vi propongo un articolo di Umberto Eco uscito sull'Espresso nella rubrica da lui curata "le bustine di Minerva"
l'articolo commenta l'istituzione di una scuola per veline(o aspiranti tali)
Immaginando un mondo senza veline
Non mi sembra una bella idea fare una scuola in parte pubblica per incoraggiare le ragazze a diventare donna oggetto
Non so se quando apparirà questa Bustina sarà ancora in corso la polemica sulla scuola per ´veline´ a Napoli, ma il caso si presta ad alcune considerazioni che rimarranno attuali anche in futuro. In generale fare la velina non è mestiere disdicevole e alcune veline sono diventate poi presentatrici o dive di medio calibro. In una società dello spettacolo è normale che una bella ragazza sia invogliata a intraprendere questa carriera.
Tuttavia organizzare una scuola pubblica per veline è un poco come organizzare una scuola pubblica per poeti. A far partire un corso di cento persone per poeti, se proprio la provvidenza ci mette una mano, non è impossibile che uno dei partecipanti diventi poi un poeta sul serio, ma è certo che gli altri novantanove condurranno poi una vita da frustrati, maledicendo l´impiego in banca, e inondando le case editrici di manoscritti regolarmente respinti. Paragone improprio? Ipotizzando che ogni rete produca ogni sera due trasmissioni che fanno uso di due veline ciascuna, su un totale di dieci reti per sera (trascurando quelle dedicate alla vendita di tappeti dove, anche a fare la velina, è difficile raggiungere il successo), possiamo calcolare che siano impiegate quaranta veline per sera. Non vale calcolare duecentottanta veline per settimana, perché almeno una delle due trasmissioni è giornaliera (sempre le stesse veline) e dunque moltiplichiamo venti per sette, più venti fisse, e abbiamo centosessanta veline che, presumibilmente, restano in carica almeno per un anno solare. Le diplomate della scuola avranno forse più opportunità dei poeti, non dico di quelli che diventano i massimi, ma di coloro che almeno pubblicano su riviste letterarie di qualche dignità e fanno plaquette da editori specializzati? Oltretutto un poeta che riesce dura tutta la vita, mentre una velina che riesce ha pochi anni di attività davanti a sé. Infine, visto che non tutte le diplomate di quella scuola diventeranno veline di ´Striscia la notizia´, c´è un forte rischio che la maggioranza di esse diventino manovalanza per manifestazioni regionali e non soddisfino i propri sogni di gloria.
È uscito un pamphlet francese, ´Elementi per una teoria della Jeune-Fille´ (Boringhieri) che vede non solo le varie veline ma in genere le fanciulle che si piegano ai dettami della moda (ombelico scoperto e cose del genere) come vittime di una società che le spinge a vendere forza-seduzione in luogo di forza-lavoro, nuovo oppio dei popoli. Su ´Panorama´ Giampiero Mughini recensiva il libro manifestando un gaio scetticismo in quanto, affermava, in fondo queste immagini sollecitano comunque al sogno della bellezza femminile "senza il quale non c´è vita", e concludeva: "Grazie di esistere, o nostre amate narcise". Siccome non sono insensibile al fascino della bellezza muliebre, posso capire la consolazione che Mughini trae da queste visioni. Però si traggono grandi soddisfazioni anche dalla visione di una corrida, ma chi pensa al toro? Il problema non è Mughini, sono le ragazze.
Certe trasmissioni non potrebbero vivere senza bellezze seminude e sculettanti, altre, come alcuni programmi di quiz che seguo con piacere (Amadeus e Scotti), potrebbero funzionare benissimo anche se alla fine non apparisse una velina sorridente accanto alla sventurata sconfitta, spesso inferiore in venustà. In entrambi i casi, anche il più accanito antifemminista dovrà pure ammettere che si tratta di impiego di donne-oggetto. Poche storie, se fossero soggetto sarebbero loro a fare le domande, e Amadeus si mostrerebbe alla fine in slip. Invece Amadeus è il garante del pensiero ("no signora, l´ipecacuana non è un rettile centroamericano!") mentre la ragazza è messa lì affinché Mughini, come onestamente ammette, sia grato che esista. Se questo non è ruolo da donna oggetto, allora l´unica donna oggetto è la prostituta, e solo se coinvolta in una tratta, e per il resto possiamo dormire tranquilli. Se invece lo è, fare una scuola in parte pubblica per incoraggiare le ragazze a diventare donna oggetto non mi sembra una bella idea.
L´ultima considerazione è che nessuno si è mai chiesto perché Ricci, in ´Striscia la notizia´, abbia battezzato come veline le sue ragazze (che peraltro sanno almeno ballare e fare qualche battuta). La velina era la comunicazione in carta velina che il Minculpop, l´organo di propaganda del regime fascista, mandava ai giornali per dire di che cosa dovevano parlare e di cosa dovevano tacere. Siccome ´Striscia´ è nata come parodia di un telegiornale (poi è divenuta più attendibile di ciò che parodiava, ma questo è un altro discorso), evidentemente Ricci ha pensato ironicamente di chiamare veline le muse dei due conduttori. Di lì il nome ha preso piede, e ormai lo si usa come se volesse dire, che so, ´piccole vele´. In ogni caso non ci si ricorda da che turpe episodio di censura nasce. Le veline del Minculpop servivano a evitare che gli italiani pensassero troppo. Non dico che le veline con l´ombelico abbiano deliberatamente la stessa funzione, ma insomma, un pensierino ce lo farei.
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