La magniloquente ouverture, dove il Poeta del Vintage sussurra: “Io c’ero. E voi?”
Questo è l’approccio di π-retro (che si legge Pi-Retro): gettare uno sguardo al passato per capire il presente, e magari azzeccarci qualcosa del futuro dei videogame, facendo quadrare il cerchio dei corsi e ricorsi videoludici.
Per quanto possibile, eviterò di sciorinarvi una pura e semplice sequela di recensioni di questo o quel classico del passato. Andiamo, esistono migliaia di siti, così, alcuni splendidi, enciclopedici, feticistici, maniacali. Il che è ottimo, perché così potrò dedicarmi a qualcosa di un po’ differente: ricostruire, almeno un po’, l’atmosfera che si respirava in quegli anni. Pensateci: i videogame, più di altri mezzi di comunicazione, risentono del contesto. Con quale periferica si giocava ad Arkanoid? Quanto costava, nel 1972, una partita a Pong? Ma è vero che per giocare in sala giochi a Dragon’s Lair nel 1984 bisognava fare file anche di mezz’ora? Davvero è esistita un’epoca in cui i videogame orientali ci mettevano anni per farsi vedere anche qui da noi? (Ok, in questo caso è vero anche per il presente, cazzarola!). E ancora: com’è che nell’Italia degli anni Ottanta potevano uscire in edicola collection di giochi perfettamente localizzati nella nostra lingua eppure fatti senza il permesso dei publisher originali? E quali sono i giochi che sono stati acclamati come classici all’epoca della loro uscita, salvo poi cadere rapidissimamente nel raggelante dimenticatoio videoludico, a torto o a ragione?
Li scrivo un po’ a casaccio come mi vengono in mente, i tanti modi di “ritrarre” i videogiochi in azione nella loro epoca. E a voi? Ve ne vengono in mente altri? Avete curiosità in merito a questi ultimi quaranta e passa anni della storia dei videogame? Be’, io c’ero, magari posso aiutare. Sono del 1974, non c’ero proprio fin dagli albori, e in alcuni casi c’ero ma non capivo niente (ricordo ancora lo shock della mia prima partita a Space Invaders, a sei anni con immancabile volo giù dallo sgabello). Ma di certo c’ero quando le ragazze in sala giochi impazzivano per Frogger, c’ero quando i sequencer per Amiga rendevano la musica un gioco più intrigante di molti giochi propriamente detti, c’ero quando gli ultrà nel bar davanti allo stadio ti rispettavano se sapevi giocare a Circus Charlie nonostante tu avessi 11 anni e non ne capissi niente di calcio. C’ero quando in sala giochi per tutto il pomeriggio ascoltavi sempre lo stesso disco dei Van Halen, assieme a un sovrapporsi dodecafonico di suoni provenienti da quaranta coin-op. C’ero quando l’amico smanettone aveva scaricato Doom shareware con un modem che arrancava a pochi bit/secondo. C’ero in infiniti mondi, in infinite vite, a volte anche in vite infinite se il cheat code funzionava. E c’ero anche quando arrivarono gli emulatori, commerciali e non, e qualcuno cominciò a parlare di retrogaming, e molte persone si resero conto che avere una 3DFX e una Vodoo non era così per forza di cose vitale, e che non è tutto next-gen quello che luccica.
C’ero, e se state ancora leggendo, forse c’eravate anche voi, a partecipare alla creazione collettiva di questa storia, fatta di giochi, è vero, ma fatta allo stesso tempo di giocatori. Se c’eravate, spero vi unirete a questo racconto. E se non c’eravate, beh, mettetevi comodi se vi va, perché io – e gli altri vegliardi che scriveranno su questo canale – abbiamo un sacco di cose da raccontarvi.