Medal of Honor: Warfighter

Dirattamente dalla GDC 2012 il nostro inviato ci racconta in anteprima di Medal of Honor: Warfighter.

Sono trascorsi ormai due anni dal controverso rilancio del marchio Medal of Honor, avvenuto per mano di Greg Goodrich e del team Danger Close. All’epoca, Greg e i suoi si concentrarono esclusivamente sulla campagna di gioco in singolo, realizzata tramite il “solito” Unreal Engine, mentre la componente multiplayer venne affidata a DICE e al loro Frostbite. Oggi – anzi, il 23 ottobre – le due componenti si fondono in Medal of Honor: Warfighter, un nuovo episodio che porterà avanti le idee del precedente, raccontando in maniera credibile, se non realistica, le missioni dei corpi speciali più importanti al mondo e poggiandosi questa volta interamente sulla tecnologia sviluppata in Svezia. Il motore utilizzato è infatti il Frostbite 2 di Battlefield 3 (che abbiamo recentemente visto muovere, con meno fortuna, anche Need for Speed: The Run) e il gioco, stando a quanto ha affermato Goodrich durante la presentazione alla GDC 2012, è interamente sviluppato dal team californiano.

IF IT’S IN THE GAME…
L’idea dietro al nuovo Medal of Honor è una versione ampliata di quella che aveva generato il precedente episodio e prende spunto dalle attività in giro per il mondo dei corpi speciali delle maggiori forze militari del pianeta: il ritorno dei Tier 1 americani, quindi, ma anche SAS, ed equivalenti polacchi o magari tedeschi, per un totale di dodici differenti squadre provenienti da dieci nazioni. Tutto questo si manifesterà soprattutto nel gioco online, secondo un diktat di design che, sostiene Goodrich, prende spunto dalle idee di FIFA e dalla voglia di offrire ai giocatori di tutto il mondo la possibilità di immedesimarsi con i soldati del proprio paese (“Un ragazzo europeo difficilmente sogna di salvare il mondo indossanto un’uniforme statunitense”). Al di là di questo aspetto, comunque, come da prassi, del multiplayer ancora non si è parlato. L’evento organizzato da EA – e dedicato anche ai DLC di Battlefield 3, con i vari annunci già pubblicati e una prova diretta del gioco di cui vi potrò scrivere solo fra una manciata di giorni – era incentrato soprattutto sul raccontare la filosofia alle spalle del progetto e sul mostrare una porzione di campagna single player.

L’accompagnamento musicale è particolarmente drammatico e coinvolgente, con un bel crescendo ad accompagnare le fasi finali della missione.

PIÙ VERO DEL VERO

Ospiti in sala, assieme a Goodrich, c’erano due veterani di guerra, con alle spalle tanti anni di servizio nei corpi speciali americani. Su di loro e su altri consulenti che partecipano al progetto si poggia il compito di garantire il realismo delle situazioni di gioco e del comportamento delle armi e dei soldati, ma anche la fedeltà alla “sostanza” delle azioni che vengono riprodotte. Medal of Honor: Warfighter racconterà di missioni ispirate a eventi reali, che faranno saltare il giocatore come una trottola da un angolo all’alto del globo terracqueo, combattendo i nemici più diversi fra loro, dai moderni pirati ai terroristi che infestano le Filippine. E proprio a questi ultimi era dedicata la porzione di gioco mostrata, con una missione che vede impegnato il gruppo di Tier 1 del primo episodio in un team chiamato Mako, costituito da un’alleanza con le squadre anti terrorismo di Manila, nel tentativo di salvare un gruppo di ostaggi. Il tutto si svolge all’interno di un edificio devastato da un tifone, con il Frostbite 2 che viene messo alla frusta dalla quantità di distruzione ambientale provocata da intemperie e azioni dei soldati. Lo scontro non è esattamente all’insegna dello stealth e vede il team di eroi impegnato a seminare il caos a colpi di mitra e bombe a mano, con gli ambienti che patiscono i colpi delle armi e la ben nota potenza sonora di Battlefield 3 ad assordare col suo realismo e la sua forza i presenti in sala.

La dimostrazione è piuttosto breve e, in termini di gameplay, si mette in mostra il metodo d’approccio alle porte chiuse, con un classico menu da croce direzionale che permette, ad esempio, di scegliere fra il tirare una pedata alla porta o, magari, l’aprirla lievemente per gettare all’interno una granata accecante. Al termine dell’azione, una volta recuperati gli ostaggi, si presenta una sezione “su binari”, in cui il team fugge lungo il fiume su dei gommoni armati di postazione mitragliatrice, mentre le intemperie frustano le acque e gli elicotteri di soccorso si avvicinano. Un tripudio di spettacolo, insomma, per uno sparatutto senza dubbio promettente.