Nel caso in cui aveste iniziato a seguire questa rubrica fin dal primo capitolo, potrebbe esservi sorto il dubbio su quale avrebbe potuto essere la prossima saga videoludica a fare la sua violenta comparsa sul palco. Compiendo un atto di profonda e inattesa analisi, non dovrebbe stupirvi il fatto che sia stata la stessa domanda che mi sono posto anche io.
La risposta è arrivata fulminea, letteralmente come un pugno nello stomaco, un metallico destro pieno di tutta la cattiveria di cui si ha bisogno per affrontare una saga che è riuscita ad arrivare, più o meno indenne, fino al suo settimo capitolo. Escludere da una produzione che parla di villain, un picchiaduro all’interno del quale viene organizzato il Torneo del Re del Pugno di Ferro, sarebbe stato come eliminare dalla storia delle serie tv, Beautiful: tutti avremmo voluto farlo ma sappiamo che, volenti o nolenti, ha forgiato un pezzo inossidabile della nostra vita.
Il paragone non è assolutamente casuale, dato che Tekken ha visto quasi lo stesso numero di resurrezioni, risse tra parenti nella trama e rotture insanabili tra i propri amici sul divano. Senza ulteriori indugi possiamo dare il via all’incontro, addentrandoci nelle cruente vicende dell’immortale famiglia Mishima.
Premio – Il cruento re dal pugno di ferro – Bryan Fury

Non è un caso che questo premio abbia nel suo nome delle reminescenze delle opere di Quentin Tarantino, infatti, il suo vincitore, Bryan Fury, non avrebbe sfigurato in nessuna delle produzioni del regista americano. L’aggressivo e psicotico sadico porta con se tutta la cattiveria di cui sono capaci solamente quei poliziotti buoni che vengono crivellati di proiettili a Hong Kong per essere in seguito resuscitati come cyborg dal delirante Dr. Abel.
Un caso più unico che raro insomma, unico come la risata di Bryan, il suo vero marchio di fabbrica, assieme all’insensata voglia di picchiare il prossimo, che il mercenario instilla automaticamente in chiunque impugni il controller e lo selezioni come combattente. Gli archivi del torneo vogliono che il suo stile di combattimento sia la kickboxing, ma uno come Bryan Fury non ha, e non vuole avere, uno stile: lui ti picchia, punto. La Furia di Tekken malmena tutti i suoi avversari fin dal primo capitolo della serie e si guadagna di diritto il suo premio.
Premio – La fine della creatività di un character designer – True Ogre
Essere mandati al tappeto da un soggetto con un taglio di capelli come quello di Paul Phoenix, e badate bene che le capigliature sono da sempre fondamentali nella serie, escluderebbe di diritto il mal riuscito mash-up da qualsiasi classifica che possa definirsi tale.
Tuttavia la creatura in questione, evidenziando la canonica sensibilità nipponica che lo caratterizza in tutto il suo design, trova la forza interiore, per rinascere come True Ogre, nella frustrazione di essere stato battuto da un gradasso uscito direttamente dagli anni ottanta. Questa frustrazione e incazzatura, nella serie, prenderanno il nome di Gene del Diavolo.
La scarsa fantasia manifestata dai suoi designer con il nome viene battuta esclusivamente dall’aberrazione generata con la sua modellazione, che miscela tutti quegli elementi che fanno davvero cattivo per i giapponesi, senza farsi mancare nulla, serpenti compresi. Il vero gesto da villain compiuto da questo inconsistente frullato di Kaiju è la sua stessa presenza nella saga, condita dalla crudeltà di hitbox sbilanciate e danni senza un vero senso logico.
Premio – Non mi basta conquistare un solo videogioco – Akuma

Akuma in giapponese significa diavolo, mentre il suo nome nella localizzazione originale è Gouki, ovvero grande demone o grande Ogre: un’altra prova dell’attrazione dei creatori della serie per l’innovativo tema demoniaco. Qualcuno di voi potrebbe avere qualcosa da ridire, specialmente se consideriamo che la storia del perfido nasone ha origine da Street Fighter, serie di Capcom che molti anni fa si contendeva il trono dei picchiaduro proprio con Tekken.
Eppure ora siamo in altri tempi, dove il senso del genere ormai è scomparso, così come la separazione netta tra le varie IP, e a noi non resta che osservare il suo arrivo nella casa del rivale di un tempo. Stanco di riempire di botte quei palloni gonfiati di Ken e Ryu, il buon Akuma ha deciso, quindi, di prendere il suo Satsui no Hado e il suo gi con la demoniaca scritta Ten per affrontare una nuova avventura nel Torneo del Re del Pugno di Ferro 7. Voci di corridoio lo vogliono in qualche modo legato a una promessa fatta alla moglie di Heihachi, Kazumi: una scelta che a naso non si rivelerà molto intelligente.
Games Villains Awards – Terzo Posto – Kazuya Mishima

