Report sulla fine dell’euro (estratto)
I dibattiti popolari sul break-up dell'euro sottostimano considerevolmente le conseguenze di un avvenimento del genere. Il costo di abbandono dell'euro per un paese 'debole' è significativo. Tra le conseguenze vi sono il default dello Stato, i default aziendali, il crollo del sistema bancario e il crollo del commercio internazionale. Ci sono basse possibilità che la svalutazione possa offrire un qualche tipo di assistenza.
Stimiamo che l'abbandono dell'euro da parte di un paese 'debole' comporterebbe per la sua popolazione un costo pro-capite compreso tra circa 9.500 e 11.500 euro nel primo anno, e negli anni successivi un costo pro-capite probabilmente compreso tra i 3.000 e i 4.000 euro annui. Ciò equivarrebbe a una perdita del PIL tra il 40 e il 50% nel primo anno.
Il costo economico dell'operazione sarebbe, per diversi motivi, la minore preoccupazione per gli investitori riguardo un break-up dell'euro. La frammentazione dell'unione monetaria comporterebbe costi politici. L'influenza internazionale dell'Europa in qualità di 'soft power' cesserebbe (e il concetto stesso di 'Europa' come area integrata perderebbe di significato). È importante anche notare che quasi
nessuna unione monetaria moderna basata su valuta fiat (cioé valuta cartacea, non vincolata a materie prime) si è disintegrata senza alcune forme di governo autoritario o militare, o di guerre civili.
L'idea che uno Stato che abbandona l'euro possa immediatamente ottenere un vantaggio competitivo tramite la svalutazione della moneta di nuovo conio non trova plausibile riscontro nella realtà. Il resto dell'area euro (e il resto dell'Unione europea) difficilmente guarderebbe alla secessione di uno dei paesi membri con indifferenza. Nel caso in cui la nuova moneta si deprezzi del 60% rispetto all'euro, è molto plausibile che l'eurozona imporrebbe una
tariffa doganale del 60% (o anche più alta) verso gli export del paese in uscita dall'area. La Commissione europea fa esplicito riferimento alla questione affermando che se un paese membro abbandonasse l'euro "compenserebbe" ogni fluttuazione della moneta di nuovo conio. È anche importante notare che uscire dall'eurozona comporterebbe l'uscita dall'UE, annullando quindi gli accordi commerciali con il resto d'Europa.
Riteniamo che un paese 'debole' che abbandoni l'euro vedrebbe la propria valuta deprezzarsi
del 60% contro l'euro. Per fare un paragone appropriato dobbiamo considerare i dissesti dell'America latina - l'Argentina o l'Uruguay all'inizio di questo secolo. Una perdita di valore della moneta tra il 50 e il 60% ci appare ragionevole se considerato sotto questo aspetto.
I default sovrani e aziendali conseguenti genererebbero un aumento del premio al rischio per l'accesso al credito - ammesso che il sistema bancario nazionale sia in qualche modo in grado di erogare credito. Facendo una stima molto conservativa ciò comporterebbe un aumento di 700 punti base (+7%) del premio al rischio. Qualora il sistema bancario fosse completamente paralizzato (possiamo trovare un precedente nell'Argentina o nel crollo del sistema bancario statunitense durante il crollo dell'unione monetaria americana negli anni 1932-33) il costo di accesso al credito sarebbe di fatto infinito. Nel caso di estrema paralisi della finanza, non esisterebbe accesso al credito.
Riteniamo che l'attività commerciale diminuirebbe del 50%. Il dato si basa sulle conseguenze della secessione dall'UE e su una qualche forma di imposizione di barriere doganali da parte dell'UE per compensare la svalutazione della moneta da parte dell'ex paese membro.
Riteniamo infine che il fallimento del sistema bancario comporterà dei costi. Basandoci su quanto accaduto in Argentina
il costo di ricapitalizzazione del sistema bancario verrebbe sostenuto dai correntisti. Il governo argentino forzò la conversione dei depositi in dollari in pesos con il vecchio tasso di cambio ufficiale, e quindi procedette a svalutare contro il dollaro. Il meccanismo preciso non è importante, ma dà un'idea della dimensione dello shock economico e del costo di stabilizzazione del sistema bancario. In questo caso, con una svalutazione del 60%, ipotizziamo un equivalente perdita del 60% del valore dei depositi nel sistema. Ovviamente dobbiamo anche ipotizzare una corsa allo sportello prima che la secessione abbia luogo. Considerando un prelievo del 50% dei depositi prima della secessione (o prima che il sistema bancario venga reso inaccessibile in anticipazione della secessione) dobbiamo quindi parlare di imposizione di un costo del 60% sul 50% dei depositi correnti.
Utilizzando i paesi del sud Europa come punto di riferimento, possiamo quindi ipotizzare una stima molto vaga del costo di uscita dall'euro. In base ai fattori considerati un paese che abbandoni l'euro dovrebbe attendersi un costo pro-capite compreso tra i 9.500 e gli 11.500 euro in fase di secessione dall'eurozona. È importante ricordare che
mentre il costo di ricapitalizzazione delle banche è una tantum, il costo del premio al rischio e della stagnazione commerciale è da sostenersi anche negli anni successivi. Diciamo quindi che il costo economico
iniziale sarebbe compreso tra i 9.500 e gli 11.500 euro pro-capite, e successivamente tra i 3.000 e i 4.000 euro annui pro-capite.
Queste sono stime conservative. Le conseguenze economiche di disordini civili, secessione interna al paese che abbandona l'euro, ecc. non sono compresi in questi valori.