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Vi ricordate la famosa invettiva del cittadino Pietro Ricca che davanti alle telecamere, dopo la deposizione del premier durante una fase del dibattito sul processo SME grido' «buffone» al cavaliere. Contro di lui si è infatti aperto a Milano il processo proprio per quella frase. Ingiuria è il reato di cui è accusato, querelato da Berlusconi il quale in quell'occasione intimò ai carabinieri presenti di fermare il colpevole.
Il cavaliere si lamentava sostenendo trattarsi di per l’offesa alle istituzioni. Ma è una tesi subito rigettata dai giudici che ha respinto la richiesta di costituzione di parte civile da parte della Presidenza del Consiglio. L’ingiuria, ha sostenuto il giudice, si riferisce alla persona, non all’istituzione.
Pietro Ricca si difende in due modi, a mio parere uno corretto e l'altro pericoloso.
«Il mio era solo un esercizio del diritto di critica» si difende il Ricca con tutta una serie di valide considerazioni che vi risparmio.
Ma la linea di difesa prevede anche che il Ricca sostenga di aver detto "puffone" e non "buffone" sfruttando l'assonanza delle consonanti labiali. Il processo a Ricca è stato rinviato al 26 novembre per consentire da parte di esperti fonici una perizia sulle cassette video registrate nell’aula dell’udienza al momento dell’episodio.
Credo sia un errore in quanto non so se al Cavaliere, che tanto tiene alla sua immagine e in piena fase di ricrescita capelli (vedi altro 3ad per notizie sulla "crescina") e che invece ci tiene ad essere un compagnone guascone con tanto di bandana e Apicella, dia più fastidio essere apostrofato come "buffone" o "puffone".
Ai giudici l'ardua sentenza.
Dimenticavo: Il processo si svolgerà senza le telecamere e a porte chiuse in quanto si presume che in sede di verifica delle prove il Ricca si metterà in piedi davanti al cavaliere e pronuncerà ripetutamente le due parolo in modo che, senza condizionamenti, il nostro premier possa captare l'assonanza di ciò che fu detto a suo tempo.