Maledetti Rabbids, mi sono detto, c’è da scommetterci che riusciranno nell’impresa di rovinare persino un brand indiscutibile come Mario. L’ho pensato io, l’avevano pensato in molti, influenzati, sin dal primo leak, da quella voglia tutta internettiana di gettare odio sui progetti più strani, più originali. Se poi, insieme all’intoccabile Mario, c’è di mezzo pure Ubisoft, vittima spesso incolpevole del più educato degli hater, ecco che il pregiudizio è servito su un piatto d’argento. Ed è un sollievo, dopo un weekend passato su questa folle rivisitazione in chiave strategica del Regno dei Funghi, che mai timore fosse tanto infondato. Mario + Rabbids: Kingdom Battle non è solo un eccellente strategico a turni, ma, più in generale, un titolo fresco, nuovo, innovativo. Più vicino, come produzione, ad un gioco “made in Kyoto”, piuttosto che ad un raffazzonato crossover occidentale con protagonista la più grande star dell’industria. A questo, aggiungiamo il fatto il progetto sia nato, cresciuto e pasciuto in Italia, negli studi milanesi di Ubisoft, ed ecco che il piatto si trasforma in oro e che l’odio si tramuta in amore. E se hai già sbirciato il voto, dannato di un hater, ora lo sai pure tu.
Conigli Italiani
La storia dietro a Mario + Rabbids ricorda le favole più belle, quelle sognate dal vero appassionato di videogames che, ai videogames, lega indissolubilmente la sua vita. Quella da giocatore, quella da giornalista del settore, quella da programmatore. La storia è quella di Davide Soliani, volto noto del settore con all’attivo un curriculum da sviluppatore ricco di buoni giochi, ma lontano dallo status di designer di Serie A destinato a pochi eletti nell’industria. Parliamoci chiaro: Davide, talentuoso di casa Ubisoft Milan a capo del progetto, è innanzitutto italiano. E si tratta di un passaporto pesante, specie se sei tanto pazzo da pensare di poter sviluppare un gioco con protagonisti gli irriverenti conigli e gli iconici personaggi del Regno dei Funghi. Un privilegio raro, praticamente impossibile per uno studio occidentale eppure, a suon di buone idee, rivendicato e poi realizzato nel corso di un lavoro durato oltre tre anni. Quello che è accaduto, prima e durante, è storia destinata, in qualche modo, a segnare la storia dello sviluppo nel Belpaese e, chissà, se ne parlerà tra qualche decade, magari su qualche prestigioso tomo a tema video ludico. A noi, in sede di recensione, tocca invece mettere da parte il campanilismo, ché valutare con queste premesse un’opera come Mario + Rabbids è impresa complicata, anche al netto dell’orgoglio italiota. Questo perché il videogioco Ubisoft è talmente innovativo da apparire intollerante alle etichettature di genere. Il genere, appunto, è quello degli strategici a turni, à la X COM per capirci, ma con talmente tante contaminazioni da sfociare nel puzzle gaming ambientale e, soprattutto, nell’action adventure vero e proprio. Un’avventura epica, basata su una struttura di gioco rigida nelle regole, ma dinamica nel gameplay, con un level design eccellente e con un sistema di controllo raffinato, ma anche preciso e appagante. Come tradizione Nintendo impone.
