Eccovi accontentati....
Datatsushi, e l'origine della Religione di Mana.
683 d.C. (era Yamato)
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Giugno. Un villaggio rurale giapponese sta per vivere la sua ora più buia: da tempo la siccità imperversa nella Valle Irazu, ai piedi del monte Gojaku, e gli abitanti del villaggio sopravvivono a suon di stenti e sofferenze. La disperazione, unita a una forte superstizione, li porta a invocare l'aiuto degli Dei, praticando riti per il richiamo della pioggia.
Un mese dopo, a nord-est del villaggio precipita una cometa, lunga 7 cubiti. Questa cometa, di forma piramidale, portava con sè uno strano essere, nel gioco chiamato "Datatsushi" (trad. "angelo caduto"). La natura di questo "visitatore alieno" non sarà mai chiarita: alieno, divinità, essere sovrumano pandimensionale, ogni teoria è di per sè corretta (n.b.: "Siren Maniacs", guida ufficiale alla trama e ai misteri del gioco, lo definisce chiaramente "dio" e la sua dimensione d’origine è indicata come “Inferno”, la stessa dimensione dove si svolge lo stage finale del gioco).
Nel gioco, ogni accadimento è direttamente frutto dei poteri del dio: tra questi, la capacità di "trasportare" il villaggio di Hanyuda in una sorta di "dimensione parallela", un crocevia tra la nostra realtà e l'oltretomba, distorcendo la realtà e riportando alla luce ciò che appartiene al passato, confondendo quindi i piani temporali. Ma di questo si parlerà in seguito.
La venuta di questo "dio alieno" (come sovente definito negli archivi) non sarà però benigna per il villaggio: la fame e la disperazione porterà gli abitanti del villaggio ad optare per la soluzione che, pur placando temporaneamente la loro fame, ne causerà rovina: nutrirsi della carne del dio.
In uno dei filmati del gioco (e indirettamente, dalla visione di Miyako) vediamo la veemenza di tre persone del villaggio mentre si avventano sulle carni del dio, che si contorce in agonia. Poco prima di morire, però, Datatsushi pratica una maledizione sul villaggio, che perdurerà nell'eternità: un suo urlo, quello che poi dai personaggi del gioco sarà avvertito come la sirena, sembra infatti colpire una persona in particolare, l'unica che il dio ha avuto modo di vedere per bene in faccia, nonchè l'unica che non ha la prontezza di tapparsi le orecchie. Dal video la somiglianza con uno dei personaggi più importanti del gioco è evidente: si tratta di Yao Hisako, la suora, personaggio importantissimo che verrà trattato in seguito.
Questo episodio, la venuta del dio alieno che con le sue carni allevia le sofferenze del villaggio, è continuamente accennato nel corso del gioco, tramite leggende, superstizioni ed elementi folkloristici: dal "bebè sul tagliere" rinvenuto nel pozzo, un feticcio che a una attenta analisi si rivela un essere metà uomo e metà pesce, alla storia, citata in un libro di leggende locali, che parla di una ragazza affamata che si nutre delle carni di un "pesce venuto dall'alto", e chiede poi perdono, così come l'idolo sull'altare trovato da Kyoya nella casa abbandonata: una grottesca figura composta di pezzi di bambole e lische di pesce. Il riferimento più evidente è quello ai "Frutti di Vieda", descritti nel libro di credenze di Hanyuda in maniera simile al biblico Frutto dell'Eden (nella versione giapponese, non a caso, si parla di “Frutto dell’Eden”, e non “di Vieda”), e rappresenta la fonte dell'immortalità, preclusa all'uomo.
Fino ad allora praticanti la religione dello shintoismo (come si evince dalla presenza di un'area dedicato a Hiruko, divinità shintoista legata all'acqua e al mare), gli superstiziosi abitanti di Hanyuda si ritrovano così a introdurre nella propria fede nuovi elementi derivanti proprio da questo episodio, affiancandoli alla fede scintoista e alle precedenti credenze del villaggio (gli angeli gemelli, Hiruko, Kiruden, le pietre Dousojin, Hanyuda era un vero e proprio coacervo di tradizioni).
