Wolfenstein II: The New Colossus, un incubo americano – Intervista

Tra qualche giorno avremo modo di vedere sugli scaffali dei negozi Wolfenstein II: The New Colossus, per la precisione il 27 ottobre. Il gioco è molto ambizioso, sia dal punto di vista delle meccaniche, ma ancor più della storia. Questa volta, infatti, il nostro B.J. ha un figlio per cui combattere. E, nel frattempo, il nuovo setting americano sembra più inquietante che mai. Immaginatevi una puntata di Happy Days, ma dove tutto il cast è composto da nazisti. Ecco, avete avuto un’idea della distopia che vedremo in The New Colossus. In attesa che il gioco esca, abbiamo intervistato Tommy Tordsson Björk, Narrative Designer del primo episodio e di questo sequel. Abbiamo parlato di KKK, di nazisti e di… Trump! Scoprite di seguito la nostra chiacchierata.

Ho visto in varie preview che in un certo punto del gioco si vedono dei membri del KKK, giusto? È stato difficile introdurre dei personaggi così controversi?
No, penso che per noi è stato un modo interessante di visualizzare come i nazisti approccerebbero la colonizzazione del territorio americano. Usiamo diversi aspetti dell’America e della sua storia per raccontare la svolta autoritaria. Pensiamo sia stato interessante esplorare questi aspetti, e come i nazisti li avrebbero usati a loro favore, per esempio sovvertendo la musica pop americana. Ogni nazione ha le sue diversità, ci sono persino dei Paesi che non hanno problemi ad avere una figura autoritaria, e tenere conto di questo ci ha aiutato a mantenere una certa verosimiglianza nella storia.

Dopo l’elezione di Trump, si parla molto di razzismo e politica. Avete paura che il vostro gioco possa offendere qualcuno?
No, non penso. Abbiamo iniziato questo gioco nel 2014, dopo aver finito The New Order, e questo era molto tempo fa, abbiamo sempre avuto l’ambizione di creare questa storia. Uno degli aspetti più interessanti del creare storie, io credo, è vedere come le persone le interpretano, senza per forza dirgli come la debbano leggere. In tutte le forme d’arte, questo compito è riservato allo spettatore, o al giocatore.

Il setting è molto interessante, come avete miscelato le due culture, quella americana e quella nazista?
L’idea su cui si fonda tutto, è che i nazisti vogliono far accettare l’oppressione agli americani, e per farlo sovvertono le immagini tipiche dello spirito statunitense. Sulla superficie, il mondo del gioco ricorda l’America degli Anni ’60 che tutti conosciamo, ma una volta che esplorate più a fondo ci ritroverete l’ideologia contorta e perversa dei nazisti.

Quanto è difficile raccontare una storia del genere attraverso un videogioco action?
Ci sono sempre delle sfide quando si racconta una storia dentro un gioco, e uno degli aspetti più impegnativi è la necessità di mescolare la motivazione del giocatore con quella del protagonista fittizio. Ci siamo molto impegnati per far sentire il giocatore nei panni del personaggio principale. “Cos’è che mi guida in questo livello? Cosa sto cercando di ottenere?” È un rapporto tra giocatore e personaggio, e credo che sia una delle cose che ha funzionato di più.

Il gioco è molto adulto e maturo. Vedremo delle scene molto brutali all’interno del gioco?
È in effetti un gioco molto brutale. Non abbiamo paura di mostrare scene violente in questo mondo. Tuttavia, quando sei dentro la produzione diventi un po’ assuefatto e non ti rendi conto di come il gioco appaia all’esterno. Toccherà allo spettatore giudicare se è più o meno brutale. Certamente è molto più ambizioso rispetto al primo episodio.

E in che modo la violenza visiva sostiene lo storytelling?
In realtà il nostro obiettivo non è mai stato proporre un gioco violento, è semplicemente qualcosa che è successo mentre stavamo scrivendo la storia. È un effetto, non un obiettivo. Quando racconti una storia sui nazisti, su di un mondo dominato da questi personaggi, è ovvio che questo diventerà molto crudo.

Ci sono aspetti del gioco che volevate creare e che avete rimosso per paura che fossero troppo controversi?
A dire il vero non abbiamo mai avuto di questi problemi. Il nostro obiettivo è raccontare una storia profondamente emotiva, ricca e soddisfacente, e quanto più fedele possibile al mondo e ai personaggi. Non abbiamo avuto alcun problema, e non abbiamo alcun timore di mostrare qualcosa che fosse troppo controverso.

Ci sono sempre meno FPS story-driven. Perché pensi che le storie siano meno importanti in questo genere?
Per quanto ci riguarda, siamo sempre stati interessati a creare giochi dalla prospettiva in prima persona, perché nella nostra visione è il modo più inteso e viscerale per sperimentare una storia in un gioco. Se questo è vero, c’è sicuramente ancora tanto spazio per raccontare storia adottando questo mezzo.

Che cosa puoi dirmi dei nemici di Blazkowicz? Puoi raccontarmi le loro motivazioni?
Per quanto riguarda le origini di Frau Engel, è un personaggio nato in The New Order, durante una scena narrativa in mezzo a due intensi momenti di combattimento. Ci piaceva l’idea di avere una scena incredibilmente intensa ma priva di azione. È così che è nato il personaggio. Ed è cresciuto. Da lì ci siamo interrogati su come farla evolvere, e abbiamo avuto l’idea di renderla l’antagonista principale del gioco successivo. Abbiamo stabilito qualcosa di molto personale, una faida tra lei e il personaggio principale, B.J., che abbiamo traportato anche in questo gioco.

Quali sono le tematiche e il senso di questa nuova storia?
Abbiamo ancora B.J., sempre impegnato a combattere contro i nazisti, che deve sovvertire il loro sistema scatenando una rivoluzione in America. La presenza del figlio di B.J. è stata concepita in maniera fluida durante la creazione del gioco. Abbiamo creato delle cose nel primo gioco che avranno un effetto nel secondo gioco, e volevamo che il tutto risultasse organico e coeso, in modo da non sembrare forzato. La relazione tra B.J. e Anya, quindi, è del tutto verosimile. La loro è una storia romantica.

E in che modo la loro storia d’amore influenzerà il gioco?
Questo è un aspetto fondamentale del gioco… ma non posso ancora spoilerare niente!