Funghi Giapponesi
La campagna principale si apre con un lungo filmato introduttivo che spiega il perché i Rabbids, i terribili conigli di Ubisoft già protagonisti di una serie tutta loro e di un crossover insieme al figlioccio prediletto Rayman, si siano ritrovati nel Mushroom Kingdom ben noto a tutti i videogiocatori. Il fatto è che i Rabbids riescono a mettere le mani su uno speciale elmetto per Realtà Aumentata che “mixa”, letteralmente, oggetti e concetti. La messa in funzione piuttosto disordinata dell’aggeggio all’interno della cameretta dalla sua creatrice, appassionata Nintendo e quindi, da brava nerd, collezionista di articoli Super Mario based, provoca uno strano frullato di materia che si riversa sul Regno dei Funghi in una sorta di vortice spazio temporale. Mario, Luigi, Peach, Yoshi e, insieme a loro, nemici e amici che popolano il regno dei funghi si ritrovano così a fronteggiare l’ennesima emergenza, alla ricerca dell’elmetto calato sulla testa di un giovane Rabbids assoldato, per l’occasione, dal solito Baby Bowser. L’universo che fa da sfondo all’avventura è, quindi, una rivisitazione piuttosto originale del “solito” regno creato da Nintendo. Il team di sviluppo ha davvero creato un background inedito, giocando con le conoscenze assodate del videogiocatore e con i suoi ricordi e dando vita ad una personalissima visione del tutto. Non si tratta, bene precisarlo, di un lavoro eretico, perché il rispetto verso Super Mario trasuda da ogni piccolo dettaglio, da ogni insignificante, sulla carta, particolare. Ed è in questo contesto, con il castello di Peach a fare da hub, che partono le avventure del nuovo gruppo di eroi e antieroi. Al fianco di Mario e del suo solito team, infatti, compaiono i nuovi “pards”. Ovvero, le versioni rabbids dello stesso idraulico, del verde germano, della bionda principessa e del tenero Yoshi. Si tratta di versioni alternative e maleducate che “giocano”, pure loro, con l’iconografia classica dell’universo Nintendo e, più in generale, con la filosofia che ha sempre fatto da sfondo ai titoli della casa di Kyoto. Irriverenti, ingestibili, mezzi matti, l’arrivo dei Rabbids coincide con la nascita di un mondo parallelo talmente esilarante che, sin dalle prime battute, sarà impossibile trattenere la risata. Una risata che, già nella prima ora di gioco, rischia di trasformarsi in fragore di fronte all’incredibile comicità dello script. Scenette, intermezzi, linee di dialogo. Tutto è al servizio della narrazione e, anche, del gameplay, ben esplicato a schermo da un tutorial per nulla invadente, eppure completo e ben integrato. Da un punto di vista strutturale, è vero, Mario + Rabbids si colloca nel genere degli strategici a turni. Eppure, le fasi esplorative e quelle di puzzle mantengono una rilevanza importante per tutta la durata dell’avvenuta in singolo, tanto da far vacillare qualsiasi tentativo di etichettatura ad un genere talmente specifico. Certo è che la Kingdom Battle del titolo rivendica la sua importanza. Ognuno dei 4 mondi è suddiviso in 10 capitoli in cui trovano spazio un mid boss e un boss finale. Ogni capitolo, poi, è caratterizzato dalle famose battaglie che vedono la squadra del giocatore composta – solitamente! – da tre personaggi chiamati a sconfiggere o superare il team di nemici. I combattimenti sono ritmati dai turni affidati a ciascuna squadra le cui mosse sono scandite, anche, dalle possibilità proprio di ogni personaggio mescolate, appunto, a quella delle arene. Quello che differenzia il titolo dalle produzioni “classiche” del genere è la grande dinamicità degli scontri che, alla necessaria fase di pianificazione iniziale, combinano momenti di strategia e studio da approntare al momento. Ed è in queste fasi che emerge un gran lavoro sul level design. Il disegno delle mappe, strutturate in caselle a mo’ di scacchiera, permette una serie di azioni notevoli, di base suddivise in movimento, dash, salti e mosse speciali. Ogni insidia, ogni risorsa, ogni azione e ogni reazione: tutto è realizzato per stimolare il cervello del giocatore, sottoposto continuamente agli stimoli ludici e gratificato dal ritmo di gioco, ragionato e, al contempo frenetico. Per altro, proprio per scongiurare la staticità sul lungo termine, Ubisoft ha studiato un sistema di sviluppo del personaggio attraverso un più o meno classico albero delle abilità legato alla spendita di alcuni orb legati all’avanzamento. Impressionante anche l’arsenale in dote ai personaggi. Superato lo shock iniziale nel vedere Mario – o Peach! – armato di cannone, lo sblocco di nuove armi attraverso l’ottenimento di monete garantisce nuove strategie di ingaggio. Orb e monete, infine, sono legati a doppio filo alle fasi esplorative. Ogni Mondo è un piccolo labirinto fatto di viuzze nascoste e cunicoli segreti, dove risolvere più o meno semplici puzzle ambientali e, quindi, riempire la propria sacca di risorse e collezionabili utili nel proseguo dell’avventura.
