Apotheon – Recensione

Se c’è un genere che continua a funzionare alla grande è quello dei cosiddetti Metroidvania. Questa categoria permette infatti di mettere in piedi un modello di gameplay estremamente appagante, fondendo più generi (platform e RPG su tutti) per dar vita a un prodotto decisamente complesso, ricco di sfaccettature e dotato quasi sempre di un buon livello di sfida. Anche la recente incarnazione di Strider è stata rivista in questa particolare chiave di lettura e sebbene tale svolta non sia stata gradita dai soliti irriducibili nostalgici, a noi non è affatto dispiaciuto il reboot operato da Double Helix. L’unica critica che gli si poteva muovere riguardava l’eccessiva potenza del protagonista, una volta superata la prima metà del gioco. Ma del resto la crescita del proprio personaggio, attraverso lo sblocco di nuove armi e potenziamenti, è alla base di questo genere e nessun titolo fa eccezione a tale regola. Il calibrare la difficoltà è un procedimento un po’ più complesso, che non sempre riesce alla perfezione.
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Guerrieri o campioni?

Probabilmente proprio per questo motivo in Apotheon troviamo due livelli di difficoltà selezionabili fin da subito: uno base, detto warrior, e uno assai più infame che prende il nome di champion, caratterizzato da nemici più forti, veloci e resistenti.
Scelta interessante, esattamente come lo stile grafico adottato, che si rifà alla decorazione figurata dei vasi della Grecia antica. Una soluzione stilistica che si accorda perfettamente con il design bidimensionale di questo platform, davvero degna di lode in termini di design. Ci troviamo al cospetto di uno dei prodotti più originali e visivamente interessanti degli ultimi anni. Bisogna dare atto ai grafici di aver portato a termine un lavoro superbo, realizzando un qualcosa di davvero speciale, riuscendo a caratterizzare ogni location in modo assolutamente unico e particolare. E vista l’iconografia classica legata al quel significativo periodo storico, l’unica trama sensata non poteva che coinvolgere le divinità olimpiche.

Non di solo Kratos si vive

Il Fantasma di Sparta e la sua furia iconoclasta devono aver in qualche modo ispirato i ragazzi di Alien Trap, che per il loro Apotheon hanno deciso di far piazza pulita degli Olimpi (o buona parte di essi). Il succo del discorso è che gli dei hanno definitivamente voltato le spalle all’uomo: la terra è arsa e non dà frutti, il mare è privo di pesci, il sole brilla appena nel cielo e, più che tutto, Zeus ormai ci considera solo un peso. Per nostra fortuna la sua cronica infedeltà ha reso Era, sua sposa, un filo irritata, tanto da agognare una furiosa vendetta nei confronti del consorte. Non potendo però ribellarsi al Padre degli Dei, affiderà il difficilissimo compito a un campione, Nikandreos, un guerriero greco che sua malgrado si troverà sulle spalle il destino del mondo intero.
[quotedx]Bisogna dare atto ai grafici di aver portato a termine un lavoro superbo[/quotedx]
Ascesi al Monte Olimpo, affronteremo quindi sei tra le maggiori divinità elleniche (Ade, Apollo, Artemide, Atena, Ares e Poseidone), più Zeus stesso. A ognuna di queste è associata una macro area, dove ci verranno imposte varie sfide, generalmente una serie di obiettivi da portare a termine. Alcune metteranno a dura prova le nostre abilità di “platformari”, altre invece – la maggior parte a dirla tutta – ci vedranno combattere contro creature mitologiche d’ogni risma, ivi compresi ciclopi, chimere, giganti e semi-dei assortiti.
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Il mio regno per uno scudo!

Di nemici insomma ce ne sono a pacchi e non è un caso che buona parte del design legato ai combattimenti sia incentrato sul comportamento della varie armi. Nikandreos può maneggiare un gran numero di strumenti d’offesa, comprese spade, mazze, lance, giavellotti e molte altre, ognuna delle quali in grado di generare uno specifico danno, sebbene siano la forma e le dimensioni a fare la vera differenza. Per esempio con una lama corta si possono portare più colpi di fila rispetto all’affondo di una lancia, che in compenso però infliggerà molti più danni con un singolo movimento. Non mancano ovviamente le armi da lancio come accette, fionde e archi, con numerose tipologie di frecce in grado di determinare diversi tipi di danni. Il protagonista può anche piazzare trappole sul terreno, lanciare delle urne esplosive (utili anche per abbattere alcuni muri) e persino evocare lupi e scheletri dal terreno. In certi casi è anche possibile craftare alcuni di questi oggetti, sebbene di base si possano solo realizzare bombe e medikit. Ulteriori upgrade in merito sono disponibili presso alcuni rivenditori, che ci potranno anche fornire miglioramenti in grado di renderci più forti ed efficaci in battaglia.

[quotesx] in Apotheon armi e scudi si consumano col tempo e possono rompersi definitivamente[/quotesx]
Anche l’armatura, suddivisa in diversi pezzi, può essere migliorata, fra l’altro regalandoci un concreto feedback visivo, dato che il vestiario cambierà l’aspetto di Nikandreos, rendendo sempre più simile a un guerriero spartano. È interessante notare anche la funzionalità dei vari scudi, che dovremo sfoderare per difenderci dagli attacchi diretti. Ve ne sono di fogge e caratteristiche differenti, alcuni più grandi di altri, magari anche dotati di qualche particolare potere difensivo. Non sono però eterni: in Apotheon infatti armi e scudi si consumano col tempo e possono rompersi definitivamente. Non è possibile ripararli, quindi bisogna tenere sempre d’occhio l’apposito indicatore. Mal che vada, dovremo fare affidamento sulle nostre abilità, cercando di schivare i vari attacchi. Non è assolutamente semplice, anche perché quando ci si ritrova accerchiati, il solo cambiare arma al volo può risultare assai complicato. In tutto questo bisogna anche considerare la non sempre fantastica gestione dei combattimenti, con alcune collisioni piuttosto sospette. Di tanto in tanto si ha proprio l’impressione che certi colpi si perdano nel nulla.
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Ottima invece la componente esplorativa, che regala non poche soddisfazioni. Il gioco è ricco di segreti e attività secondarie e ogni livello merita di essere visitato da cima a fondo. L’importante è avere sempre dietro un buon numero di grimaldelli, come Resident Evil insegna, in modo da aprire porte e forzieri speciali. Fra l’altro, nonostante il backtracking sia una tipica caratteristica dei metroidvania, in Apotheon se ne vede ben poco, più che tutto circoscritto alle missioni secondarie, che nessuno di fatto vi obbliga a completare. Anche perché non troverete le classiche aree irraggiungibili, legate allo sblocco di una qualche particolare abilità. Forse anche per questo è possibile arrivare allo scontro finale in circa otto ore (attività extra escluse), una cifra ragionevole, ma non certo straordinaria se paragonata ad altre produzioni.

Due parole infine sulla realizzazione tecnica: se dal punto di vista stilistico ci si può solo togliere il cappello, qualche magagna saltuariamente rovina un po’ l’esperienza su PS4. Ci riferiamo ad alcuni inspiegabili rallentamenti e a diversi crash che hanno portato alla chiusura forzata del gioco. Per fortuna è sempre possibile salvare in qualsiasi momento, come nei titoli vecchia scuola e sinceramente vi consigliamo di farlo spesso e volentieri. Su PC invece tutto fila liscio ed è anche supportato il 4K nativamente, per i fortunati possessori di un monitor Ultra HD.

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