La stessa "Croce di Mana", simbolo religioso diffuso in ogni parte di Hanyuda come una sorta di leit motiv, nonchè simbolo del gioco stesso, altro non è che un'icona "farlocca", creata dalla superstizione degli abitanti che ebbero modo di vedere l'alieno che giaceva sopra un pezzo di staccionata infranta dalla caduta del dio - questa assumeva, forse non proprio casualmente, quella che sembra la forma di un 4 (cioè "shi", morte) rovesciato. In realtà non è un 4, bensì il carattere cinese "sei"/"shô"/"ikiru"/"nama"/"umareru", che significa "vita", "nascita". Da qui il nome della religione "Mana": altro non è che "nama" letto al contrario (secondo la scrittura a ideogrammi, non quella alfabetica).
Non solo, in un piccolo altare di legno nel cimitero di Harayadori, si trova un pezzo di "Pietra Mana", la quale è con ogni probabilità un frammento del meteorite con quale il dio è precipitato sulla terra molti secoli prima (è nota come "pietra sacra venuta dall'alto"). Dal minerale estratto dalla piramide originaria è stata inoltre forgiata l'Homuranagi, la spada appartenente al patriomonio di famiglia dei Kajiro e usata da Kyoya nello stage finale, guardacaso combattuto in una sorta di infernale pianura dove gli unici elementi notevoli dello scenario sono tre pilastri disposti a triangolo e una piramide con superfici riflettenti.
Sempre provenienti dalla dimensione del dio sono le statuette Uryen, una coppia di artefatti gemelli, dagli straordinari poteri: quella dei gemelli è un'altra tematica riscontrabile più e più volte nel gioco, come dimostra l’antichissima coppia di angeli gemelli protettori della città, dei quali Risa trova un antico rilievo nell’ospedale (angeli armati di spada e scudo, esattamente come le statuette dell’Uryen).
Insomma, la simbologia e le superstizioni sono un'accoppiata che nella storia del villaggio di Hanyuda hanno ricoperto notevole importanza: sono innumerevoli i "temi ricorrenti", ad esempio certi numeri, come il 3 (o 33, o 333... e se 4 è "shi", morte, 3 è lo stato che si raggiunge prima di morire), la forma triangolare (lo strumento tipico di Hanyuda è, guardacaso, il triangolo!), o il cannibalismo, argomento di molte delle raffazzonate leggende popolari del paese, che rappresentano una specie di "substrato" alle superstizioni che hanno originato quello che da lì a poco si sarebbe trasformato in un incubo.
Questo sincretismo religioso è, tra l'altro, oggetto di studio da parte del padre di Tamon Takeuchi, Omihito, che in uno dei documenti recuperabili nel gioco spiega come gradualmente le due credenze si siano fuse, salvo poi rendere "invisibile" ad occhi estranei la pratica dell'adorazione del dio alieno, probabilmente per scongiurare problemi di eventuali persecuzioni religiose in epoca medievale. Lo stesso storico si è inoltre dedicato allo studio della famiglia Kajiro, evidenziando in modo particolare la loro prosperità e longevità, evidentemente favori accordati da un dio di qualche sorta.
Alquanto singolare, dunque, il fatto che la mistica spada Homuranagi sia descritta in una pergamena come la spada che ha difeso il villaggio dall’ inquisizione durante il periodo Edo (1603-1868) ricacciando indietro le fiamme che lambivano il villaggio. Il patrimonio dei Kajiro, famiglia che da secoli è asservita a Datatsushi, è quindi sia lo strumento per sconfiggere--seppur momentaneamente--il male, sia per preservarlo. Causa ed effetto, inizio e fine... siamo quindi tornati alla questione dei piani temporali. Vediamola in dettaglio.
Dal 684 d.C. al 2003.
