Lasciamo stare le console, quelle non contano in questo genere di discorso. E se contassero, vincerebbero a mani basse.
Perché videogiocare su PC è diventato, sempre più nel corso degli anni, un ottimo esercizio per sviluppare una serie di “skill” in ambito informatico di cui molti di noi avrebbero sicuramente fatto volentieri a meno. Ai tempi
Lasciamo stare le console, quelle non contano in questo genere di discorso.
E se contassero, vincerebbero a mani basse. Perché videogiocare su PC è diventato, sempre più nel corso degli anni, un ottimo esercizio per sviluppare una serie di “skill” in ambito informatico di cui molti di noi avrebbero sicuramente fatto volentieri a meno.
Ai tempi del DOS siamo stati costretti a diventare maestri nell’ottimizzazione della memoria, per liberare quanti più Kb possibili dei famigerati 640 a disposizione nella memoria base: QEMM, gestori di memoria espansa ed estesa, modifiche certosine ai vari config.sys e autoexec.bat…
Il mio record fu di 637 Kb liberi: con quella configurazione, ottenuta dopo ore di prove, tentativi, programmi più o meno utili, potevo giocare praticamente a tutto. E non solo: occorreva anche conoscere gli indirizzi IRQ e DMA della scheda sonora, altrimenti col piffero che sentivi qualche suono uscire dalle casse, e ti toccava giocare con lo speaker. È capitato anche di comprare chip da mezzo mega di memoria da installare sulla scheda video con gli “slot” vuoti per passare da 512 KB a 1 MB di RAM video, e poter ambire così a una risoluzione leggermente più elevata (tipo 400×300 invece di 320×200).
I giochi sotto Windows 3.1 richiedevano le WinG, altro bel casino… Che per fortuna è durato poco.
Poi, qualche mese dopo, è arrivato Windows 95, è cambiato tutto e si è dovuto ricominciare da capo: driver di periferiche da configurare a mano, file .ini da taroccare, le DirectX che cambiavano versione ogni due per tre e spesso non erano compatibili all’indietro, quindi dovevi come minimo averle installate in diverse cartelle, mettere magari i file nella root del gioco perché venissero usate quelle librerie e non altre… In quegli anni c’è stato anche l’avvento delle prime schede acceleratrici: altro hardware da montare (altra skill importantissima per un videogiocatore!), driver dedicati da installare, versioni ad hoc dell’eseguibile di un gioco per farlo girare in versione “accelerata”…
Con l’avvento di XP, delle schede video più potenti e dei giochi graficamente più complessi, abbiamo dovuto imparare a capire cosa fossero i vari “antialiasing”, “vsync”, ecc., e in molti casi si perdevano pomeriggi a raffinare le impostazioni grafiche per poter far girare il gioco al massimo dettaglio possibile senza compromettere troppo le prestazioni, eseguire i vari timedemo e così via. Questo è un problema che rimane anche adesso, a cui però io personalmente dò molta meno importanza: spesso i giochi rilevano automaticamente le impostazioni migliori, e nella stragrande maggioranza dei casi mi vanno più che bene. Non ho più voglia di star lì a smanettare, che ci volete fare?
Con il passare del tempo molte altre cose si sono risolte. In compenso si sono fatti più complessi i giochi (e questo vale anche per le console): se dieci anni fa per giocare a Quake bastavano tre comandi in croce, più o meno sempre quelli, oggi ci sono una ventina di tasti da configurare, e riuscire a fare tutto al meglio richiede non poca destrezza manuale, a volte elasticità mentale (se i comandi non sono riconfigurabili a piacimento, per esempio) e una buona dose di pazienza per riuscire a sentire di avere finalmente il controllo della situazione. La pazienza e una certa predisposizione servono anche per capire quando un gioco è bacato e si blocca per cavoli suoi o non sia invece il PC che ha qualche grana… Allora si impara a diventare esploratori della rete, dei forum di appassionati, per capire se altri hanno lo stesso problema, come l’hanno risolto, se è uscita la patch…
A ripensarci, non stupisce che allora fossimo così in quattro gatti a giocare: a meno di non essere uno smanettone o di avere un amico nerd, il videoludo era davvero roba per pochi. E poi uno si chiede perché il Wii ha tanto successo.
