Prey – Recensione

Prey

Per creare l’anima di un thriller serve necessariamente un pizzico di mistero, quanto basta all’utente per cadere in una ragnatela di avvenimenti tali da farlo perdere completamente all’interno di esso. Questa tecnica, molto utilizzata al cinema, tende invece a mancare all’interno dei videogiochi, vuoi per una focalizzazione più accentuata verso il gameplay, vuoi per la difficoltà dei mezzi, vuoi per l’età del medium. Ma non è così ovunque: uno studio di sviluppo che negli ultimi anni sta facendo parlare molto di sé, sta tentando di migliorare questo approccio, creando un dinamismo formato da giocabilità e storia, in modo da catturare il videogiocatore fin dai primi istanti. Con Dishonored e Dishonored 2 le basi sono state gettate: è Prey, però, il vero successore, il gioco che dovrà mantenere le promesse create dalle aspettative, croce e delizia del mondo videoludico.

Non è la prima volta che un gioco intitolato Prey esce in commercio: già nel 2006 lo stesso titolo venne affibbiato ad un gioco di Bethesda, che però non ebbe tanto successo. A causa di questo, e di altre motivazioni, un sequel venne programmato, ma poi cancellato. Tutto questo fino a che Arkane Studios non entrò in Bethesda, la quale gli assegnò un reboot completo del progetto. La storia infatti si differenzia molto, lasciando ben poche tracce di connessione tra questo e il precedente titolo. Vestiremo i panni di Morgan Yu (che potremo scegliere se giocare come uomo o donna), che insieme ad altri membri dello staff, incaricato di testare una specie di potenziamento umano denominato Neuromod, si troverà invischiato in problematiche devastanti, sia per la stazione spaziale Talos I dove sono situati, sia per il mondo intero. Questi potenziamenti, infatti, si basano su una razza aliena denominata Typhon, causa primaria di tutto il disastro al quale dovrete sopravvivere.

SPACE ODDITY

Ma se la trama basilare vi sembrerà abbastanza abusata tra film, serie tv e altri videogiochi, i colpi di scena e tutta l’anima thriller del gioco riescono a tenere il giocatore incollato allo schermo, come dicevamo prima, lanciato in un turbinio di curiosità e paura. Perché in fondo questi Typhon hanno davvero delle abilità letali: passando dal più comune, il Mimic, che può simulare ogni oggetto presente nelle location (facendovi dubitare di quale sgabello dovrà vedersela con la vostra chiave inglese), a degli esseri veloci e grandi, che prendono il nome (molto azzeccato) di Spettri. A condire questo piatto unico fatto di terrore e devastazione, una grandissima componente “mistery”, un po’ come in Memento di Christopher Nolan, dove dovrete ricostruire le vostre memorie, la storia dell’equipaggiamento e di come sono andate le cose, cercando collezionabili, scoprendo zone segrete ed esplorando tutta la stazione. Una formula apparentemente derivativa, che tuttavia riesce, grazie alla combinazione di diversi elementi e ispirazioni, a rendere Prey una pietra miliare del genere action. La trama, inoltre, arriva in aiuto a un gameplay che, nelle prime ore, potrebbe risultare ripetitivo, strutturalmente parlando, richiedendo spesso di spostarsi da un punto all’altro della mappa: il motore che vi spingerà però a farlo sarà proprio la trama del gioco, fitta di mistero e capace di creare dubbio per ogni singola scoperta che farete.

Parlando appunto di gameplay, il gioco altro non è che che un FPS con elementi ruolistici: la progressione non è tuttavia lineare, ma al contrario permette al giocatore di scegliere il proprio approccio. Essere il Terminator di turno mentre si uccidono tutti i nemici uno dopo l’altro, o passare come un’ombra tra un alieno e l’altro, puntando solo alla meta: la scelta sarà a vostra completa discrezione. La stazione spaziale Talos I, complici le sue vaste dimensioni, è molto orientata al backtracking: per svolgere alcune missioni secondarie, dovete spesso tornare in location già visitate, utilizzando però nuove abilità o oggetti, capaci di sbloccare delle zone inesplorate. Insomma, una sorta di “metroidvania” in 3D, se vogliamo. Le missioni sono utili, insieme ai documenti sparsi per le aree di gioco, a capire cosa sia veramente successo, svelando vari retroscena che passeranno da spiegazioni chiave su come funzionano i Typhon, ai background dei personaggi che scoprirete.

