Quello dei simulatori di veicoli è un sottogenere un po’ peculiare nel panorama dell’intrattenimento digitale: a fronte di modelli fisici estremamente accurati che riproducono svariati mezzi di trasporto e gli ambienti nei quali di solito vengono adoperati, il loro proposito dichiarato è fornire un’esperienza quanto più vicina possibile alla reale conduzione degli stessi e padroneggiarne alla perfezione i controlli, soprattutto nel caso di vettori molto complicati da manovrare, spesso costituisce l’unico elemento di interesse per gli appassionati. Il pubblico si interpella da sempre circa l’esatta classificazione di questi titoli fin dai tempi del primissimo Microsoft Flight Simulator, con molti che non riescono a reputarli “giochi” in senso stretto perché quasi sempre privi di qualsivoglia fattore agonistico, dunque alcune software house hanno iniziato ben presto ad introdurre un certo assortimento di obiettivi e scenari che mettono alla prova le capacità degli aspiranti piloti in un contesto verosimile, magari con un pizzico di cooperazione o competitività aggiunte che non guastano mai, onde accostare all’immersività un senso di gratificazione personale più concreto.
Il proliferare di video di gameplay distribuiti da youtuber di ogni caratura, sempre in cerca di titoli originali da mostrare agli spettatori, ha contribuito a catalizzare l’attenzione sulla categoria, sfruttando in particolar modo lo strano fascino ipnotico che l’opportunità di spostare carichi di ogni tipo lungo le autostrade del vecchio continente elargita da Euro Truck Simulator sembra esercitare sui giocatori o potenziali tali. Ma a Pavel Zagrebelnyj, talentuoso sviluppatore indipendente originario dell’ex Unione Sovietica, non bastava mordere per ore un groviglio di vaste e monotone lingue d’asfalto: stregato dal duro lavoro dei trasportatori di legname suoi connazionali, costretti a governare possenti trattori di metallo su terreni limacciosi e accidentati in condizioni climatiche avverse, il desiderio di replicare la medesima attività in chiave ludica lo spinse a lanciare un Kickstarter nel 2013, che in breve raccolse oltre il doppio della cifra preventivata e diede forma concreta a Spintires, una simulazione di mezzi pesanti off-road impiegati nella dislocazione di tronchi fra depositi e segherie che puntellano l’aspra taiga siberiana.

Il gioco, che richiede una pianificazione meticolosa del tragitto e l’utilizzo ponderato dello strumentario di bordo per transitare lungo ripide mulattiere invase da fango e detriti, ha ben presto conquistato un nutrito scampolo di appassionati, ma una serie di controversie più o meno insormontabili hanno intossicato le relazioni tra Zagrebelnyj e il suo editore tanto da rallentare e, infine, sospendere del tutto il supporto per lo stesso. Per fortuna, il programmatore ha mantenuto i diritti di sfruttamento del marchio e così, dopo aver stretto accordi con un nuovo team per lo sviluppo e con i francesi di Focus Home Interactive per la distribuzione, è tornato di nuovo a calcare i sentieri sterrati con questo Spintires: MudRunner, una versione riveduta, corretta e arricchita dell’originale più che un vero e proprio sequel, grazie alla quale anche i proprietari di console possono finalmente dominare la furia degli elementi grazie all’indomita prestanza del loro verricello.
