Risen 2: Dark Waters

Provata per voi in anteprina una versione preliminare del seguito di Risen, il prossimo GdR targato Piranha Bytes.

Dopo vari “assaggi” di qualche ora negli studi di KochMedia a Monaco, ho finalmente potuto scandagliare in profondità una copia di anteprima di Risen 2: Dark Waters, che includeva la prima ventina di ore della campagna principale. Come questo sito vi ha già raccontato in varie occasioni in passato, Risen 2 raccoglie la storia del primo capitolo, uscito nel 2009, esattamente lì dove s’era interrotta: un’eroe senza nome ha sconfitto il titano del fuoco che minacciava l’isola di Faranga (nel farlo, tra le altre cose, ha perso l’uso di un occhio), ma il mondo resta minacciato da altri titani, che seminano morte e distruzione nei modi più impensati. Le primissime battute del nuovo capitolo vedono il nostro alter ego aggirarsi nella fortezza dell’Inquisizione dell’isola di Caldera, ormai quasi completamente distrutta dalla furia dei titani. Dopo aver assistito a un naufragio causato da un terribile mostro marino, anch’esso progenie titanica, il protagonista decide, in sodalizio con alcuni membri dell’Inquisizione e con Patty, la figlia del celebre pirata Steelbeard, di tentare di infiltrare la banda di quest’ultimo, arroccata sull’isola di Tacarigua. Il motivo? La banda in questione sarebbe in possesso di un’arma magica con la quale sconfiggere i titani. Una volta incontrato Steelbeard, l’eroe scopre che l’artefatto è nelle mani del malvagio pirata Crow, che ha la sua base in un antico tempio sulla Sword Coast. Per avere aiuto nella sua battaglia contro questo temibile malfattore, il protagonista dovrà compiere la sua prima scelta importante e schierarsi con l’Inquisizione, che ha un importante avamposto sulla Sword Coast, oppure con i nativi selvaggi, che hanno un piccolo villaggio nell’entroterra.

Dal punto di vista della giocabilità, Risen 2 riprende tutte le caratteristiche vincenti non solo del primo episodio, ma anche della precedente serie Gothic, che rimane tutt’oggi il “marchio” più riconosciuto degli sviluppatori tedeschi Piranha Bytes, cercando al contempo di innestare in queste caratteristiche alcuni tratti nuovi, atti a portare qualche ventata di novità e anche a superare i limiti più evidenti di uno schema che ha seriamente rischiato, negli ultimi tempi, di apparire un po’ usurato. Il giocatore controlla solamente l’eroe senza nome, che in alcuni frangenti può essere accompagnato da altri personaggi, rigorosamente gestiti dall’intelligenza artificiale. Se si esclude la parte iniziale, che funge da vero e proprio tutorial e che si svolge in un territorio circoscritto, il protagonista si muove in spazi molto ampi, che possono dare l’illusione di trovarsi in un gioco “free-roaming”, cioè a esplorazione libera, come i grandi capolavori di Bethesda. In realtà, la libertà di movimento, pure presente e anzi parte importante dell’esperienza, è in un certo modo “calmierata” sia da alcuni confini insuperabili (alte montagne e acque profonde), sia dalla presenza di creature ostili gestibili solamente da personaggi di alto livello, che chiudono l’accesso ad aree anche importanti, nelle quali sarà necessario tornare nelle fasi più avanzate della partita.

Una prima grande novità rispetto alle precedenti fatiche di Piranha è che quindi non esiste una sola area di gioco, ma tante macro-aree, le isole o le zone costiere, alle quali si può accedere in sequenza fino a un certo momento e senza soluzione di continuità nella seconda parte dell’avventura, dopo che il protagonista sarà diventato il capitano di una nave. Questo stratagemma, che è senza dubbio dovuto anche alla necessità di scendere a patti con la ridotta memoria delle console attuali, consente di mantenere alto l’interesse anche nelle fasi avanzate, quando, in passato, il giocatore era irrimediabilmente costretto a visitare nuovamente parti già esplorate, magari addirittura nelle prime ore della partita.

