorso dittatura, Saddam era uno, adesso a chi tocca se vogliamo metterla sulla morale??? magari Putin? visto come ha condotto la campagna elettorale a casa sua....giusto poi per liberare la Cecenia...cmq io voto per la morale della responsabilità

    "FOUR WHEELS MOVE THE BODY, TWO WHEELS MOVE THE SOUL"

  12. #12
    (un po' meno) cattivo L'avatar di L33T
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    Catalogare così un dilemma che si protrae da sempre è decisamente difficile se non impossibile.
    Niente da dire sulla difficoltà
    Agire per raggiungere un fine senza badare troppo ai metodi con cui si raggiunge o ricercare una, di solito utopica, soluzione eticamente valida su ogni piano?
    Sono entrambe invalidanti da un punto di vista puramente teorico,
    Non sono convinto di questo.
    nella prima nel momento in cui si agisce ricercando un fine valido, definiamolo semplicisticamente "buono", perdiamo la "purezza" dell'azione in sè, negando poi nei fatti e nei metodi la ricerca di questo "bene"..
    Non è così semplice infatti presentare questa critica: farlo presuppone un'ottica deontologica, dal momento che la purezza non ha in termini teleologici un valore morale.
    In altri termini, solo se si suppone che l'intenzione abbia importanza si può dire che a una scelta fatta in vista di un fine manchi di qualcosa, dato che altrimenti il valore morale dell'azione è determinato esclusivamente sulla base delle sue conseguenze, e non credo che una discussione corretta possa tollerare questa arroganza metodica.
    Nella seconda ricercando esclusivamente il "bene" su ogni piano dell'azione in realtà ci ritroviamo ad esercitare un immobilismo sterile altrettanto dannoso..
    Anche l'immobilismo non è una conseguenza necessaria: si possono infatti benissimo determinare leggi assolute (ad es. con il principio di universalizzazione) da cristalizzare nel diritto (magari internazionale), tali che possano rispondere alla domanda fondamentale della filosofia pratica: "che cosa devo fare?"
    La coerenza interna da un punto di vista teoretico è poi indiscutibile, come mostrano le difficoltà che si hanno nel contestare il rigorismo di Kant.
    Ed allora, quale morale si può scegliere a posteriori?
    Non si può scegliere ne catalogare, perchè nessuna delle due è eticamente, moralmente valida...sono entrambe fallaci.
    Sono d'accordo, sono entrambe fallaci, ma non per i motivi che hai esposto tu. Il problema risiede piuttosto nella fondazione metaetica: se si assume una posizione non-cognitivista (considerando i problemi del definizionismo e dell'intuizionismo è probabilmente la scelta più ragionevole) l'unico modo per giustificare un giudizio morale è, per così dire, evidenziare la sua capacità di suscitare l'assenso dell'intelletto nonostante non sia dimostrabile; un'operazione che le conclusioni paradossali delle due alternative pure rendono difficile. Non è certo conforme al senso comune sostenere che è giusto dire ad un assassino, che si sa essere tale, dove è nascosta la sua vittima, al fine di non trasgredire la massima "non mentire"; e non lo è neppure pensare che, entrando in un ospedale per un raffreddore, possano smembrarti per salvare 5 persone che hanno bisogno di un trapianto urgente -- in fondo sono le vite di 5 persone contro una soltanto.
    Forse la soluzione è una teoria mista, che riservi molto spazio alle considerazioni sui fini, ma che vi unisca anche una soglia da non oltrepassare, individuata sulla base di principi puri: un principio di giustizia distributiva, ad esempio, che permetta di passare dal principio del "maggior bene" a quello del "maggior bene per il maggior numero".
    Non è però agevole determinare quando la soglia viene oltrepassata, anzi. E neppure posso dimenticare che anche questa teoria non ha la certezza di una proposizione scientifica, per cui le alternative sono sempre possibili.
    Esistono posizioni più soddisfacenti? In realtà speravo di avere qualche indicazione da questa discussione
    La soluzione non c'è da un punto di vista teorico, da una visuale pratica, nel momento in cui si agisce, a qualsiasi livello, si rischia di negare lo spirito dell'azione; agire con il massimo riguardo possibile, questa è l'unica direzione percorribile, ma si deve avere, nel momento in cui la strada intrapresa si dimostra altrettanto dannosa o dannosa in misura diversa ma ugualmente incisiva,il coraggio di cambiare la tipologia d'azione.
    Ultima modifica di L33T; 19-03-2004 alle 20:21:01
    Es ist nichts schrecklicher als eine tätige Unwissenheit.

