S.FRANCESCO E FINI: LA PECORA E IL LUPO
OGGI E' IL VICEPRESIDENTE DEL CONSIGLIO CHE APPROFITTANDO DELLA FESTA DEL PATRONO D'ITALIA
SI IMPALCA A BIOGRAFO E FORSE A TEOLOGO DEI FONDAMENTI DELLA SPIRITUALITA' E ASCETICA FRANCESCANA
MA PER PRIMA COSA CI DOMANDIAMO SE TOCCHI A LUI PIEGARE STRUMENTALMENTE LA FIGURA DEL POVERELLO D'ASSISI AD UNA QUESTIONE D'ORDINE POLITICO CONTINGENTE QUALE L'USO DELLA FORZA E L'INTERVENTO IN IRAQ? IN SECONDA ISTANZA VORREMMO ANCHE SAPERE DA QUALE BIOGRAFO HA RICOSTRUITO QUESTA VISIONE DI FRANCESCO, DA QUALE FONTI HA TRATTO QUESTA SUA NUOVA INTERPRETAZIONE (CI PARE DALL' EX INTERVENTISTA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE E NOTO ANTISEMITA PADRE AGOSTINO GEMELLI FRATE MINORE FRANCESCANO FONDATORE DELL'UNIVERSITA' CATTOLICA - DA FINI CITATO- CHE SCRISSE IL VOLUME "FRANCESCANESIMO" EDIZIONI VITA E PENSIERO - volume che rivalutava una figura francescana ad usum bellicistico del tempo )
Siamo stupefatti per i passagggi (* sotto riportati) del discorso del Vice Presidente del Consiglio Gianfranco Fini, sulla figura di Francesco di Assisi: primo non ne capiamo lo scopo... (invece lo intuiamo e ci allarma ); secondo ci sembra veramente oltremodo stonato nel giorno e nel luogo stesso che un politico con incarichi di governo arringhi i frati del Sacro Convento e poi l'uditorio dei presenti, fedeli e cittadini, per intessere una specie di rilettura della spiritualità e ascetica francescana...
Ci addolora e stupisce anche il faccione bonario che annuisce convinto e sorridente di qualche frate dietro le spalle del Vice Premier. Una scena a dir poco disgustosa.
E' una voce fredda e burocratica quella dell'esponente di AN, con quell'inflessione così calcata e antipatica, come di colui che sa e indottrina gli altri...del maestro improvvisato ma saccente...che vuol trarre utili anche dove non ve n'è bisogno.
La ricerca insomma di una legittimazione religiosa, per di più francescana, all'operare del suo governo in tema di pace e guerra.
Non c'è che dire quando il potere politico si unisce a quello religioso, per cantare all'unisono, non può fare che danni immani ( chi non ricorda i famosi frati schierati da cappellani militari con le stellette sul saio francescano o sullo scapolare carmelitano e i monaci benedettini con le stellete sull'abito monacale e la mano alzata nel saluto fascista durante le parate militari del regime, frati nostalgici anche dopo la fine della dittatura, gli stessi che trovarono l'impudenza di denunciare Don Lorenzo Milani per il suo famoso libro "L'OBBEDIENZA NON E' PIU' UNA VIRTU' ?” per il quale fu condannato prima dal Tribunale e poi assolto in Corte d'Appello, ormai defunto )
Ecco di quale S. Francesco è probabilmente nostalgico Gianfranco Fini, di quello dei frati cappellani militari col saluto romano. Di quelli che con una mano toccavano la corona del rosario appesa al cordone e con l'altra benedicevano le armi.
Le armi che poi servivano a massacrare ed uccidere altri uomini e altri "fratelli", figli di Dio, appartenenti ad un altro esercito. No, non ha senso questo discorso dalla balconata del Sacro Speco, dalla Basilica del Santo.
E' un discorso arrogante, rozzo e fuori dallo spirito stesso della Festa che si stava celebrando e dal significato intimo e pubblico che poteva assumere.
Forse che vi sia qualcosa di nuovo in questa rivalutazione di Francesco in chiave militar - interventista?