Due bestie amoreggiano mentre noi, da buoni voyeur, assistiamo alla cosa.

Oltre che nell’esplorazione dei territori, che sono costruiti in maniera molto attenta e “artigianale” com’è tradizione per i ragazzi di Piranha, il giocatore sarà impegnato soprattutto tramite dialoghi e combattimenti. I primi sono interessanti, arguti e concisi, oltre che impregnati di quell’atmosfera “piratesca” che caratterizza così fortemente tutto Risen 2, distaccandosi in parte anche dal capitolo precedente, che richiamava un fantasy più tradizionale. I personaggi generici offrono semplicemente qualche frase di circostanza; quelli dotati di nome e cognome possono invece intrecciare conversazioni più lunghe, ma tutte ruotanti attorno a missioni presenti e future, alcune delle quali possono essere risolte anche accedendo a battute speciali, destinate solamente ai personaggi dotati di abilità dialettiche particolari (approfondirò meglio la faccenda tra qualche riga). I combattimenti possono avvenire tramite l’utilizzo di armi bianche che, nel caso delle lance, possono anche essere scagliate lontano, oppure per mezzo di armi da fuoco, come pistole e moschetti. Esiste anche una forma di magia, il “voodoo”, che può essere appreso dai nativi selvaggi: il suo ambito di azione però è piuttosto indiretto e si concretizza soprattutto in maledizioni e creazione di pozioni o di amuleti. Nella versione di anteprima il voodoo diventa accessibile solo nelle ultime fasi, troppo poco per poter dare una valutazione ben soppesata: per il momento mi limito a dire che mi sembra un’idea interessante e molto ben fusa con l’ambientazione, ma mi riservo di poter provare una copia completa del gioco per approfondire questo aspetto tutt’altro che secondario.

Posso invece già dire la mia in modo più completo sul combattimento, che mi sembra complessivamente soddisfacente, anche se con alcune sezioni ampiamente migliorabili. Negli scontri corpo a corpo i fendenti sono collegati ai clic del mouse e vanno “dosati” col giusto tempismo, così da collegarsi in efficaci “combo”. È possibile parare, contrattaccare ed effettuare attacchi caricati, ma occorre imparare le rispettive abilità presso idonei addestratori. Negli scontri con le armi da fuoco lo schermo assume la forma di un mirino, che in principio può apparire un po’ disorientante; se lo scontro diventa concitato, però, è anche possibile utilizzare le baionette come armi bianche. Gli spari richiedono la disponibilità di munizioni, non sempre semplici da ottenere, e tra uno e l’altro è necessario aspettare un certo lasso di tempo, così da consentire all’arma di raffreddarsi. I combattimenti sono resi più interessanti dal cosiddetto “dirty trick”, un’azione riferita alle abilità furtive e collegata alla mano sinistra dell’eroe. A seconda dell’oggetto assegnato a tale mano, il “dirty trick” assume forme diverse: può essere il lancio di sabbia sugli occhi del nemico, così da accecarlo, o un colpo di pistola, o il lancio di una noce di cocco per attirare l’attenzione di qualcuno, piuttosto che l’uso di un pappagallino ammaestrato per distrarre l’avversario. L’unione di colpi principali e secondari al “dirty trick” rende i combattimenti di Risen 2 particolarmente vari e aperti alla sperimentazione, anche se va detto che in alcuni frangenti sembra che il risultato di uno s
contro sia determinato più dal generico “colpo di fortuna” che non dalla messa in campo di sopraffine abilità tattiche. La componente agonistica resta sempre alta e gli scontri, almeno al livello di difficoltà predefinito (medio), sono piuttosto impegnativi. Il loro andamento diseguale e la capacità mostrata da determinati avversari di interrompere sistematicamente qualsiasi sequenza di attacco potranno risultare frustranti per i giocatori meno dotati dal punto di vista dei riflessi, ma d’altro canto appagheranno chi ama veder crescere lentamente in potenza il proprio alter ego, il quale diventerà capace di aver ragione di creature progressivamente più potenti, spazzando via al contempo quelle di livello basso.