RIPORTAMI A CASA, STRADA FANGOSA
Delle premesse ve ne ho già parlato: controllare una flotta di automezzi, progettati per aggredire le inospitali regioni selvagge nel cuore della Federazione Russa, da un punto all’altro della mappa con un abbondante carico di tronchi, scavalcando e aggirando gli ostacoli rappresentati da rocce, salite impervie, declivi scoscesi, onnipresenti acquitrini e corsi d’acqua impetuosi senza rimanere incastrati, esaurire il carburante o distruggere la carrozzeria. Per quanto siano robuste opere dell’ingegno umano, infatti, una guida troppo disinvolta e incurante può mettere fine prima del dovuto alla nostra carriera di taglialegna, obbligandoci a tornare alla base e selezionare un’altra macchina che possa trarre d’impaccio la precedente, dunque in genere è consigliabile ispezionare il perimetro d’azione con uno dei veicoli che consumano meno a nostra disposizione prima di mettere su strada l’artiglieria pesante. Punto di partenza di ogni livello è una rimessa incastonata nel nulla, dalla quale possiamo partire alla ricerca di altre zone d’interesse, come le torri di osservazione che svelano porzioni ancora inesplorate della cartina o altri garage da rimettere in sesto, nonché ovviamente le zone di raccolta del legname e gli impianti presso cui consegnarlo, separate da un profluvio di sbarramenti ambientali che si adoperano per interferire il più possibile con il nostro compito. A dire il vero, la natura non prende parte attiva contro di noi ma si limita sostanzialmente ad esistere, occupando il paesaggio circostante in maniera spontanea con poggi, alberi e fiumi del tutto avulsi alla presenza dell’uomo: il trucco per dominare Spintires: MudRunner sta nel comprendere la conformazione del territorio e muoversi di conseguenza, tenendo a freno il desiderio di schiacciare il piede sull’acceleratore.

Oltre a fungere da deposito per la scuderia di camion, la rimessa consente di equipaggiare gli stessi con una discreta varietà di componenti, a partire dai pianali la cui grandezza consente di trasportare fusti di dimensioni maggiori, a patto di possedere una motrice in grado di generare l’energia meccanica adeguata e di mettere in conto la difficoltà supplementare derivante dalla conduzione di un rimorchio privo di trazione autonoma e molto più sensibile alle irregolarità del percorso. Fra le attrezzature supplementari vi sono anche moduli per le riparazioni, utili per sistemare i danni delle vetture rimaste bloccate lungo la rotta o per mettere in moto quelle che occasionalmente incontreremo abbandonate nella boscaglia, strutture di supporto per ricostruire e utilizzare altri garage e cisterne per trasportare carburante, tutte operazioni che è opportuno svolgere prima di iniziare l’andirivieni fra depositi di legno e impianti di lavorazione. Tuttavia, persino l’approccio più cauto e studiato del mondo può andare incontro ad una serie di fastidiosi contrattempi: magari la gru utilizzata per caricare i tronchi (in determinate contingenze, saremo chiamati a svolgere anche questa manovra con i comandi manuali) ha tentato di valicare un dosso troppo scosceso e si è ribaltata, oppure un camion è rimasto incastrato sul letto di un fiume senza appigli per trarsi fuori d’impaccio con il proprio verricello, o ancora uno dei veicoli ha semplicemente terminato la benzina. In genere, per ovviare a tali inconvenienti è possibile prendere il controllo di un altro mezzo e correre in aiuto di quello accidentato: lo strumento che in tal senso ci tornerà più utile è l’ormai pluricitato verricello, grazie al quale possiamo sfruttare la vegetazione circostante per emergere da un fosso, trainare un vettore impantanato o addirittura collegarne diversi in serie per formare un convoglio e sfruttare la potenza di più motori. L’impiego dell’argano diventerà in breve immediato come quello dei pedali, del volante e del blocco differenziale, tutti mappati per comodità su leve e pulsanti diversi del controller, attestandosi in cima alla lista dei congegni fondamentali per la buona riuscita delle mansioni di cui i boscaioli moderni degni di tale nome devono farsi carico.