No di certo, chi si illude di trovare sempre e per sempre, nel saio indossato dai frati che furono discepoli del più grande ed evangelico dei santi la fedeltà all'evangelo di Cristo ne uscirà deluso: furono i francescani insieme con i domenicani, (fondati da S, Domenico di Guzman) altro ordine mendicante, (poichè inizialmente dovevano vivere soltanto di elemosine) che vestirono i panni più feroci degli inquisitori.
Coloro che processavano, con i gesuiti di S.Ignazio di Loyola, i poveri "eretici" o le donne ritenute streghe o qualunque persona considerata pericolosa alla religione, ivi compresi quelli che si macchiavano di peccati sessuali.
Processavano, i discepoli del serafico Padre, e poi conducevano ai roghi.
" Pax et Bonum " diceva spesso Francesco.
Pace e Bene.... ma i suoi discepoli fino all'ultimo conflitto giustificavano armi e violenze...e poi guerra e male.
Come non ricordare i francescani nella Croazia degli ustascia di Ante Pavelic durante lo sterminio dei serbi, sotto l'episcopato del cardinal Stephinac e la nunziatura di mons. Marcone?
Anche loro benedicevano e combattevano, certo per difendere l'amata nazione croata....
Uno sterminio senza precedenti forse nella storia.... che vide persino uccisi ed i corpi straziati di arcivescovi e metropoliti della Chiesa ortodossa serba.
Oh che lezione di francescanesimo e di evangelicità ci hanno lasciato questi uomini col saio!
Che grande lezione di umanità cristiana condivisa forse da quel Padre Agostino Gemelli che riteneva invece gli ebrei "una genìa di gente malvagia".
Gemelli, ateo convertito, docente di psicologia, citato da Fini.
Un francescano irruente e quasi brutale, che inneggiò al suicidio del professor Momigliano quando questi, ebreo di origine, fu radiato dalla cattedra universitaria di cui era titolare, in ottemperanza allle leggi razziali del 1938 volute da Mussolini.
"Perisca così tutta la genì degli ebrei!" esclamò allora.
Speriamo che a qualche papa non venga in mente di canonizzarlo, anche lui, come già successo per Stephinac arcivescovo di Zagabria.
Certo che distanza abissale tra Gemelli e Francesco....
E' solo Fini e qualche frate rubicondo e tondo che non la vede....!
Giovanni detto Francesco, dai modi gentili acquisiti dalla madre nobile francese...
Lui che , fulminato dopo la battaglia di Perugia, si privò di tutto persino del pane, poichè arrivò a mangiare l'erba,raccontano i biografi....
Ci dice Fini che ammirava i beni terreni...?
Quali? quelli che la Chiesa delle gerarchie ha accumulato nei suoi granai per secoli,come dice la parabola evangelica a proposito del ricco Epulone?
Quelli dai quali Cristo mise in guardia,quando ammonì di "accumulare beni in cielo, dove nè la tigna nè la ruggine li divorano"...?
Certo Francesco e Cristo non avrebbero mai immaginato come fedele al vangelo quella Chiesa possente che vediamo anche oggi e che è la più ricca di qualunque società di uomini che mai abbiano abitato la terra.
Povertà e ricchezza mette insieme Gianfranco Fini nella sua dotta allocuzione accademica di oggi.
E dice "grande riformatore sociale del suo tempo, non istigo' mai alla rivolta sociale ne' aizzo' l'invidia dei deboli contro i potenti, ne' predico' la lotta di classe, tenendo con i potenti un atteggiamento di sano realismo''.
Interessante tutto ciò...come dire che la povertà per Francesco era frutto della giustizia sociale, forse da correggersi con un po di carità intesa come fare l' elemosina.
Cose che da Leone XIII con la Rerum Novarum e da dopo il Concilio neppure i papi e le encicliche affermano.
Eppoi Fini dimentica altri profeti dell'uguaglianza sociale come Michele Serveto ed i suoi che furono bruciati sul rogo dalla stessa Chiesa che decise invece di santificare Francesco, forse più obbediente e meno ribelle....