  13. #13
    Oggettivista L'avatar di space king
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    Sono d'accordo, sono entrambe fallaci, ma non per i motivi che hai esposto tu. Il problema risiede piuttosto nella fondazione metaetica: se si assume una posizione non-cognitivista (considerando i problemi del definizionismo e dell'intuizionismo è probabilmente la scelta più ragionevole) l'unico modo per giustificare un giudizio morale è, per così dire, evidenziare la sua capacità di suscitare l'assenso dell'intelletto nonostante non sia dimostrabile; un'operazione che le conclusioni paradossali delle due alternative pure rendono difficile. Non è certo conforme al senso comune sostenere che è giusto dire ad un assassino, che si sa essere tale, dove è nascosta la sua vittima, al fine di non trasgredire la massima "non mentire"; e non lo è neppure pensare che, entrando in un ospedale per un raffreddore, possano smembrarti per salvare 5 persone che hanno bisogno di un trapianto urgente -- in fondo sono le vite di 5 persone contro una soltanto.
    Forse la soluzione è una teoria mista, che riservi molto spazio alle considerazioni sui fini, ma che vi unisca anche una soglia da non oltrepassare, individuata sulla base di principi puri: un principio di giustizia distributiva, ad esempio, che permetta di passare dal principio del "maggior bene" a quello del "maggior bene per il maggior numero".
    Non è però agevole determinare quando la soglia viene oltrepassata, anzi. E neppure posso dimenticare che anche questa teoria non ha la certezza di una proposizione scientifica, per cui le alternative sono sempre possibili.
    Esistono posizioni più soddisfacenti? In realtà speravo di avere qualche indicazione da questa discussione
    [01:40:43][@l33t] c'è un bel paradosso
    [01:40:54][@Bellerofonte] che paradosso?
    [01:41:02][@l33t] se un ospedale adotta un codice utilitaristico
    [01:41:11][@l33t] e arrivano 7 persone, di cui una quasi sana
    [01:41:20][@l33t] e 6 con bisogno di un trapianto urgente
    [01:41:35][@l33t] l'ospedale uccide la sana ed espianta gli organi
    [01:41:42][@l33t] perchè una morte è meglio di 6
    [01:41:45][@Bellerofonte] ah ecco
    [01:41:53][@Bellerofonte] è bellissima sta cosa...
    [01:41:59][@Bellerofonte] o_O
    [01:42:03][@l33t] dal punto di vista logico non dimostra niente
    [01:42:16][@l33t] dato che giusto e sbagliato in teoria non esistono prima del principio morale
    [01:42:22][@l33t] però suona male -_-
    [01:42:38][@Bellerofonte] ecco dove si becca
    [01:42:59][@Bellerofonte] nel momento in cui giusto e sbagliato vengono a coincidere con i dettami del contratto sociale
    [01:43:35][@l33t] uhm
    [01:43:36][@Bellerofonte] per assurdo, una persona quasi sana, se fosse a conoscenza di queste "pratiche" (espiantare i suoi organi per salvarne 6)
    [01:43:43][@Bellerofonte] non andrebbe mai all'ospedale
    [01:44:00][@l33t] probabile
    [01:44:05][@Bellerofonte] da par suo l'ospedale sa benissimo che
    [01:44:13][@l33t] se però nel patto sociale fosse prevista la possibilità
    [01:44:15][@Bellerofonte] 1) la stessa cosa potrebbe capitare anche ai suoi medici
    [01:44:21][@l33t] non potrebbe dir niente
    [01:44:57][@l33t] è vero
    [01:45:02][@l33t] ma il punto è che si postula
    [01:45:04][@Bellerofonte] 2) non sarebbe una bella cosa agli occhi degli altri, perchè l'omicidio va contro il patto sociale
    [01:45:08][@l33t] che se tutti accettassero la teoria
    [01:45:15][@l33t] il bene nonmorale sarebbe maggiore
    [01:45:16][@Bellerofonte] il contratto sociale è già stato stabilito da tempo
    [01:45:29][@Bellerofonte] tutti dovrebbero accettare una teoria nuova
    [01:45:37][@Bellerofonte] sovvertire quella già archiviata da millenni
    [01:45:50][@l33t] è vero
    [01:45:52][@Bellerofonte] uno dei punti della quale è: non uccidere, perchè potrei venir ucciso
    [01:45:58][@Bellerofonte] per fare un esempio
    [01:45:59][@l33t] ma ricorda che il principio morale vuole essere assoluto
    [01:46:10][@Bellerofonte] vuole, non è
    [01:46:20][@Bellerofonte] una cosa è assoluta quando è indipendente
    [01:46:32][@Bellerofonte] e se davvero deve essere assoluta allora deve essere accettata sin dall'inizio
    [01:46:36][@Bellerofonte] non "imposta"
    Ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di provincie ma bordello! (VI Purgatorio)

    Di rider finirai pria dell'aurora!


