Avete sentito parlare del muro che sta costruendo Sharon lungo la striscia di Gaza per non far passare i profughi e i combattenti di Hamas?
Bene, pare che lo stia allungando sentite qua:
Sharon sfida l’Onu e allunga il Muro
Nel giorno dell’estensione del «muro della discordia», migliaia di pacifisti «assediano» la residenza di Ariel Sharon a Gerusalemme. A confrontarsi sono due idee di sicurezza, di pace, di lotta al terrorismo. «Abbattiamo il muro dell’illegalità», scandiscono i manifestanti.
Ma a quattro giorni della risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu contro la «barriera di sicurezza» in Cisgiordania, respinta da Israele, il governo guidato da Sharon ha annunciato che i lavori del nuovo troncone attorno alle colonie di Ariel e Kedumim (25 chilometri, oltre la vecchia «linea verde» di demarcazione) cominceranno il 9 novembre, e che un’altra barriera è allo studio anche nella Valle del Giordano.
«Ariel farà sempre parte dello Stato d’Israele», aveva dichiarato nell’intervista tv dell’altra sera il premier, in trasparente riferimento polemico all’«Accordo di Ginevra», che nel quadro di un’intesa di pace tra israeliani e palestinesi prevede invece lo sgombero della maggior colonia ebraica della Cisgiordania (18mila abitanti). L’altro «muro» verrebbe edificato nella Valle del Giordano. «Il tracciato viene al momento progettato. Appena sarà completato, verrà presentato al governo», annuncia Sharon nella stessa intervista televisiva in cui ha confermato la sua intenzione - già nota dal maggio 2001 - di racchiudere in una «cintura di sicurezza» la Cisgiordania non solo da ovest (a ridosso della «linea verde», ma anche da est (nella Valle del Giordano).
«Questo muro creerà un fatto compiuto sul terreno, che renderà impossibile il raggiungimento di qualsiasi soluzione politica», ha subito denunciato il portavoce del premier palestinese Abu Ala, Hassan Abu Libdeh. «Il progetto di costruzione di un muro di segregazione nella Valle del Giordano non ha nulla a che vedere con la sicurezza d’Israele, ma mira a trasformare le nostre città e villaggi in una grande prigione», gli fa eco il ministro e negoziatore capo Saeb Erekat. Per costruire il «Muro» in Cisgiordania, l’esercito israeliano, oltre ad espropriare un ulteriore 2,9% di terra palestinese, ha anche sradicato finora 102.320 ulivi.
Per i palestinesi l’ulivo non è solo un simbolo della loro terra ma anche un mezzo di sostentamento: il 60% dell’economia della Cisgiordania si basa sugli uliveti. L’organizzazione non governativa «Osservatorio palestinese» calcola che in tre anni di Intifada gli ulivi sradicati per motivi di sicurezza o per costruire nuove strade per i coloni, per mano dei coloni stessi e, ultimamente, per edificare il Muro, sono stati circa 200mila. «Diamo una chance alla pace», ritmano i pacifisti a Gerusalemme. Ma a dominare in questo tormentato lembo di Terra è sempre il linguaggio della forza. In serata carri armati israeliani hanno aperto il fuoco contro un complesso di edifici chiamato Al Zahara, quartiere nel sud della città di Gaza. Un primo bilancio parla di un ferito grave.
«Quella in corso è un’azione contro infrastrutture terroristiche», puntualizza un portavoce militare di Tel Aviv. Il complesso di edifici presi di mira fronteggia la colonia ebraica di Netzarim, dove, l’altro ieri mattina prima dell’alba, tre soldati israeliani, tra cui due donne, sono stati uccisi e altri due feriti da un terrorista palestinese di Hamas, a sua volta poi ucciso, appoggiato da un altro miliziano della Jihad islamica. L’operazione è stata rivendicata congiuntamente dai due gruppi integralisti.
A me sembra un nuovo muro di Berlino... allego un immagine per far notare le dimenzioni...
8(