Ah che lezione di storia a ritroso!... "l'invidia dei deboli contro i potenti " (pare di sentire gli operai sindacalizzati contro Berlusconi e i suoi amici deputati miliardari)...la "lotta di classe" ( concetto forse ardito per quei tempi!) ... "un atteggiamento di sano realismo"?
e cosa è questo realismo con i potenti ...Fini non ce lo dice....forse lasciare le cose come stanno... immutate tutte le ingiustizie e diseguaglianze del mondo...in una forma di religione che diviene una sorta di devozionismo neutrale e vacuo.
E allora va a farsi benedire anche tutto il Vangelo e Cristo stesso con il discorso della montagna....le beatitudini, per cui si perde anche la vita stessa ("Beati gli affamati e assetati di giustizia perchè di essi è il Regno dei cieli!" ).
E il Francesco del racconto del biografo Tommaso da Celano, che illustra a frate Leone in che consista perfetta letizia: nel prendere legnate su legnate, perchè stanchi ed affamati vengono scambiati per due ladri e invita a pazientare poichè se sapranno così fare il "male trasformeranno in bene".... chi è?
E' quello che andrebbe - a suo dire - a benedire anche le portaerei come fece il cardinale Tarcisio Bertone (già vice del cardinal Ratzinger) che tutto sono fuorchè costruzioni e armamenti di pace?!
Il Francesco delle armi per "legittima difesa", quello che piangeva quando sentiva anche soltanto due persone litigare....
Che bel ritratto quello di Fini "ad usum belli".
Verrebbe di dire Francesco e Fini, la pecorella e il lupo...sovvenendoci di quello di Gubbio che convertì Francesco, mentre qui l'aneddoto dei fioretti è rovesciato.
Peccato che in quella piazza sottostante il balcone ove lui teneva il discorso aulico e la dotta allocuzione, nell'ottobre del 1986 il papa Giovanni Paolo II invitava tutte le religioni ad unirsi per difendere la pace, quella pace che secondo il Francesco di Fini non è un fine ma un mezzo per arrivare al bene comune.
Chissà quale bene comune potrà mai esserci poi senza la pace intesa come armonia con gli altri?
Senza pace a mio avviso forse non c'è nulla di veramente "comune", cioè di tutti.
Ci sarà un bene forse per qualcuno che significa il male per gli altri....
Una situazione di eterna contrapposizione.... e di che bene parliamo allora?
Oggi 4 ottobre dell'anno del Signore 2004, Festa di Francesco di Assisi, che il Governo s'appresta a istituire come Festa nazionale ci si presenta innanzi una figura inedita del Santo Poverello, più virile forse e un poco bellica, certamente più in sintonia con la politica di Roma, e con quegli uomini che hanno deciso di "cambiare l'Italia".
Cambiarla appunto, tacendoci come...
* Teologo laico
CENTRO STUDI TEOLOGICI di MILANO
* passaggi qui riportati del Discorso di Fini ad Assisi:
''Sceglie la poverta' ma continua ad ammirare i beni terreni, e da vero operatore di pace - e' la puntualizzazione di Fini - considera la pace non un fine ma un mezzo a servizio del bene comune''. Poi, con un evidente riferimento all'attualita', il vicepremier puntualizza che il santo di Assisi ''non condanno' mai l'uso delle armi per legittima difesa'', mentre la regola francescana ''proibi' l'aggressione armata'', e ricorda che terziario francescano era anche un capo militare come Giovanni di Brien. Quasi a confutare i ritratti di un Francesco ''rivoluzionario'', Fini tiene a sottolineare che ''il santo, grande riformatore sociale del suo tempo, non istigo' mai alla rivolta sociale ne' aizzo' l'invidia dei deboli contro i potenti, ne' predico' la lotta di classe, tenendo con i potenti un atteggiamento di sano realismo''. La conclusione, Fini la dedica al suo incontro di ieri con Tantawi, l'Imam del Cairo: ''Nel nome del rispetto e della dignita' umana - ricorda il vicepremier - mi
ha espresso la sua condanna di ogni forma di violenza, arroganza e discriminazione''. (ANSA)