  14. #14
    sad peter pan L'avatar di Koud
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    Non è così semplice infatti presentare questa critica: farlo presuppone un'ottica deontologica, dal momento che la purezza non ha in termini teleologici un valore morale.
    In altri termini, solo se si suppone che l'intenzione abbia importanza si può dire che a una scelta fatta in vista di un fine manchi di qualcosa, dato che altrimenti il valore morale dell'azione è determinato esclusivamente sulla base delle sue conseguenze, e non credo che una discussione corretta possa tollerare questa arroganza metodica.
    La mia analisi è chiaramente slegata dalla pura speculazione filosofica metodologicamente corretta, ovviamente nel confondere i due piani deontologico e teleologico, si perde la purezza formale della critica stessa. Critica che evidentemente non ambiva a combaciare con un piano di confronto assoluto, quindi nessuna ricercata speculazione, ma bensì soltanto semplice proposizione di un punto di vista personale, nel quale io confondo i due piani, nel tentativo di spiegare i miei perché della non accettabilità personale delle due visioni.
    Il mio pensiero critico nei confronti di una visione puramente consequenziale , sta proprio in questa purezza; è inammissibile, per me ripeto, l’abbandono o non necessità di un piano guida moralmente corretto (anche su l’idea di morale ci sarebbe da dibattere, ovviamente si parla di uno dei molteplici possibili punti di vista.) nello svolgere un azione che ricerca fini positivi.

    Anche l'immobilismo non è una conseguenza necessaria: si possono infatti benissimo determinare leggi assolute (ad es. con il principio di universalizzazione) da cristalizzare nel diritto (magari internazionale), tali che possano rispondere alla domanda fondamentale della filosofia pratica: "che cosa devo fare?"
    La coerenza interna da un punto di vista teoretico è poi indiscutibile, come mostrano le difficoltà che si hanno nel contestare il rigorismo di Kant.
    Sempre ritornando al mio punto di vista, il principio di universalizzazione ed il suo “non fare qualcosa che se fatto da tutti porterebbe danno”.. è più filosofia del non fare che del fare…Comunque la mia critica alla visione puramente deontologica, parte sempre dall’idea della sua applicabilità pratica. Una visuale legata all’importanza esclusiva della corretta struttura interna dell’ eventuale azione è portatrice sì, di ferrea rigidità strutturale ma anche, di una difficile malleabilità applicativa all’agire pratico in tutte le sue manifestazioni; ovvero, nel momento in cui si agisce verso un fine positivo non si riesce a non causare uno squilibrio su di un altro fronte.
    Sono d'accordo, sono entrambe fallaci, ma non per i motivi che hai esposto tu. Il problema risiede piuttosto nella fondazione metaetica: se si assume una posizione non-cognitivista (considerando i problemi del definizionismo e dell'intuizionismo è probabilmente la scelta più ragionevole) l'unico modo per giustificare un giudizio morale è, per così dire, evidenziare la sua capacità di suscitare l'assenso dell'intelletto nonostante non sia dimostrabile; un'operazione che le conclusioni paradossali delle due alternative pure rendono difficile. Non è certo conforme al senso comune sostenere che è giusto dire ad un assassino, che si sa essere tale, dove è nascosta la sua vittima, al fine di non trasgredire la massima "non mentire"; e non lo è neppure pensare che, entrando in un ospedale per un raffreddore, possano smembrarti per salvare 5 persone che hanno bisogno di un trapianto urgente -- in fondo sono le vite di 5 persone contro una soltanto.
    L’assunzione di una moralità equivale sempre a prediligere una posizione arbitraria rispetto ad un'altra che non può essere, ovviamente, dimostrata come assoluta. Che il discorso verta sulla validità dei due metodi nei confronti di una moralità, in questo caso giustificata a priori arbitrariamente, è chiaro. La loro manchevolezza,aldilà delle incongruenze che si sviluppano estendendole a situazioni paradossali, che dovrebbero comunque tener conto, nella loro applicazione, dei riflessi delle altre "morali" con le quali si scontrerebbero in questa curva parabolica, è, ribadisco per me,proprio nella separazione tra le due ottiche, che dottrinalmente parlando rimangono insintetizzabili. Se non, con la pseudo-soluzione di cui entrambi parliamo. Il classico buon senso.

    Forse la soluzione è una teoria mista, che riservi molto spazio alle considerazioni sui fini, ma che vi unisca anche una soglia da non oltrepassare, individuata sulla base di principi puri: un principio di giustizia distributiva, ad esempio, che permetta di passare dal principio del "maggior bene" a quello del "maggior bene per il maggior numero".
    Non è però agevole determinare quando la soglia viene oltrepassata, anzi. E neppure posso dimenticare che anche questa teoria non ha la certezza di una proposizione scientifica, per cui le alternative sono sempre possibili.
    Esistono posizioni più soddisfacenti? In realtà speravo di avere qualche indicazione da questa discussione
    Un confronto è già abbastanza soddisfacente
    .silenzio


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