Durante la Milan Games Week 2017 abbiamo avuto il grande piacere di fare quattro chiacchiere con Massimo Guarini: Founder e CEO di Ovosonico, il team di sviluppo italiano che ha dato alla luce il recente e sorprendente Last Day of June, di cui potrete leggere la nostra recensione al seguente indirizzo, e Murasaki Baby su PlayStation Vita nel 2014. Focalizzandoci totalmente sulla sua ultima opera, Guarini ci ha portato letteralmente per mano in un viaggio basato espressamente sul concetto di arte, musica ed emozioni: tutte componenti fondamentali presenti all’interno di Last Day of June.
GamesVillage: L’ispirazione per The last day of June è stato il pezzo Drive Home dall’album The Raven That Refused to Sing. Al di la del tema, come si parte da un brano musicale per arrivare ad un gameplay, a livello di design?
Massimo Guarini: La fonte d’ispirazione è stata senza dubbio la musica, in particolare quella di Steven Wilson. Nella mia mente, la musica funziona diciamo come un generatore di immagini, sia perché sono musicista sia perché riesco a trarne un vantaggio dall’ascolto, la musica mi ha permesso di idealizzare al meglio Last Day of June: scene, momenti, ambientazioni e molto altro. La dualità che si riscontra inoltre nelle musiche di Steven Wilson, ossia un misto alternato tra amarezza e dolcezza, hanno influenzato in modo netto alcune scelte stilistiche del gioco. Rispetto ad altre produzioni presenti nella games industry, io parto prima dalla musica e poi successivamente procedo col resto. O al massimo, lo sviluppo deve essere collaterale alla realizzazione musicale del prodotto. Last Day of June è l’esempio perfetto della mia visione produttiva.
GamesVillage: La meccanica del ritorno è al centro del gameplay. Non hai mai temuto che ripetere il tragico evento della morte di June più volte togliesse drammaticità al climax emotivo?
Massimo Guarini: Alla base del titolo troviamo la ripetizione delle ultime ore che portano poi alla morte di June. Questo per noi è stata una scelta di design, il giocatore rivive per più volte queste ore attraverso gli occhi di diversi personaggi. Figure che hanno avuto a loro insaputa un ruolo nella causa dell’incidente, effettivamente non vivono la giornata in modo tragico come ad esempio accade a Carl. La ripetizione ha un solo valore emozionale, il giocatore diventa empatico su quel che sta vivendo e il vedere la stessa scena da diverse angolature da al giocatore un significato completamente diverso.
GamesVillage: Last Day of June è un videogioco senza parole. Come mai questa scelta? La musica è sufficiente per esprimere il vario bagaglio di emozioni proposto al giocatore?
Massimo Guarini: La scelta di avere dialoghi, senza dialoghi, è stata dettata da una principale motivazione: a me piace personalmente coinvolgere il giocatore sul piano autoriale, dare insomma dei puntini o indizi che diano a chi usufruisce del nostro prodotto di elevare al massimo l’empatia. Ognuno dunque può dare la propria interpretazione ai dialoghi di Carl e June, senza parlarsi dunque riescono a dare la vera e propria chiave di lettura e significato a quel che sta accadendo sul molo.
GamesVillage: Le scelte estetiche nel gioco sono tutte lo specchio di qualcos’altro, in particolare delle emozioni. Parlaci del meraviglioso uso dei colori. Come è nata l’idea?
Massimo Guarini: Abbiamo scelto la palette di colori basandoci sulla volontà di creare un ambiente onirico, surreale e che idealizzasse lo stato d’animo di Carl e June. É un viaggio, questo dei colori, che porta all’elaborazione del lutto. Abbiamo dunque spinto molto sulla saturazione al fine di rendere pittorico Last Day of June, anche perché il tema del quadro/pittura si ricollega alla stessa passione della protagonista. I propri dipinti infatti, mostrano la realtà dei fatti vista dagli occhi di June. Tutto ciò dunque porta ad un rendering pittorico di stampo impressionistico condito però da un pizzico di realismo: all’interno del titolo abbiamo utilizzato delle tecniche cinematografiche come ad esempio le profondità di campo con sfocature varie e tagli che riescono a dare al tutto un aspetto tangibile, reale dunque. I personaggi diventano con ciò dei veri e propri “pupazzi” fatti di pittura che saranno nelle mani del giocatore. A livello metaforico, il giocatore può essere definito come il vero e proprio destino presente in Last Day of June.”
GamesVillage: Coinvolgere Steven Wilson in prima persona sull’editing audio, un lavoro non facile, immagino. Come è stato lavorare con un personaggio del tutto esterno al mondo dei videogiochi e con una personalità artistica così ben definita?
Massimo Guarini: Lavorare con persone non affini al mondo dei videogiochi è un’esperienza unica. In un certo senso, è quello che spesso cerco di fare. Portare all’interno di un’industria, particolarmente reticente a determinate collaborazioni esterne, tali figure porta invece a un mix innovativo con una forte personalità. Steven Wilson non era minimamente attratto dal mondo videoludico, fortunatamente quando ha visto il nostro gioco ha cambiato nettamente idea. Questo ha fatto scaturire in lui la voglia di mettersi a disposizione darci la possibilità di scegliere, all’interno della sua vasta libreria musicale, delle soundtrack che riuscivano a suggerirmi qualcosa e darmi delle immagini mentali e che mi emozionavano in modo particolare. Questo è stato un classico esempio di collaborazione cross-multimediale, l’industria videoludica purtroppo non riesce ad essere contaminata anche da altri settori che possano permettergli di avere quella spinta in più innovativa. Fortunatamente, nel corso degli ultimi tempi, sono arrivati sempre più creatori provenienti da mondi diversi: per me è fondamentale disturbare questa attuale eterogeneità creativa che ritrovo all’interno della maggior parte dei team di sviluppo moderni.
La Redazione di GamesVillage ringrazia infine Massimo Guarini per la cortese disponibilità e per i garbati modi posti durante la nostra intervista.