L’equipaggiamento di Yu, un po’ di fortuna, è necessario per poter sconfiggere tutti i Typhon che incontrate lungo la strada: oltre alla già citata Chiave Inglese, capace di uccidere i Mimic con pochi colpi, altre armi (convenzionali e non) compaiono nel gioco: troverete alcune armi da fuoco tradizionali (come il fucile a pompa), altre un po’ più futuristiche. Tra queste compare il Cannone Gloo, arma multiuso che lancia della spuma capace di bloccare gli alieni per qualche secondo, e di creare architetture provvisorie con il solo limite della vostra inventiva, permettendovi infine di scegliere la vostra strada all’interno di questa desolata stazione. Queste armi, infine, sono potenziabili tramite dei Kit Balistici, che vi permettono di aumentare il danno effettuato, le varie abilità e la capacità del caricatore. A complicare in alcuni casi l’andamento del vostro cammino verso la salvezza, ci sono delle sezioni di prive di gravità, che richiedono una buona padronanza di movimento da parte del giocatore, il quale deve evitare il rischio di finire alla deriva o sbattuto su qualche parete. Se qualcuno ha detto Dead Space, be’, non c’è che dire: ci ha azzeccato.

[quotedx]Ogni Neuromod aliena mina l’umanità del nostro protagonista[/quotedx]Una delle componenti più divertenti all’interno del gioco è il crafting, capace veramente di farvi perdere ore a cercare i giusti materiali per produrre ciò che necessitate. Le due macchine che permettono di craftare oggetti sono il fabbricatore e il riciclatore: il primo trasforma i materiali in oggetti, il secondo decompone gli oggetti in materiali. I materiali che troverete o che produrrete con il riciclatore possono essere utilizzati, seguendo una sorta di ricetta all’interno del fabbricatore, per produrre nuovi oggetti, consumabili o non, utili per il vostro viaggio. I materiali si dividono in 4 tipologie: organici, sintetici, minerali ed esotici: questi ultimi sono fondamentali per creare nuove Neuromod da applicare al protagonista, capaci di garantire a Morgan delle abilità sovrumane. Queste abilità permettono a Yu di rispondere ai poteri dei Typhon e competere così ad armi (quasi) pari con la minaccia aliena: questi power-up possono sia aumentare i valori delle caratteristiche del nostro eroe, sia fornire dei talenti per poter superare ostacoli. Le skill si dividono in tre rami, Scienza, Ingegneria e Sicurezza. Altre abilità sono presenti e sbloccabili tramite speciali Neuromod: quelle dei Typhon, tanto distruttive quanto problematiche. Infatti, dopo circa 5 ore di gioco, queste abilità saranno a disposizione di Yu: il problema risiede nella loro capacità di modificare la struttura neurale di chi le usa. Ogni Neuromod aliena va infatti a minare l’umanità del nostro protagonista, e di questo potrete accorgervene, per esempio, quando le torrette non vi riconosceranno più come umano o quando gli Incubi, i nemici più terrificanti del gioco, inizieranno a trovarvi ovunque tramite la traccia Typhon. Questa è la grandezza del gioco di Arkane, ossia la capacità di sintetizzare narrazione e gameplay, creando un gioco dove le scelte del giocatore contano e hanno un effetto permanente sull’avventura. Le abilità create da queste particolari Neuromod si dividono in altri tre rami: Energia, Metamorfosi e Telepatia.

[quotesx]La varietà regna sovrana in Prey[/quotesx]Il combat system è volutamente un po’ legnoso, con un gunplay pesante che contribuisce a restituire un senso di azione intensa e viscerale. A differenza di quanto avviene in giochi come BioShock o Dishonored, in Prey potrete sicuramente potenziarvi, ma non diventerete mai veramente dei Superman. I designer sono stati molto bravi nell’equilibrare i potenziamenti, dando l’opportunità al giocatore di sperimentare e divertirsi, ma senza mai veramente fornire gli strumenti per “rompere” il gioco, come avviene invece in Dishonored. Anche perché a nemico diverso corrispondono metodi diversi per ucciderlo, per cui sarete continuamente costretti a rivedere il vostro approccio e non potrete creare combinazioni da ripetere per tutta la durata del gioco. La varietà regna sovrana in Prey, ed è anche l’assicurazione che il gameplay non diventi mai stanco o ripetitivo.