Merita un cenno più approfondito, a questo proposito, il sistema di sviluppo del personaggio, che è basato su cinque caratteristiche principali: armi bianche, armi da fuoco, robustezza, sotterfugio e voodoo. Queste caratteristiche possono essere aumentate liberamente utilizzando i punti esperienza, che nel gioco vengono chiamati “gloria”. Aumentandole, miglioreranno di conseguenza i tre “talenti” associati a ciascuna, che possono ricevere bonus aggiuntivi anche tramite equipaggiamento o acquisizione di apposite abilità. Queste ultime, che sono circa una decina per ciascuna caratteristica, possono essere apprese, una volta raggiunti i corretti pre-requisiti, pagando una somma di denaro a un addestratore. Per acquisire le abilità, che sono decisive per il potenziamento del personaggio, è necessario molto denaro: in diverse occasioni ci troveremo pieni di punti esperienza, ma incapaci di sfruttarli davvero per mancanza di fondi. Risulta praticamente obbligatorio, da questo punto di vista, massimizzare i guadagni attraverso attività come la caccia, la ricerca di tesori e naturalmente il commercio.

Quanto romanticismo in questa immagine, non trovate?

L’interfaccia che gestisce tutte queste varie componenti è sempre funzionale e piacevole da vedere, anche se a tratti forse si presenta eccessivamente barocca e arzigogolata, soprattutto se paragonata alla ruvidezza dei precedenti titoli Piranha. Oltre ai classici inventario, diario e schermata delle caratteristiche, c’è la possibilità di consultare una mappa del territorio in cui si trova il nostro eroe, a patto che tale mappa sia stata fisicamente acquisita nel gioco. Una novità che forse farà storcere il naso a qualche appassionato di vecchia data è il fatto che ciascuna località importante può essere raggiunta tramite un semplice clic sulla mappa, quindi con una sorta di “viaggio rapido” (elemento assolutamente inedito per i giochi Piranha). Non manca, ad arricchire ulteriormente il piatto, una serie di mini-giochi: tra tutti spiccano quello classico dello scassinamento, reso peraltro meno frustrante e più agile che in passato, ma anche la “gara di bevute” e i tornei di mira con la pistola, senza contare le innumerevoli scazzottate in cui sarà coinvolto il nostro alter ego nella sua vita da pirata.

Il comparto forse maggiormente criticabile di Risen 2 è la sua componente grafica, che spero tuttavia possa godere di qualche perfezionamento anche sostanziale nel lasso di tempo che ancora deve passare da oggi alla pubblicazione. Gli scenari offerti dal gioco sono evocativi e artisticamente curati, ma anche pieni di fastidiose inconsistenze: alberi e piante crescono e calano vistosamente man mano che ci avviciniamo e ci allontaniamo, con proporzioni completamente sballate rispetto agli elementi di contorno; il pop-up degli oggetti è evidentissimo e ridicolo; la resa grafica dei personaggi è di livello molto inferiore di quella degli ambienti e delle creature; le animazioni lasciano parecchio a desiderare, soprattutto durante il combattimento. Risulta poi francamente incomprensibile, in un gioco ad ambientazione piratesca, la decisione di non consentire al protagonista di nuotare: se prova a inoltrarsi in acque profonde, comparirà una schermata nera e ci ritroveremo nuovamente sulla spiaggia. Per fortuna gli sviluppatori sono riusciti ugualmente a creare aree “segrete”, riservate a giocatori particolarmente attenti nell’esplorazione degli ambienti. A volte, queste zone possono essere raggiunte “scalando” pareti rocciose, operazione peraltro possibile solo nei luoghi previsti dai programmatori e non ovunque, come nella serie Gothic.