Premessa: perdonate le mie imprecisioni o l'atteggiamento didascalico, le scopiazzature da wiki e simili, perché questo intervento era stato pensato per un forum in cui probabilmente nemmeno sanno distinguere un anime da un manga e non ho troppa voglia di corregerlo e migliorarlo, semplicemente volevo condividere anche qui il mio "esperimento".
Io per certi versi mi ritengo molto fortunato ad essere nato negli anni '80. Mi dicono che appartengo ad una generazione senza ideali, che non ha vissuto il '68, non ha conosciuto la guerra né gli anni di piombo, una generazione incapace di crescere e assumersi le proprie responsabilità, annoiata, nichilista, che insegue solo il puro edonismo. Ma questo in fondo è quello che dico anch'io delle generazioni attuali, quindi forse sono solo discorsi da vecchio barbogio.
Piuttosto, la mia generazione è stata quella dei grandi cartoni animati. Vabbé, anche del passaggio dall'analogico al digitale, dell'avvento di internet e dei cellulari, della caduta del muro di Berlino, dell'incidente di Chernobyl, ecc.
Io però qui voglio parlare di cartoni animati, anzi di una serie di anime in particolare: quelli che facevano parte della collana World Masterpiece Theater (in giapponese detti anche Meisaku).
Queste serie animate sono state prodotte a cadenza annuale dalla Nippon Animation tra il 1975 e il 1997 per poi essere interrotte a causa dello scarso successo; solo dal 2007, a dieci anni di distanza, la Nippon ha deciso di riprendere la produzione dei Meisaku.
Ma che cos'hanno di particolare questi anime? Si tratta di serie animate tratte quasi sempre da classici della letteratura per ragazzi, riadattati secondo il gusto giapponese. I disegni per l'epoca erano piuttosto dettagliati, realistici e curati, così come le musiche; inoltre il fatto di partire da un romanzo permetteva di avere delle trame sufficientemente solide ed una certa introspezione psicologica dei personaggi. Le serie in genere si dividevano in due filoni: quelle per ragazze e quelle per ragazzi. Le prime avevano solitamente protagoniste di sesso femminile, dal carattere allegro, ricche di fantasia, alla prese con eventi magari dolorosi (la morte di un parente, un amore tradito), che però non si lasciavano abbattere. Le storie per il pubblico maschile invece erano generalmente più cupe, a volte anche cruente, e le difficoltà affrontate più angoscianti (essere orfani o abbandonati); in questi casi veniva esaltata la forza d'animo dei protagonisti, il loro coraggio, l'integrità morale, la lealtà, l'amicizia, lo spirito di sacrificio. Certo, tutto in maniera abbastanza stereotipata e adatta a dei bambini/ragazzi.
Alcuni titoli che magari avete visto o sentito: Anna dai capelli rossi, Marco, Tom Story, Flo la piccola Robinson, Pollyanna, Peter Pan, Papà Gambalunga, Una per tutte, tutte per una (Piccole Donne), Cantiamo insieme, Una classe di monelli per Jo, Un oceano di avventure. E poi si arriva, nel 1997, a Spicchi di cielo tra baffi di fumo, una serie dal titolo davvero curioso, se si pensa che l'originale giapponese si chiama Romio no aoi sora (Il cielo azzurro di Romeo). Questo cartone è il canto del cigno dei World Masterpiece Theater, almeno in Italia: fu infatti trasmesso una sola volta, su Italia 1, ad improbabili orari del mattino, censurato e privo di un episodio. Dynamic Italia ripropose la serie completa in DVD nel 2002 e solo nel 2009 le avventure di Romeo vennero replicate da Mediaset, sempre su Italia 1, alle 7:20 del mattino.
Non è quindi difficile capire come questo anime sia sconosciuto ai più. Tratto dal romanzo "I fratelli neri", narra la storia del giovane Romeo che, strappato dal suo paesino sulle Alpi, finisce a fare lo spazzacamino a Milano. Qui si dovrà scontrare con una vita difficile, fatta di privazioni e duro lavoro, ma ad alleviare la sua solitudine arriveranno tanti altri ragazzi che come lui lavorano come spazzacamini. Insieme vivranno incredibili avventure e uniti supereranno grandi e piccole difficoltà, diventando i "fratelli del camino" (o "fratelli neri", come vuole il titolo del libro). In particolare la grande amicizia tra Romeo e Alfredo, un ragazzo poco più grande di lui, intelligente e dall'animo gentile e nobile, e l'incontro con tante persone generose, come il dottor Casela, che gli insegnerà a leggere e scrivere, porteranno Romeo a maturare molto nei lunghi mesi trascorsi lontano da casa.
Sebbene la sigla giapponese sia più bella, ho voluto riportare qui sopra l'originale italiana, cantanta dall'indimenticabile Cristina D'Avena. Dopotutto era questa la sigla che avrei sentito se, nel 1997, mi fossi per caso imbattuto in Spicchi di cielo tra baffi di fumo. Sfortunatamente così non è stato e sono venuto a conoscenza di questo anime solo un paio d'anni fa, sfogliando distrattamente la lista delle serie animate di un noto sito di streaming. Ed è allora che ha iniziato a prendere forma uno strano progetto: guardare per intero quella serie animata. Ma non guardarla e basta, come potrei guardare un cartone più recente o un film: provare a guardarla come se fossi ancora un bambino, compiendo un percorso di regressione che mi avrebbe portato di nuovo negli anni '90. Non è semplice scrollarsi di dosso dieci anni e tutti i pensieri, le preoccupazioni, i doveri attuali: bisogna riuscire a trovare un determinato equilibrio interiore, che in certi periodi è impossibile avere.
Anche per questo, la visione di questo cartone ha richiesto un periodo molto lungo: dopo essermi procurato tutti e 33 gli episodi (compreso quello all'epoca censurato), ho impiegato più di un anno per vederli tutti, terminando giusto ieri sera. Devo dire che l'esperimento non è del tutto riuscito: per quanto cercassi di evitarlo, mi era impossibile non notare l'estrema semplicità/ingenuità di certi dialoghi, la morale spicciola, i personaggi stereotipati. Ma il mondo di Romeo non è solo fatto di bianchi e neri, c'è anche il grigio: il bene non vince sempre, il male non ha la giusta punizione, alcuni personaggi sono ambigui e la morte colpisce indiscriminatamente. Ed è allora che scatta la sospensione dell'incredulità, che si crea un legame empatico con le vicende sullo schermo ed è così che per alcuni istanti ce l'ho fatta, sono tornato bambino, con gli occhioni dilatati a fissare lo schermo e in mano una tazza di camomilla, immancabile prima della nanna.
Durante il sospirato epilogo avrei probabilmente pianto, se avessi un cuore, ma visto che sono impassibile come una roccia, me ne sono andato con un magone sullo stomaco, un misto di liberazione e malinconia. Se la malinconia fosse per il finale di Romeo o per la mia infanzia perduta, è impossibile dirlo.