Rock of Ages II: Bigger & Boulder – Recensione

Coraggio, alzate la mano: quanti di voi si aspettavano un sequel del bizzarro Rock of Ages, assurdo guazzabuglio fra un tower defense, una partita a bowling, un platform e un gioco di corse sviluppato dai cileni di ACE Team, che con il loro Zeno Clash avevano già dimostrato di non andarci tanto per il sottile quanto a titoli non convenzionali? Nessuno? Bene, perché a quanto pare Atlus ha deciso di puntare sull’effetto sorpresa e deliziare gli appassionati dei letali testoni rotolanti (?) con questo Rock of Ages II: Bigger & Boulder, che contiene una seconda, generosa porzione di castelli da abbattere e figure storiche da ridicolizzare, accompagnata da un’esigua ma consistente guarnizione di modalità extra per prolungare lo svago demolitore. Sarà sufficiente a garantire alla serie un posto di riguardo fra i videogame di culto di un certo calibro? Ma soprattutto, ne sentivamo davvero la necessità?

Lo stile grafico è incredibilmente dettagliato, e spesso ci si può perdere in contemplazione degli sfondi in movimento mentre si precipita verso morte certa…

PIETRE MILIARI

Archiviata l’epopea di Sisifo, il cui emblematico macigno ha avuto ragione di mostri e creature d’ogni tipo nel precedente episodio, questa volta tocca al maldestro Atlante prendere il controllo del possente artefatto sferico e rimediare al caos involontariamente scatenato sulla Terra, della quale in teoria doveva essere custode e guardiano, prima che la sacra ira di Dio lo colpisca: per fare ciò, sarà costretto a scontrarsi con una pletora di personaggi che, per un motivo o per l’altro, decideranno di mettergli i bastoni fra le ruote quali Medusa, Don Chisciotte, Niccolò Copernico e l’Urlo, inteso proprio come il protagonista del famoso dipinto di Edvard Munch. Questa policromatica tavolozza di figure storiche, religiose e folcloristiche si sposa alla perfezione con lo stile grafico del gioco, il medesimo del primo Rock of Ages, che si rifà pesantemente alla tecnica cut-out impiegata da Terry Gilliam per gli sketch animati de Il Circo Volante dei Monty Python, ossia figure di carta ritagliate e riprese a passo uno, qui replicate con grande cura dai modelli tridimensionali.

Fulcro del gioco resta sempre la distruzione totale a colpi di palle giganti, con la nostra e quella rivale collocate sulla sommità di due mappe speculari, e le rispettive fortezze che si ergono in fondo alle stesse: lo scopo è quello di lanciare a tutta velocità il proprio proiettile contro i cancelli del bastione nemico, guidandolo lungo una pista irregolare e disseminata di ostacoli che spaziano da dossi e burroni naturali a vere e proprie trappole piazzate dall’altro contendente, che farà lo stesso con noi. I turni infatti si alternano tra una fase offensiva, durante la quale avremo modo e maniera di controllare l’orientamento del massiccio pietrone, e una difensiva, che ci permette di investire i punti guadagnati con i ruzzoloni appena compiuti nella costruzione di muri, trabocchetti, cannoni e altri marchingegni un pelo più originali, tipo una balena dalla bocca aspiratrice, mucche particolarmente appiccicose o leoni che viaggiano legati ad un pallone aerostatico, tutti studiati per arrestare, deragliare e fracassare il globo avversario diretto verso il castello che ci appartiene, in attesa che i laboriosi operai rimettano in sesto la sfera per ricominciare il ciclo. Entrambe le fazioni agiscono in contemporanea, dunque è necessaria anche una certa solerzia per organizzare assalti e difese, onde evitare che la prudenza eccessiva si traduca in una sonora disfatta. Con l’incedere della storia, che si dipana attraverso una serie di livelli distribuiti per tutto il Vecchio Continente, vengono sbloccate ulteriori diavolerie fino a completare un corposo arsenale, nonché rinforzi e configurazioni differenti per la micidiale selce di distruzione di massa che ne modificano l’aspetto e ci forniscono un certo numero di vantaggi, in genere controbilanciati da altrettanti handicap: spetterà a noi trovare la combinazione più adatta all’occorrenza, o perlomeno quella che riesce a mettere maggiormente in risalto le nostre capacità di pilota di biglie maturate con le piste che tracciavamo in riva al mare da ragazzini.

Benché la nostra pietra e molti degli ostacoli siano già discretamente grandi, i boss di fine zona lo sono ancora di più e richiedono tattiche particolari per essere abbattuti.

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Tutti gli stage vengono introdotti da sequenze animate nello stile menzionato poc’anzi, traboccanti di umorismo surreale: voglio dire, in quale altro gioco è possibile affrontare Vincent Van Gogh che vomita pennellate impressioniste su chiunque gli capiti a tiro, sfidare Adamo ed Eva in un duello di Pokémon o assistere all’aggressione di Enrico VIII da parte dei crani volanti di tutte le sue mogli? Analogamente, i fondali dei circuiti riflettono le correnti artistiche dell’epoca dalla quale proviene l’antagonista di turno e la surreale inventiva dei tre fratelli Bordeu, fondatori di ACE Team, viene trasposta dall’Unreal Engine 4 con una cura ai limiti del maniacale, alla quale si riesce a perdonare qualche piccola sbavatura di troppo: anzi, è quasi un peccato dover sfrecciare a gran velocità fra sontuosi capitelli corinzi e imponenti templi ellenici alla ricerca della scorciatoia più rapida per raggiungere l’obiettivo, senza avere occasione di ammirare la profusione di elementi scenici che risaltano contro gli sfondi, a loro volta ricchi di dettagli e finezze. I boss posti al termine di ogni zona, per affrontare i quali bisogna accumulare un certo numero di stelle elargite in base alle nostre prestazioni nei quadri che li precedono, spezzano la routine offrendo un approccio molto più simile ad un puzzle game, dato che richiedono l’analisi di movimenti e attacchi, come pure della conformazione dell’arena in cui si svolgono gli scontri, per essere superati con successo: nulla di estremamente complicato, ma si tratta senza dubbio dei segmenti più memorabili del titolo.

E’ possibile cimentarsi con la campagna e con la Corsa a Ostacoli sia da soli che contro un amico, online oppure offline, mentre la Prova a Tempo è in grado di mettere alla prova i perfezionisti che vogliono migliorare le proprie performance su una qualsiasi delle 15 mappe presenti. Il problema fondamentale di Rock of Ages II, che intacca direttamente la sua longevità, risiede purtroppo nella carenza di cose da fare una volta completata la storia, e le due sole modalità multiplayer non possono certo tenere impegnati a lungo: considerata la fantasia e l’estro che trapelano dalle pur laconiche battaglie contro i boss, sarebbe stato interessante vedere la medesima formula reinterpretata in un numero maggiore di varianti e mini giochi, esattamente come accadeva in Super Monkey Ball. Invece, seppur divertente, una volta completati tutti i livelli e visto in azione i trabocchetti e le diverse forme del nostro pietrone, la monotonia inizia a farsi sentire ed a compromettere la gioia di seminare morte e distruzione con una certa ripetitività.

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