IL SENTIERO MENO BATTUTO
L’aspetto generale dell’interfaccia utente di Spintires: MudRunner è… funzionale, a dir tanto: una semplice bussola per mantenere l’orientamento, un didascalico menù con le funzionalità attivabili mediante pressione dei singoli tasti e un riepilogo dei rapporti di trasmissione (anche questi regolabili manualmente, se così preferiamo), nonché un elenco dei partecipanti alla sessione qualora si stia giocando in multiplayer, occupano i vertici dello schermo in maniera sobria e leggibile, mentre il primo impatto con la telecamera può lasciare spiazzati: sebbene in questa revisione sia stata introdotta anche una prospettiva dall’interno dell’abitacolo, l’inquadratura standard è in terza persona e ruota in modo da tenere al centro non l’automezzo controllato ma la porzione di strada davanti al cofano dello stesso, un po’ come se stessimo giocando con uno sparatutto o, ancora meglio, con una versione a ripresa libera di Trials. Dopo qualche minuto, appare comunque chiaro il motivo di tale scelta, legato alla necessità di tenere costantemente sotto controllo l’itinerario sul quale ci stiamo avventurando e, soprattutto, il comportamento di ruote e sospensioni, oltre a consentirci di ammirare qualche angolazione suggestiva di tanto in tanto. Inoltre, la mappa visualizzabile contiene una serie di informazioni addizionali, come la profondità dei canali fluviali e la pendenza del terreno, che possono essere consultate in qualsiasi momento. E’ dunque palese che Spintires sia una belva parecchio impegnativa da domare, ma per fortuna la presenza di un tutorial basilare e di una serie di sfide da completare prima di immergerci nelle vere e proprie mappe sandbox offerte dal titolo ci istruisce a dovere per fronteggiare la molteplicità di situazioni cui andremo incontro.

Il coefficiente più insolito dell’equazione scritta da Zagrebelnyj è che, almeno su carta, l’intera esperienza regalata dalla sua creatura dovrebbe essere ben poco divertente da provare, e invece il quantitativo di sforzi congiunti da investire, essenziali per governare al meglio i poliedrici aspetti del gioco, si traduce in appagante soddisfazione ogni volta che riusciamo a completare con successo uno degli obiettivi proposti, o anche solo a risolvere una problematica senza apparente via d’uscita grazie all’ausilio dei nostri mezzi, sia cerebrali che motorizzati. Come già accaduto con il predecessore, il vero punto di forza della produzione è la fisica che governa ogni singola componente interattiva, su tutte l’onnipresente fango che viene modellato dal peso dei nostri trattori, che si incastra nelle scanalature degli pneumatici e che viene lavato via dall’acqua, a sua volta influenzata dalla scocca dei vari tipi di camion che vi si immergono. Il ciclo giorno/notte, oltre a modificare i colori e la nitidezza dello scenario, influisce sul comportamento alla guida perché molti ostacoli vengono nascosti tra le tenebre e la luce proiettata dai fanali a volte non basta per scorgerli con sufficiente tempismo. La modalità di gioco principale è, come già detto, quella che ci catapulta all’interno di un gigantesco livello da esplorare per stabilire il percorso ottimale di carico e scarico merci e raggiungere una certa quota di legname raccolto e lavorato: le nove mappe presenti sono affrontabili a due diverse difficoltà, Occasionale oppure Simulazione, con quest’ultima che riduce o disabilita del tutto le agevolazioni dei comandi e impone una serie di vincoli ai quali non possiamo sottrarci, come l’assenza di rotte visibili sulla cartina o l’impossibilità di riparare i veicoli distrutti. Sei di queste mappe possono essere anche navigate assieme ad altri tre amici, ciascuno con un compito specifico ma tutti uniti per il raggiungimento del medesimo obiettivo, il che aiuta a mitigare la solitudine derivante dall’esplorazione di un mondo tutto sommato bello da vedere ma fondamentalmente vuoto: a parte la caracollante andatura dei nostri autocarri, il verosimile rombo degli stessi e qualche occasionale cinguettio o cicaleggio, a quanto pare il mestiere di autista di macchine forestali è uno dei più scostanti e taciturni al mondo, tant’è vero che i brani rockeggianti della colonna sonora squarciano il silenzio solo in prossimità delle segherie. Forse la presenza di qualche elemento animato in più, magari un branco di animali che fugge al nostro arrivo o gli occhi dei rapaci notturni che ci fissano dalle sommità degli alberi, e di una radio a bordo dei mezzi alla stregua di un Grand Theft Auto avrebbe aiutato a mantenere meglio la concentrazione, come pure a far sentire il giocatore parte ancora più integrante della natura che lo circonda.