SNES Mini hackerato: attenti a ciò che desiderate…

SNES Classic Mini

È stata una questione di pochi giorni: il Nintendo Classic Mini – Super Nintendo è stato hackerato. Già a partire dalle prime ore dall’immissione sul mercato, in realtà, era trapelata la notizia che Hakchi 2, il software utilizzato per modificare il NES Mini uscito lo scorso anno, era capace di interfacciarsi con successo con la nuova micro-console; del resto, l’architettura hardware e perfino il sistema operativo delle due macchine è quasi identico. Tramite un exploit è ora possibile aggiungere a piacimento decine e decine di file ROM di giochi dell’originale Super Nintendo e addirittura di altre retro-console. Tale pratica è, ovviamente, illegale; riportare la notizia è però importante, perché entra di prepotenza nei fatti di cronaca del settore e, a maggior ragione, perché comporta una serie di implicazioni anche e soprattutto etiche, spesso non completamente considerate.

L’hacking e l’emulazione software appartengono a una sfera concettuale dai limiti rarefatti, spesso intersecati con la pirateria informatica; occorre fare della chiarezza, in quanto la pirateria è, al massimo, una conseguenza negativa di tali pratiche. Nell’immaginario collettivo, chi hackera compie una violazione di qualcosa, ma si tende a non considerare che queste violazioni altro non sono che il risultato di un profondo studio.

Il reverse engineering (ingegneria inversa) è fondamentalmente ciò che è alla base di tali risultati, ed è curioso constatare che tantissime versioni HD remaster di titoli classici, oggi tanto in voga, esistono proprio grazie a questa modalità di ricerca e sviluppo: è forse un po’ improprio, ma non lontano dalla verità, affermare che i team di programmatori, in queste produzioni, eseguano degli hacking. Bluepoint Games, ad esempio, ha praticato il reverse engineering di copie retail di titoli PS2 per far sì che i materiali alla base delle nuove versioni corrispondessero a quanto effettivamente messo in commercio anni prima. Questo non è affatto scontato; si veda a tal proposito l’impietoso caso dell’HD collection di Silent Hill 2 e 3, messa in piedi da Hijinx Studio non sfruttando questa tecnica: i materiali sorgenti forniti da Konami erano pieni di errori dovuti probabilmente ad una archiviazione errata. Chiaramente, in queste situazioni abbiamo a che fare con usi perfettamente legali di exploit hardware e software; è la legge, infatti, a stabilire cosa può o non può essere compiuto. È pur vero però che la legge, nel suo marciare, è quasi sempre arretrata di qualche passo rispetto al compiersi dei fatti; qualche decina di anni fa nessun burocrate avrebbe mai neanche immaginato di doversi esprimere sugli aspetti presi in esame. Per i più giovani sarà una sorpresa scoprire che perfino Steve Jobs annunciò in pompa magna lo sviluppo di un emulatore software della prima PlayStation per i suoi computer Apple, che venne messo regolarmente in commercio; altri casi analoghi, come quello del Bleem!, hanno consegnato alla storia non solo cronache di voragini legislative, ma addirittura di vittorie per tante piccole compagnie che hanno sfidato marchi come Sony o Nintendo. Con il tempo questi colossi hanno però conquistato la tutela dei loro brevetti, tutela che è anche a salvaguardia di posti di lavoro, oltre che di proprietà intellettuali.

SNES Mini

Assodato che l’hacking non è buono o cattivo in sé, e che è la legge a dettare le regole del gioco, esiste anche un piano più etico. Può esistere una sorta di “fair use” in termini di manipolazioni del software? Probabilmente sì. Cito a tal proposito il caso di Project Mizzurna, fan translation di Mizzurna Falls, particolarissimo titolo del 1998 per PsOne sviluppato dalla non più esistente Human Entertainment e mai rilasciato al di fuori del mercato giapponese. Il progetto in questione prevede il rilascio di una patch con la traduzione integrale del gioco in lingua inglese, ed è portato avanti da due sole persone (una traduttrice e un programmatore). È un evidentissimo caso di amore verso una produzione, senza alcuna finalità economica; ha caratteristiche quasi didattiche, divulgative.

Tornando a questioni di scottanti attualità, ovvero a quella dell’hacking dello SNES Mini, vorrei puntualizzare come il caso specifico sia condannabile su un triplice fronte; oltre all’aspetto legale (le licenze ufficiali di SNES Mini sono ad oggi assolutamente attive e continuamente rinnovate per la messa in commercio) e oltre all’assenza di una sorta di fair use in virtù dei suddetti brevetti per una macchina per giunta appena rilasciata in vendita, aggiungerei anche un tema di carattere anomalo: il rischio di “bulimia videoludica”.

Chi vorrà procedere, a suo rischio e pericolo, con l’utilizzo di Hakchi 2 su SNES Mini si troverà infatti davanti a un apparente nirvana aprendo le porte della piccola console a una softeca immensa. Perché apparente? Beh, sfido chiunque a dedicarsi con dedizione già alla sola libreria dei 21 titoli ufficiali di SNES Mini: non mi riferisco a utopici completamenti al 100%, ma al solo raggiungimento dei titoli di coda, destreggiandosi tra le uscite delle console current-gen come PS4, Xbox One e Switch, passando per release PC, saldi di Steam, titoli compresi in abbonamenti come Games with Gold di Microsoft o PS Plus di Sony, Humble Bundle e chi più ne ha più ne metta. Scommetto anche che, da qualche parte in qualche cassetto, moltissimi giocatori conservano qualche custodia ancora cellofanata, frutto di qualche acquisto pescato da un cestone delle offerte di un ipermercato. I 21 giochi di SNES Mini sono, in grandissima parte, pietre miliari della storia del media cui appartengono; ognuno di essi è capace di intrattenere per mesi (o più) e sarebbe a dir poco irrispettoso viverli in modalità “mordi e fuggi” pur di provarli per pochi minuti e passare al successivo, neanche si trattasse di un aperitivo impazzito. Moltiplicate questo concetto per “x” volte tramite hacking e con ottime probabilità trasformerete davvero lo SNES Mini nel soprammobile che non è, perché inconsciamente sarete disgustati dalla sovrabbondanza insormontabile di energie e tempo che una libreria ulteriormente espansa richiederà per essere affrontata. Se proprio aveste il desiderio di recuperare un titolo specifico assente nella selezione ufficiale, il consiglio è di acquistarlo. Avere per le mani la cartuccia originale, magari completa di scatola, è certamente un attacco al portafogli ma sarà ripagato dalla soddisfazione. Volete risparmiare? Affidatevi alle Virtual Console. Solo quando userete del denaro sudato col vostro lavoro darete un senso alla pratica del retro-gaming, perché sarete consapevoli della scelta fatta; una scelta che la modifica software, in questo caso, nullifica.