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA

Del resto, ogni colpo è importante, e ogni attacco dei vostri nemici può essere quello che vi spedirà al Creatore. Il gioco si fa giocare, e fa stringere i denti, anche a modalità Normale, visto che con pochi colpi anche il più debole dei Typhon potrà uccidervi: i medikit sono presenti, ma non così tanto come potreste immaginarvi, e altre fonti di cura potrebbero essere molto deboli e, in alcuni casi, inutili. Nelle modalità più difficili, Prey richiede veramente una strategia dietro ogni singola azione, creando una componente tattica molto più profonda che nelle altre difficoltà. Ad aggiungere varietà ci sono i finali di gioco: sebbene le scelte che effettuerete, compiendo determinate azioni all’interno del gioco, potranno variare molti dettagli nella conclusione del titolo, Prey gode di due grandi filoni di finali, che non staremo qui a spoilerarvi, ma che permetteranno al giocatore di vedere il finale che desidera, con le scelte che ha effettuato, e le conseguenze che merita. Ancora una volta, le vostre azioni contano e hanno una precisa risonanza all’interno dell’avventura.

Tecnicamente parlando, il gioco mostra una direzione artistica particolare, caratterizzata da figure umane un po’ “deformate” (stile unico di Arkane Studios), che però non rovina l’atmosfera generale. Anzi, un pizzico di grottesco riesce ulteriormente a creare ulteriore soggezione nel giocatore. La grafica serve egregiamente alla causa, soprattutto per quanto riguarda la direzione artistica e la gestione dell’illuminazione, a livelli cinematografici. Le luci non svolgono soltanto una funzione cosmetica, ma sono un veicolo di narrazione, grazie alla loro capacità di creare scorci inquietanti, che molto spesso celano minacce indicibili. Il gioco ha delle venature fortemente horror, e non lesina neanche dal punto di vista degli amati/odiati “jumpscare”. A questo proposito, il sonoro è la più genuina fonte di terrore: sentir mormorare una tazza da caffé non è una delle cose più piacevoli, e vivere questo gioco destabilizzerà continuamente le vostre sicurezze. La resa grafica, in generale, è stata affidata a un CryEngine che, sebbene non sia utilizzato al massimo della sua forza, crea un impatto generale davvero eccellente.

Una menzione d’onore va fatta alla struttura di Talos I: non parliamo della forma architettonica, comunque resa a perfezione grazie a uno studio approfondito di level design di ogni singolo angolo. Parliamo invece della vita che prima popolava questa stazione, vita che adesso non c’è (quasi) più, ma che potrete riscoprire tramite ogni singolo documento, backlog o dettaglio sparso all’interno, trovando storie di personaggi con i propri nomi, i propri demoni interiori, le proprie storie d’amore, tutto doppiato alla perfezione con dialoghi, o monologhi in questo caso, di altissimo livello.

Molto si è vociferato riguardo a similitudini tra Prey e un ventaglio di titoli accostati ad esso: sebbene alcune meccaniche potranno sembrarvi simili, e l’atmosfera ricorda ogni tanto, nostalgicamente, System Shock, Arkane Studios è riuscita a trasformare il tutto in qualcosa di originale: la libertà e la personalizzazione vista in Deus Ex (eliminando i dialoghi frequenti degli ultimi due titoli) e la gestione dei poteri di Bioshock sono solo alcune delle cose che potrebbero saltarvi alla mente, ma che, contestualizzate nell’esperienza che vivrete con Prey, risulteranno molto diverse: gli alieni Typhon d’altronde, sapranno farvi pensare a ben altro durante tutta la durata del gioco. Tra una presentazione stellare, stile da vendere e gameplay profondo, viene davvero difficile trovare dei difetti a Prey. Forse la sua natura di “Mostro di Frankenstein” gli impedisce di osare introducendo elementi innovativi: si ha la sensazione di un gioco nato per non sbagliare, un obiettivo che in effetti viene raggiunto con grande maestria. Prey è un gioco che vive di grandi emozioni, raccontando l’eterno scontro tra l’umano e un nemico ignoto che si annida nella sua mente. Difficilmente troverete sul mercato attuale un titolo che pone così tanta attenzione alla storia e all’atmosfera, pertanto è doveroso supportare la costante ricerca stilistica e narrativa di Arkane.