Né il Mar Rosso né tanto meno le Colonne d'Ercole costituivano dunque un tabù, e le flotte militari e civili romane le varcavano regolarmente, avendo ereditato dalla sconfitta Cartagine le rotte in direzione delle coste africane occidentali e delle Isole Fortunate: le Canarie, le Azzorre, Madeira. «Le Isole Fortunate distano da queste 250 miglia e sono situate di fronte alla parte sinistra della Mauritania, in direzione Ovest Nord-Ovest. Una di esse si chiama Invalli per la sua superficie convessa; essa misura 300 miglia di circonferenza; un'altra Pianosa prende il nome dalla sua conformazione...» afferma Plinio nella sua Storia Naturale, aggiungendo subito dopo che anche Giuba, re della Mauritania, si prese la briga di esplorarle riportando da una di esse, Canaria, due esemplari di quei caratteristici cani di grossa taglia che diedero il nome all'isola e all'intero arcipelago.
Come si può intuire le navi che affrontavano le acque oceaniche possedevano stazza e caratteristiche di tutto rispetto.
Se si conosce ancora ben poco infatti delle antiche navi da guerra romane, al contrario quelle adibite a scopo mercantile hanno lasciato molte più tracce nelle testimonianze scritte degli antichi oltre che sul fondo del mare. La nave greca rinvenuta al largo di Marsiglia nel 1954 e risalente al III sec. a. C. era lunga 33 metri e cosa sorprendente per gli archeologi che la studiarono, risultò rivestita di piombo a scopo di protezione dai parassiti marini: sarebbe stata perfettamente in grado, in altre parole, di affrontare una traversata oceanica.
Ma vascelli con una stazza tra le 300 e le 500 tonnellate erano piuttosto normali all'epoca. Se poi erano adibite al trasporto di carichi pesanti come il marmo (navi lapidarie) esse potevano raggiungere anche tonnellaggi maggiori: «...Luciano ci ha lasciato la descrizione di una nave romana lunga 54 metri, larga 14 e con un dislocamento di 1.000 tonnellate nella quale l'albero di maestra si trovava al centro dello scafo, portava una vela quadrata, raddoppiata da una seconda vela superiore e la poppa e la prua erano rialzate...», riporta Elio Cadelo a p. 20 del suo volume.