Eccoci arrivati a parlare della temuta famiglia Mishima e nella fattispecie del suo anello centrale, parlando in termini di generazioni, ovvero Kazuya Mishima. Il figlio di Heihachi, tutto in quest’ambientazione va considerato in riferimento all’immortale vecchietto, sfoggia da sempre un look anni novanta spiccatamente giapponese, con un taglio di capelli degno del miglior Oliver Hutton e delle sopracciglia ad ala di gabbiano da vero metrosexual ante litteram.
Il boss della Yakuza, come ogni cattivo che si rispetti, a tempo perso vuole controllare il mondo attraverso la corporation di famiglia e ha una fissazione per gettare i membri della stessa dal dirupo più alto che ha a disposizione in quel momento. Kazuya Mishima, indeciso da sempre sulla sua strada da intraprendere, è riuscito a giungere a patti con il Gene del Diavolo dentro di lui, creando una miscela interessante nella dicotomia tra bene e male che, tuttavia, non gli consente di arrivare oltre il terzo gradino del podio.
Games Villains Awards – Secondo posto – Jin “Devil” Kazama

Nello scorso episodio vi ho parlato di come Sephiroth abbia influenzato, a voi giudicare se positivamente o negativamente, un’intera generazione tra cosplayer e veri e propri nerd. La situazione è simile per quanto riguarda Jin Kazama, nipote di Heihachi ma che, come un’onta indelebile, porta il cognome della defunta madre, Jun.
Jin è uno di quei cattivi che da la colpa del suo desiderio di distruzione al diavolo che alberga nel suo corpo, una scusa che non funziona più dai tempi di The Italian Job. Tuttavia, l’importante è che nessuno si azzardi a farlo sapere al buon Kazama-san, il quale è la prova che non tutte le tremende manifestazioni demoniache ti trasformano in qualcosa di orribile e deforme.
Gene Del Diavolo, infatti, quando si infuria, diventa un angelo nero, tatuato e con delle corna che si allineano magistralmente al sempiterno taglio di capelli. Negli ultimi capitoli della serie, Gene, o Jin per gli amici, sta provando davvero a fare il cattivo, e ci potrebbe anche riuscire se non ci fosse Heihachi. Jin Kazama riesce a ottenere il piazzamento d’onore grazie ad un look impeccabile, qualche buona scelta da cattivo e, soprattutto, grazie alla sfacciataggine di continuare a farsi chiamare con il cognome della madre.
Menzione d’onore – Kazumi Mishima
Non voglio dilungarmi troppo nel parlare di Kazumi Mishima, che alcuni di voi non conosceranno, considerato che sarà la protagonista e la villain principale di Tekken 7, titolo in uscita in questi giorni nella sua versione console. Comunque vi basti sapere che Kazumi rientra appieno nella tematica ridondante dei precedenti villain che si compone di follia, possessione demoniaca e di legami familiari.
Come se non bastasse la sacerdotessa è riuscita nell’impresa più sconsiderata che chiunque possa tentare, ovvero sposare il vecchio Heihachi. Essendosi accorta di essere legata indissolubilmente al male personificato, adesso sta tentando la seconda missione impossibile della sua vita: uccidere l’immortale. Personalmente non credo che il Devil Gene che risiede nella donna sia un potere sufficiente per questa impresa, tuttavia il tentativo le vale la Menzione d’Onore.
Games Villains Awards – Vincitore – Heihachi Mishima

Se la serie è diventata uno dei capisaldi del genere e una delle icone fisse nella memoria di almeno un paio di generazioni di videogiocatori, tutto, e intendo davvero tutto, lo si deve a Heihachi Mishima. Heihachi è il vero leader del gioco, della Mishima Zaibatsu e di questa classifica.
Sopravvissuto nell’infanzia allo scontro con un tosaerba assassino, il quale gli ha lasciato in eredità un taglio di capelli leggendario ed un pessimo carattere, Heihachi è il vero immortale della serie. Dove tutti gli altri villain falliscono, arriva lui, umano e mortale, che riesce a dare la paga a creature che, come minimo, hanno anche il mignolo del piede posseduto dalle peggiori entità infernali.
In molti potranno sicuramente questionare sulla faccenda della mortalità, specialmente visto che parliamo di un uomo che non invecchia da più di vent’anni, tuttavia sono certo che il merito sia esclusivamente da attribuire al cibo giapponese e al suo rilassante hobby di collezionare sandali Geta.