E se contassero, vincerebbero a mani basse. Perché videogiocare su PC è diventato, sempre più nel corso degli anni, un ottimo esercizio per sviluppare una serie di “skill” in ambito informatico di cui molti di noi avrebbero sicuramente fatto volentieri a meno.
Ai tempi del DOS siamo stati costretti a diventare maestri nell’ottimizzazione della memoria, per liberare quanti più Kb possibili dei famigerati 640 a disposizione nella memoria base: QEMM, gestori di memoria espansa ed estesa, modifiche certosine ai vari config.sys e autoexec.bat…
Il mio record fu di 637 Kb liberi: con quella configurazione, ottenuta dopo ore di prove, tentativi, programmi più o meno utili, potevo giocare praticamente a tutto. E non solo: occorreva anche conoscere gli indirizzi IRQ e DMA della scheda sonora, altrimenti col piffero che sentivi qualche suono uscire dalle casse, e ti toccava giocare con lo speaker. È capitato anche di comprare chip da mezzo mega di memoria da installare sulla scheda video con gli “slot” vuoti per passare da 512 KB a 1 MB di RAM video, e poter ambire così a una risoluzione leggermente più elevata (tipo 400×300 invece di 320×200).
I giochi sotto Windows 3.1 richiedevano le WinG, altro bel casino… Che per fortuna è durato poco.
Poi, qualche mese dopo, è arrivato Windows 95, è cambiato tutto e si è dovuto ricominciare da capo: driver di periferiche da configurare a mano, file .ini da taroccare, le DirectX che cambiavano versione ogni due per tre e spesso non erano compatibili all’indietro, quindi dovevi come minimo averle installate in diverse cartelle, mettere magari i file nella root del gioco perché venissero usate quelle librerie e non altre… In quegli anni c’è stato anche l’avvento delle prime schede acceleratrici: altro hardware da montare (altra skill importantissima per un videogiocatore!), driver dedicati da installare, versioni ad hoc dell’eseguibile di un gioco per farlo girare in versione “accelerata”…
Con l’avvento di XP, delle schede video più potenti e dei giochi graficamente più complessi, abbiamo dovuto imparare a capire cosa fossero i vari “antialiasing”, “vsync”, ecc., e in molti casi si perdevano pomeriggi a raffinare le impostazioni grafiche per poter far girare il gioco al massimo dettaglio possibile senza compromettere troppo le prestazioni, eseguire i vari timedemo e così via. Questo è un problema che rimane anche adesso, a cui però io personalmente dò molta meno importanza: spesso i giochi rilevano automaticamente le impostazioni migliori, e nella stragrande maggioranza dei casi mi vanno più che bene. Non ho più voglia di star lì a smanettare, che ci volete fare?
Con il passare del tempo molte altre cose si sono risolte. In compenso si sono fatti più complessi i giochi (e questo vale anche per le console): se dieci anni fa per giocare a Quake bastavano tre comandi in croce, più o meno sempre quelli, oggi ci sono una ventina di tasti da configurare, e riuscire a fare tutto al meglio richiede non poca destrezza manuale, a volte elasticità mentale (se i comandi non sono riconfigurabili a piacimento, per esempio) e una buona dose di pazienza per riuscire a sentire di avere finalmente il controllo della situazione. La pazienza e una certa predisposizione servono anche per capire quando un gioco è bacato e si blocca per cavoli suoi o non sia invece il PC che ha qualche grana… Allora si impara a diventare esploratori della rete, dei forum di appassionati, per capire se altri hanno lo stesso problema, come l’hanno risolto, se è uscita la patch…
A ripensarci, non stupisce che allora fossimo così in quattro gatti a giocare: a meno di non essere uno smanettone o di avere un amico nerd, il videoludo era davvero roba per pochi. E poi uno si chiede perché il Wii ha tanto successo.