Una Vita da Gatto – Recensione

Che i video di gatti su Youtube siano divertenti è una verità conclamata. Prima dell’avvento dell’internet non tutti sapevano che questi animali eleganti, asociali e altezzosi potessero fare delle cose buffissime. Il mondo è esploso in una grassa risata, i video in milioni di visualizzazioni. Un gatto scivola da un tavolo. Un altro scappa alla vista di un cocomero. E via sbellicando. Dato che alla gente piacciono tanto, ha pensato qualcuno a Hollywood, è giunto il momento di realizzare un film sui gatti che fanno cose divertenti. Nel processo, però, qualcuno ha dimenticato come fare ridere. Una Vita da Gatto, dovete sapere, è stato scritto da 5 e ripeto cinque persone. I produttori devono averli presi in offerta, prendi 5 paghi 1. “Abbiamo Kevin Spacey, si saranno detti. Lui sa fare tutto. E poi il gatto ha un nome troppo da ridere, Mr. Fuzzypants! E con la voce di Spacey dirà cose come «No grazie, uso il tappeto» quando la Garner gli mostra la lettiera“. Non ridete già all’idea? E non è tutto. Questi cinque figuri, dei diversamente sceneggiatori che di sicuro hanno il doppio lavoro come i calciatori dell’Eccellenza, sono partiti da un concept di commedia per famiglia già rodato. Che, anzi, è stato già riproposto in tutte le varianti possibili, animale parlante compreso. Se fosse stato fatto negli anni ’90 il film s’intitolerebbe “Senti chi miagola”.

Il protagonista è Kevin Spacey, che interpreta Tom Brand, un miliardario troppo impegnato nel suo lavoro per occuparsi dell’affetto della famiglia composta da moglie (Jennifer Garner), figlio maggiore (Robbie Amell) e figlia minore (Malina Weissman). Quest’ultima, per il suo compleanno, vorrebbe tanto un gatto. A Tom Brand i gatti non piacciono, ma alla fine si ritrova in uno strano negozietto, Purrkins, in cui un eccentrico Christopher Walken gli vende un magnifico siberiano. Non ha alcun senso, ma a seguito di un incidente Tom Brand finisce in coma e il suo spirito si trasla nel felino. Per tornare nel suo corpo e smettere di mangiare puzzolente cibo in scatola dovrà riscoprire i valori che contano. Capirà cosa vuol dire farsi in quattro per il prossimo e le solite menate sull’amore e l’ascolto che tutti sappiamo recitare a memoria. Sventerà anche un complotto ai suoi danni da parte degli altri dirigenti della compagnia. Nel frattempo, per la gioia di voi spettatori, inscenerà alcuni spassosi siparietti. Cercherà di servirsi delle zampe per aprire la bottiglia di un costoso scotch. Rovinerà le pareti con le unghie e farà i suoi bisogni nella costosa borsa dell’ex moglie (Cheryl Hines). Lo so, è troppo spiritoso, ma almeno aspettate di vedere il film prima di cominciare a ridere. Anche lui, Mr. Fuzzypants, animale vittima innocente, finirà per essere ripreso in video. Video che comunque impallidiscono al confronto con gli originali. All’inizio del film (pare quasi una dichiarazione d’intenti), vengono mostrati alcuni filmati autentici, presi dal Tubo: gatti che nella loro quotidianità fanno cose esilaranti. Ecco, questo è il momento più divertente di Una Vita da Gatto. Un regista come Sonnenfeld (Men in Black I, II e III) e la presenza di Kevin Spacey facevano sperare in qualcosa di più. Che almeno ci fossero degli effetti speciali decenti. E invece no.

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[quotedx]Vengono mostrati dei filmati autentici di gatti colti nella loro quotidianità. Il momento più divertente del film[/quotedx]

Se i figli o il partner cercheranno di trascinarvi al cinema e l’argomentazione principale sarà Kevin Spacey, l’attore che vi piace tanto e di cui non perdete neanche un film, o magari non vi piace così tanto ma alla fine lo rispettate perché piace a tutti i vostri amici cinefili; quello che è stato, in ordine sparso, Keyser Söze, Frank Underwood, un pazzo assassino, un padre pazzo; insomma, l’attore che nonostante (o grazie a) la faccia normalissima che si ritrova riesce comunque a nascondere nei suoi personaggi grande complessità; sì, proprio quel Kevin Spacey, che non ne sbaglia manco mezza; ma dai che ha vinto due oscar e riesce comunque a mantenere un’aura da attore slegato dall’establishment; dagli che anche se il film è brutto domani in ufficio durante la pausa alle macchinette ne parli ai colleghi, ché tutti conoscono Kevin Spacey; e aridagli che Spacey è l’ultimo vero grande attore che ci è rimasto, e tu pensi che sì, è vero, lui è l’ultimo, lui e Al Pacino, ma Al Pacino è di un’altra generazione, piaceva a tuo padre, Spacey è tuo, te lo senti vicino, sei cresciuto con i suoi film; e pensi a quegli sfigati di Willis, Clooney e Banderas sempre inchinati, ma nel senso sbagliato, alla pubblicità italiana (il primo a non capire come si usa un cazzo di telefonino; il secondo a bere caffè tutto il giorno come un disoccupato qualsiasi; il terzo a far girare le pale, non solo dei mulini, a tutti) mentre Spacey ha fatto solo una pubblicità per un’auto, quindi non conta, se saranno queste le loro argomentazioni, ebbene voi rispondete loro: stica**i di Spacey, è un gatto e per giunta doppiato.

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