Come già scritto sopra, la maledizione è nata dall'urlo originale del dio, sacrificato per placare la fame degli abitanti del villaggio in tempi antichi. Ma come si svolge, di preciso, la maledizione? Andiamo con ordine.
Non ci è dato sapere cosa successe poi agli abitanti del villaggio "originale": l'unica certezza è che Hisako, scelta poichè al tempo probabilmente incinta, riceve una via di mezzo tra una maledizione e una benedizione. Il suo sangue diventerà sangue speciale, permettendole 1) di vivere in eterno, mantendendo inalterato l'aspetto fisico nel corso dei secoli, e 2) di essere immune al "richiamo del dio", sotto forma di sirena. E, cosa importante, la seconda "qualità" verrà trasmessa anche alla sua progenie, mentre la prima solo in parte (non mantengono inalterato l’aspetto fisico, e invecchiano pur rimanendo immortali).
Flash forward al 21 maggio 1938. Attorno a questa data si è creato un alone di mistero: le cronache riportano di un massacro, i 33 abitanti del piccolo villaggio di XX massacrati nottetempo da una sola persona. Sul sito www.shibito.com, segnalato dopo la visione del primo finale, si parla di un giovane che, affetto da turbe psichiche, sterminò gli abitanti impugnando una katana e altre armi.
Altro flash forward, 3 agosto 1976. In seguito al massacro, da anni non era rimasto nulla del villaggio di XX, solo una città fantasma che scomparve definitivamente sotto una frana dovuta agli smottamenti della crosta terreste e alle inondazioni di un fiume in piena. Di nuovo, le cronache riparlano di 33 persone scomparse e 48 edifici distrutti per via della frana: unico sopravvissuto, un bambino di 7 anni, Takeuchi Tamon.
E poi iniziano gli accadimenti del gioco vero e proprio, dal 3 al 5 agosto del 2003, 3 giorni in cui gli eventi del passato rivivranno sotto una nuova, e al contempo vecchia, luce. Perchè il fulcro attorno a cui è costruita la trama del gioco è la ciclicità del tempo, e il ripetersi degli eventi. La tematica dell'ouroboros, insomma, il serpente che si morde la coda.
La strage del '38, la frana del '76, e gli eventi del gioco stesso sono estremamente legati tra di loro: anzi, si potrebbe estremizzare dicendo che sono, sostanzialmente, la stessa cosa, vissuti in frangenti temporali distinti. Analizzando i due finali, in particolare, è evidente il voluto parallelismo:
- primo finale: Kyoya Suda si rivela essere lui stesso lo sterminatore dei 33 abitanti del villaggio di XX: armato di tutto punto, fucile, Uryen e katana, e sguardo risoluto, i confini "incerti" tra l'Hanyuda della dimensione parallela e la realtà han fatto sì che il massacro da lui compiuto alla fine del gioco venisse "visto" nel 1938 (attenzione!), originando la famosa leggenda del massacro. E sarà sempre Kyoya che, da bravo fanatico dell’occultismo (“SDK” su www.occultland.com è proprio SuDa Kyoya ), e incuriosito dalle voci sulla città di Hanyuda e – soprattutto - dalla voci sulla strage, si dirigerà in loco, ripetendo, come in un loop, gli stessi eventi che l'hanno attirato in quella città maledetta.
- secondo finale: si salva la piccola Harumi Yomoda, come superficialmente dicono i giornali, rimasta sepolta sotto la frana per 3 giorni. E' in verità l'unico personaggio a cui concessa la possibilità di riemergere dalla dimensione parallela in cui è stata scagliato il villaggio di Hanyuda.