E-Motion Control
Superando i pregi e i limiti di un sistema di controllo basato sulle alternative in dote ai Joycon di Switch, Mario + Rabbids si gioca in maniera “classica”. Nessuna concessione al touch screen o al motion control, per intenderci. Durante le fasi esplorative, l’uso degli analogici si focalizza su Beep-0, un’intelligenza artificiale che funge da guida per i membri del team capitanato da Mario. Archiviato il tasto deputato al salto, i movimenti del team sono invero limitati e correlati ad azioni specifiche a seconda degli elementi presenti sulla mappa, visualizzata con una funzionale visuale isometrica. La mappatura cambia completamente durante le battaglie, dove ogni personaggio può essere spostato sulla “scacchiera” e, quindi, attraverso l’uso dei dorsali, chiamato a svolgere una determinata azione. Al netto dei poteri e delle abilità, restano punti cardine dell’esperienza proprio le possibilità dinamiche in dote ad ogni personaggio, chiamato a sfruttare gli spazi e le coperture interagendo, anche, con gli altri membri della squadra. Come il tutto avvenga via joycon senza “incasinare” il cervello del più estremista del giocatore console resta, più che un mistero, un grande merito degli sviluppatori, abili nel mettere a punto un control system, ancora una volta, in perfetto stile Nintendo. Semplice, pulito, eppure completo e appagante. Frutto, prima ancora che di uno studio sugli originali controller o sule possibilità specifiche della nuova console, di un attento studio delle meccaniche ludiche, pronte ad emergere senza difficoltà persino durante il multiplayer locale pensato con mappe ad hoc per due giocatori. Tanto per dire che sì, Mario + Rabbids funzionerebbe alla perfezione su qualsiasi piattaforma, funzionando al meglio proprio su Switch e rendendo al massimo anche quando, dal salotto, si sceglie di passare alla modalità portatile. Un passaggio indolore, che sposa appieno la filosofa dietro all’ibrida di Kyoto e che inorgoglisce la struttura della campagna. Nonostante la complessità di alcuni livelli, comunque affrontabili in qualsiasi momento anche in “easy mode”, l’esperienza offerta dal titolo Ubisoft ben si plasma anche al gioco “da passeggio”. Una fruibilità, dunque, completa per meriti oggettivi dall’hardware su cui il gioco gira, certo, ma pure inorgoglita da un concept vincente.
E-Motion Engine
Vincente, anche, la scelta del motore grafico. Lo Snowdrop Engine, utilizzato già nel colossal The Division, ha permesso ai creativi di Ubisoft di dare sfogo ad un orignale character design, tanto nelle fasi ludiche quanto negli intermezzi. Al netto di ispirazioni più o meno dichiarate – il disegno pesca a piene mani da alcune recenti produzioni “made in Kyoto”, come ad esempio 3D World, ma sfruttando nei momenti esplorativi una visuale isometrica che ricorda l’apocrifo Super Mario RPG di epoca 16 bit – Mario + Rabbids è una gioia per gli occhi. Non tanto per la mole poligonale che muove, quanto piuttosto per la scelta dei colori e lo stile adottato. Le superfici sono sempre levigate e brillanti e fanno da teatro ai fluidi movimenti dei vari personaggi. In tal senso, l’unica concessione ad eventuali colli di bottiglia dell’hardware Nintendo sono alcuni sporadici freeze di pochi istanti, incapaci di inficiare il gameplay e invero legati, probabilmente, più ad alcuni problemi di lettura dei dati piuttosto che ai limiti dell’hardware. Per il resto, il gioco scorre fluido a 30 FPS costanti. Abbastanza, data la particolare tipologia del titolo, per promuovere senza titubanza un comparto tecnico impreziosito da una colonna sonora d’eccellenza. Nel ruolo di direttore d’orchestra il leggendario Grant Kirkhope, compositore dal curriculum infinito e autore, per l’occasione, di una partitura epica, in continua evoluzione durante le circa 10 ore necessarie per completare la campagna in singolo, cui addizionare i livelli ad hoc creati per il multiplayer locale. L’equazione, in definita, è semplice. Persino per chi, magari, crede di non essere bravo con i numeri o con il genere strategico. Mario + Rabbids + passione + competenza + Italia = Capolavoro. Se ne riparlerà tra anni, sui libri di storia. Non solo quella del Belpaese.