Il Discorso del Re

Uno spaccato sulla realtà regnante inglese pre Seconda Guerra Mondiale, condito da buoni sentimenti e da un’amicizia speciale.

Regia: Tom Hooper
Cast: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce
Distribuzione: Eagle

Fino a qualche decennio fa un re poteva essere una guida importante per il proprio paese, non come ai giorni nostri in cui le famiglie reali sono solo costosi apparati di rappresentanza, buoni a riempire le pagine dei giornaletti di gossip. Fino a qualche decennio fa la monarchia significava davvero grandi poteri, ma anche grandi doveri e grandi responsabilità. Il film Il discorso del Re ci racconta la storia di uno che re lo è stato per breve tempo (solo 16 anni) ma in un momento importante e drammatico per il proprio paese. Salito al trono con il nome di Giorgio VI, era Albert Windsor, Duca di York, padre dell’attuale Regina Elisabetta, bisnonno cioè di quel William che fra poco sposerà fiabescamente la borghese Kate. Ai tempi di suo bisnonno però, sposare una borghese era impensabile, figurarsi poi se questa era americana e pure pluridivorziata. Edoardo VIII, fratello maggiore di Albert si era innamorato di Wallis Simpson, tra l’altro di simpatie naziste, e, per poterla sposare, aveva dovuto abdicare al trono. Che nel 1936, in pieno scandalo, era passato appunto ad Albert. Siamo negli anni delicati e preoccupanti dell’ascesa al potere di Hitler, e Albert, sempre considerato di seconda scelta dal padre Re Giorgio V, non immaginava cosa lo attendesse. Il Duca di York era afflitto da un difetto tragico per un personaggio costretto talvolta a qualche discorso pubblico: era balbuziente, di una balbuzie devastante, che gli provocava una specie di afasia, la mascella si irrigidiva, la laringe smetteva di funzionare. Oltretutto, erano anni in cui si stava diffondendo il mezzo radiofonico come strumento di comunicazione per suscitare consenso. Il difetto di Albert era difficilmente superabile per un uomo che, in fondo, soffriva di un complesso di inferiorità, di un senso di inadeguatezza, causato da un’educazione troppo rigida e intransigente, imprigionato nel suo snobismo, nell’estrema attenzione per la forma e l’etichetta, per l’esteriorità e l’immagine. Albert si affida allora a un eccentrico e non accademico australiano, Lionel Logue, sconosciuto professionista procuratogli dalla sua affettuosa moglie Elisabetta. Logue era un simpatico attore fallito, un uomo di umili origini che viveva in ristrettezze. Pur osteggiato dall’entourage regale, agirà con metodi poco ortodossi ma di indubbia validità, tutti basati su una penetrazione quasi psicanalitica del paziente, per giungere al nocciolo del problema. Sarà però un rapporto inizialmente burrascoso, ma fra l’altezzoso Duca e l’umile logopedista borghese si costruirà poco alla volta una vera lunga amicizia. Logue sarà l’unico che riuscirà a penetrare (e lo spettatore con lui) la corazza di infelicità e repressione di Albert, lo aiuterà a non dipendere più dal giudizio altrui e a ritrovare fiducia in se stesso, sciogliendo un po’ della rigidità cui aveva improntato la sua vita, e, insieme alla sua vita, anche il suo eloquio scorrerà più fluido. La prova più dura che dovrà affrontare sarà proprio l’importantissimo discorso alla nazione dopo l’inevitabile entrata in guerra. È l’episodio che chiude la narrazione, ed è un memorabile pezzo di bravura per entrambi gli interpreti. Giorgio VI, con tutte le sue incertezze, sarà per il suo paese una guida importante durante il periodo drammatico dei bombardamenti su Londra, e regnerà rispettato fino alla sua precoce morte, nel 1952.

Film di attori e di recitazione, Il discorso del Re gode dell’enorme prestazione di un sublime Colin Firth (appena premiato con il Golden Globe e candidato all’Oscar), superbamente affiancato da Geoffrey Rush. Helena Bonham Carter interpreta l’affezionata e abbastanza liberale consorte, la futura Regina Madre, chiamata affettuosamente dai sudditi Mummy, che ricordiamo nelle foto degli anni successivi grassottella e amata dai suoi servitori, sempre in compagnia dei cagnolini Corgi e morta serenamente a ben 102 anni. Intorno a loro una folla di noti comprimari, fra cui Guy Pearce, che riveste il ruolo del discusso e discutibile Edoardo. Timothy Spall è Chuchill, mentre Michael Gambon interpreta il padre Giorgio V. Sullo sfondo scorrono i grandi eventi storici del periodo, punteggiati dai discorsi di Hitler, uno che non aveva problemi di eloquio. Dirige con la consueta abilità Tom Hooper, regista specializzato in premiatissime ricostruzioni storiche, sempre di qualità (le serie tv Elizabeth I con Helen Mirren, John Adams con Paul Giamatti e la biografia sportiva Il maledetto United). Ricordiamo che il film è costato solo 15 milioni di dollari, a riprova che certi budget spropositati non sono sempre sinonimo di buon prodotto.