Tutti questi sono quindi indizi forniti da Toyama non tanto per chiarire le cose, quanto per confonderle il più possibile, sfalsando di fatto i pianti temporali in frammenti che, periodicamente, rivivono, o con gli stessi protagonisti, o con protagonisti diversi, ma sempre in circostanze simili. Alla luce di questo, la quantità di parallelismi proponibile è immensa: per fare un esempio, il piccolo Tamon del 1976 che emerge dalle rovine del villaggio distrutto, piangendo e cercando i proprio genitori (i quali sono in realtà riusciti evitargli di finire nella dimensione parallela) è insindacabilmente pre-figurativo della sorte della piccola Harumi, in epoca presente, riemersa dopo 3 giorni dalla "distesa di fango" che ha inghiottito la città. Lo stesso "ripetere le missioni" è narrativamente giustificabile dalle considerazioni sulla molteplicità di spazio/tempo: ogni missione rivive più e più volte, in un mosaico temporale che non conosce linearità, nè la desidera.
La "tre giorni di Hanyuda": i poteri del dio in azione.
E' dagli eventi descritti durante i tre giorni in cui si articola la narrazione che si prende progressivamente atto di quali siano i poteri del dio. Altamente chiarificatore è un appunto di Tamon, trovato verso la fine del gioco: in seguito alla maledizione, il villaggio di Hanyuda è visto come un pendolo, che oscilla perpetuamente tra la "nostra" realtà e quella rappresentativa del dio alieno (il paradiso, o l'inferno, a seconda dei punti di vista).
Di fatto il funzionamento è simile a quello del tanto famigerato "Triangolo delle Bermuda": periodicamente, parte dell’area del villaggio di Hanyuda "sprofonda" in una dimensione che altro non è che un crocevia tra "terra" e "oltretomba". Tutti i residenti o le persone provenienti dall'esterno ne sono risucchiati con esso, e con ciò si spiega il coinvolgimento dei 10 protagonisti delle vicende. Una foto che dall'alto ritrae Hanyuda evidenzia la forma triangolare del villaggio, di sicuro non a caso.
L'evento che segna l'inizio del rito del trapasso altro non è che la sirena, che suona a mezzanotte, l'inizio del primo giorno. Questa è in realtà l'urlo di Datatsushi, rappresenta un richiamo a ricongiungersi al dio, al quale gli abitanti devono la loro vita. Un terremoto accompagna la sirena, chiaro segnale che la terra sta progressivamente "staccandosi" dalla sua ubicazione geografica e, seguendo l'oscillazione del "pendolo", sta entrando nella dimensione parallela. Addirittura, con l'appropinquarsi della cerimonia, il confine tra i due mondi diventa sempre più incerto: il poliziotto ubriacone Ishida, per esempio, è già mezzo-shibito prima del suono della sirena a mezzanotte, essendosi abbeverato dell'acqua rossa anzittempo, e non è banalmente ubriaco come molti suggeriscono. Similmente la bambina scomparsa nel 1976, Namiko Yoshikawa, stando a Siren Maniacs scomparve addirittura alcune settimane prima della cerimonia: chiaro segnale che Hanyuda rappresenta una sorta di limbo tra le due dimensioni, anche in tempi relativamente "tranquilli": persino il "corretto" scorrere del tempo è dunque un concetto su cui non fare affidamento, ad Hanyuda. Lo stesso "massacro" di Kyoya ai danni dei 33 abitanti, pur avvenendo, per il ragazzo, il 6 Agosto 2003, viene _visto_ nel 1938, poichè Hanyuda, nella dimensione parallela, è virtualmente "in ogni tempo", e i confini con il mondo reale sono incerti rendendo possibili "intromissioni", o compenetrazioni tra le due dimensioni.
