Watson 'shock': ''Neri africani meno intelligenti di bianchi''
Il genetista, premio Nobel per la Medicina, durante un ciclo di visite nel Regno Unito per la presentare un suo libro: ''La teoria secondo cui la capacità raziocinante è uguale per tutti gli uomini, è falsa". E ha aggiunto: "Entro una decina d'anni saremo in grado di identificare i geni responsabili delle differenze tra le intelligenze"
Roma, 17 ott. (Adnkronos Salute) - "Le persone di colore africane sono meno intelligenti dei bianchi". Questa l'affermazione shock pronunciata non da una persona qualunque, ma dal premio Nobel per la medicina, il genetista James Watson(nella foto). Lo scienziato, che ha svelato i segreti del Dna, ha spiegato, durante un ciclo di visite nel Regno Unito per la presentare un suo libro, che "la teoria secondo cui la capacità raziocinante è uguale per tutti gli uomini, è falsa".
Le frasi finite sotto accusa sono riportate dal quotidiano britannico 'The Indipendent', e riaprono antiche e mai sopite dispute sui presunti livelli di intelligenza dell'uomo a seconda dell'etnia di appartenenza. "Le politiche occidentali nei confronti dei Paesi africani - ha detto il 79enne Watson, parlando del rapporto tra scienza e 'razze' - sono basate su un errore di fondo. Cioè sull'assunzione che le persone di colore sono tanto intelligenti quanto i bianchi. Mentre i risultati nei test rivelerebbero il contrario". E come se non bastasse, ha aggiunto che "entro una decina d'anni saremo in grado di identificare i geni responsabili delle differenze tra le intelligenze". Per poi dare il colpo di grazia al 'politically correct' affermando: "Chiunque abbia avuto a che fare con un impiegato di colore sa che non è vero che tutti gli uomini sono uguali".
Un punto di vista che anticiperebbe frasi contenute nel libro di prossima pubblicazione a firma di Watson: 'Avoid boring people: lessons from a life in science'. Scorrendo le pagine si legge: "Non c'è alcuna solida ragione per affermare che le capacità intellettuali di popolazioni separate geograficamente nella loro evoluzione si siano sviluppate in maniera identica. La nostra volontà di assegnare a tutti, in maniera uguale, le medesime capacità intellettive non è sufficiente a provare che si tratti della realtà". Tutte affermazioni 'bomba' che la Equality and Human Rights Commission ha detto di voler analizzare nella loro interezza per decidere se si tratti o meno di espressioni di razzismo.
E' un fatto, però, che le frasi di Watson riaccendono un dibattito scientifico aperto nel 1990 dal libro 'The Bell Curve', scritto tra gli altri dallo scienziato Usa Charles Murray. In quel volume si sosteneva, come oggi da Watson, che la genetica determina anche differenti quozienti intellettivi. E dunque le differenti etnie hanno intelligenze diverse. Allora come ora anche la comunità scientifica stigmatizza queste dichiarazioni, bollandole come non scientifiche, prive di fondamento e in realtà frutto di pregiudizi personali.
Il genetista oggi nella bufera non è nuovo però a dichiarazioni 'eretiche'. La comunità scientifica mondiale, pur riconoscendogli il merito di aver aperto la strada della genetica, lo ha sempre considerato una 'testa calda'. Solo dieci anni fa Watson aveva sostenuto che "se fosse possibile avere un test genetico in grado di determinare l'orientamento sessuale del feto, l'aborto sarebbe giustificabile qualora la futura mamma dovesse scoprire che il bambino sarebbe omosessuale". Una frase che cercò di stemperare definendo "ipotetica" la scelta della donna "che non sarà mai possibile attuare". E ancora, il genetista avrebbe teorizzato un collegamento tra l'attività sessuale e il colore della pelle. Secondo questa ipotesi "le persone di colore hanno una maggiore libido". Altra frase a effetto targata Watson, quella secondo cui, prima o poi, "sarà possibile curare la stupidità grazie allo screening e all'ingegneria genetica". E gli possono essere attribuiti anche sconfinamenti vagamente sessisti secondo cui "nel futuro potrebbe diventare realtà la manipolazione dei geni in modo da far nascere solo ragazze belle".
Fonte: http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.1438741991
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Leggendo queste cose viene un po' di paura. Per essere precisi, paura che la gente possa prendere a pretesto le tesi del signor Watson, Nobel per la medicina nel 1967, per giustificare un mai sopito razzismo sulla base di dati tra virgolette scientifici che attestano della superiorità razziale dei bianchi.
Non che manchino altri deliri del genere ma, appunto, Watson è un Nobel e il Nobel fa tanto figo.
Tanto più che l'anteprima del Corriere della Sera di domani sembra riportare la notizia in modo molto più ambiguo di quanto non sia lecito aspettarsi.
Ora, non conoscendo in modo preciso gli argomenti del libro di Watson mi è impossibile criticarlo - parto dal presupposto, comunque, che una persona capace di sparate grosse come "Chiunque abbia avuto a che fare con un impiegato di colore sa che non è vero che tutti gli uomini sono uguali" sia come minimo una persona con seri disturbi mentali. Inoltre, ho forti dubbi che Watson abbia confrontato i propri studi con quelli etnografici ed antropologici, dato che ciò sarebbe stato sufficiente a fargli notare come le sue ricerche poggino su basi insostenibili dal punto di vista dell'oggettività scientifica. Questo a prescindere dalle analisi al microscopio e dai test di laboratorio, su cui sono davvero curioso di sapere di più.
Siete liberi, senza sconfinare nel razzismo ad minchiam e nelle offese gratuite, di commentare e di prendere spunto dall'articolo di cui sopra in modo abbastanza libero. Gli spunti possibili sono numerosi, dal rapporto tra scienza e divulgazione alla responsabilità dello scienziato da salottino televisivo, dalla necessità umana di razionalizzare paure e stereotipi alle questioni etiche riguardanti la genetica. Inoltre, mi chiedo se sia possibile revocare un premio Nobel per manifesta stupidità.