All'interno della dimensione parallela, similmente alle versioni "hell" degli edifici di Silent Hill, tutto è possibile. Hanyuda appare dunque "immersa" in un mare di sangue, vengono riesumati antichi edifici (e persone, che saranno poi gli stessi shibito del gioco) scomparsi nella frana del 1976 o in altri eventi: tra gli edifici "scomparsi e riapparsi" vi sono la Clinica Miyata o la casa abbandonata a Tabori (edifici in realtà rimasti "intrappolati", in occasione delle passate cerimonie fallite, nella dimensione parallela del Dio, motivo per cui alcuni personaggi giungono ai vari edifici chiedendosi poi come mai sono effettivamente lì), si reperiscono innumerevoli documenti risalenti proprio a quegli anni, come a simboleggiare la compenetrazione degli infiniti piani temporali, quello attuale e le Hanyuda del passato (e in particolare la più vicina a noi nel tempo, quella del 1976: l'Hanyuda in cui ci si ritrova a giocare ha infatti un feel da "Era Showa", era giapponese che comprende appunto gli anni '70 e '80).
Non solo, proseguendo nel gioco (e, direttamente, nell'oscillazione del pendolo: avvicinandosi dunque alla dimensione del Dio) ogni barlume di "scientificità" viene perso: si assiste infatti alla progressiva costruzione del "Covo", dove si svolgono buona parte degli stage finali, un lugubre ammasso di edifici provenienti dai piani temporali più disparati, disposti senza criterio logico, un vero e proprio labirinto infernale.
Il “Covo” rappresenta anche l’obiettivo degli shibito: loro compito è costruirlo e difenderlo, affichè la forma “terrena” di Datatsushi non sia ferita dalla luce solare, motivo che spiega l’atteggiamento ostile degli shibito nei confronti dei personaggi giocanti.
Il "mare di sangue" è un elemento della storia altrettanto interessante. La sirena funge da richiamo, irresistibile per la maggior parte delle persone, verso le acque color rosso sangue che lambiscono il villaggio. Un'ottima esemplificazione di questo concetto è nel filmato introduttivo della missione di padre Makino con Tomoko: i confini della città sono magicamente scomparsi: i ponti, le strade, tutto quanto è troncato, e solo un' enorme distesa di acqua rossa si estende a perdita d'occhio. In questo "mare", gli abitanti del villaggio vanno immergendosi, come in una specie di trance collettiva causata dall'udire la sirena. Andiamo nel dettaglio.
Quest'acqua rossa è in realtà il sangue di Datatsushi. Gli shibito, dice Toyama, sono la forma di transizione dell'uomo, ottenuta a due condizioni: bere il sangue del dio (o anche essere feriti ed immersi nelle acque, facendolo penetrare dalla ferita aperta), e maledire il proprio sangue, espellendolo letteralmente dal corpo (le "lacrime di sangue" comuni a tutti gli shibito sono infatti il sangue umano "impuro" che viene espulso). In questa maniera di diventa mezzi-shibito ("han-shibito" quelli regolari che si incontra per gran parte del gioco).
La sirena suonerà poi 4 volte al giorno (alle 0:00, 6:00, 12:00 e 18:00) al di là del mare di sangue e fungerà da "richiamo" per gli shibito pronti a essere ricongiunti col proprio dio, che si immergeranno nelle acque. Questa è la cerimonia dell'Umi-Okuri (“viaggio verso il mare”), descritta in una pergamena nell'archivio.
Gli shibito non ancora pronti torneranno ad Hanyuda, riemergendo dalle acque, in attesa della prossima sirena. Ma non torneranno come mezzi-shibito, ma nelle versioni evolute (shibito cane, ragno, volante, o mente shibito). Questa è la cerimonia dell'Umi-Gaeri ("ritorno dal mare"), anch'esso descritto nell'archivio.
Gli shibito "evoluti" compiranno un altro Umi-Okuri... e un altro... e un altro ancora... ad libitum, finchè non saranno pronti a ricongiungersi col proprio dio al di là del mare.
L’Umi-Okuri e Gaeri sono adattamenti della pratica della reincarnazione (tipica del Buddhismo), che prevedeva la rinascita delle persone più meritevoli come “santi”. Nella religione Mana, sono stati introdotti da Hisako per “adescare” gli abitanti del villaggio con (false) promesse redenzione dai peccati, e di una nuova e gloriosa vita dopo la morte, seguendo i precetti della religione di Mana.
Continua....