Halo: Reach – Recensione Xbox 360

L’Anello è saldato. Finisce un Epoca. E un’Epica, almeno per ora.

Bungie, il Signore degli Anelli videoludici, ha forgiato il suo ultimo Halo. Ora incudine e martello passano d(i)ritti d(i)ritti nelle mani di Microsoft. Speriamo che ne faccia buon uso, se proprio deve farne uno. Perché, dal nostro punto di vista, Halo: Reach raggiunge la chiusura del cerchio a 360°, almeno su Xbox 360. Difficile forgiare qualcosa di più splendente sul piano del gameplay puro; di più consistente su quello dell’impatto visivo nel suo complesso; di più resistente su quello della lega tra modalità offline e online, cooperative o competitive, single player o multiplayer. Preso singolarmente non è un anello perfetto, ma come nessun altro riesce a far combaciare perfettamente l’inizio e la fine di una serie di FPS letteralmente universale, da qualunque parte la si (ri)percorra.

Un inizio, quello vissuto in Reach, del quale sappiamo da tempo la fine, molto prima dei fastidiosissimi spoiler. Una fine, quella temuta di Halo, della quale sappiamo da tempo l’inizio, molto prima dell’attesissimo prequel. Eppure, è impossibile non restare lì incollati allo schermo dall’inizio alla fine della Campagna, per vedere con i propri occhi come finisce il capolavoro tanto annunciato. Per provare con il proprio cuore come si conclude una serie tanto amata.

Non parleremo di fucine sempre più calde, di cinema sempre più spettacolari, di sparatorie sempre più cooperative, di multiplayer sempre più competitivi. Sicuramente ne abbiamo già parlato, probabilmente li avete già visti (o addirittura provati), eventualmente potranno essere ancora ampliati. Ci concentreremo, invece, su quello che un “sempre più” forse l’ha raggiunto per l’ultima volta. Le Campagne degli FPS sono sempre più spettacolari, e sempre più corte. Quella di Reach non fa eccezione, con la sua mezza dozzina di ore mediamente necessarie per arrivare ai titoli di coda (e oltre…). Certo, giocando a livello di difficoltà Leggendario in singolo ce ne vorranno molte di più. Così come molte di meno ne serviranno correndo in co-op a 4 giocatori a livello Facile. Ma il punto non è “quanto dura”, né “quanto è duro”, ma piuttosto “quanto è denso” Reach, e la sua Campagna. Denso, sì: sia d’innovazione che di tradizione. D’altronde, “prequel definitivo” è un ossimoro che gli calza a pennello. Nuovo pianeta, vecchie dinamiche di gioco. Nuovo Nob(i)le protagonista, vecchie armature Spartan III. Anche se vecchio e nuovo si confondono, saldandosi perfettamente in un anello giocoso di ferreo bilanciamento.

Partiamo ad esempio dalle nuove abilità dell’Armatura: Scatto (corsa veloce senza sparare, in multi sostituito dalla Capriola riservata agli Elite), Blocca Armatura (invulnerabilità temporanea ma totalmente statica), Invisibilità Assoluta (o meglio mimetizzazione temporanea), Scudo Portatile (tipo Scudo a Bolla rigenerante che deflette proiettili, missili e granate), Ologramma (alter-ego da “sparare” per distrarre i nemici) e Jet Pack (per librarsi leggiadri per qualche secondo). Da raccogliere da appositi dispenser, utilizzare solo una alla volta e ricaricare dopo l’uso temporaneo, tali abilità non stravolgono lo spirito originario di Halo, ma lo aprono a interpretazioni tattiche degli scontri armati da pianificare e coordinare con cura, specialmente in co-op.

E così, un’apparente limitazione tattica – esattamente come quella derivante dall’assenza del dual wielding per le armi, o quella di una corazza Mjolnir Mark V B meno resistente e dagli scudi più lenti a ricaricarsi, ma in compenso dotata di elmetto con infravisione incorporata – si trasforma paradossalmente in una effettiva estensione delle opzioni strategiche a beneficio del giocatore, come scoprirete presto da soli.

È proprio quello che succede sul fronte dell’arsenale, che con l’introduzione di nuove armi a ricerca come il Cannone Covenant Tipo-52, di precisione quali il fucile da cecchino SRS-99D e da eliminazione furtiva (sì, ci sono anche le instant kill!), consentono un approccio tattico ai combattimenti più ragionato, con variazioni dalla distanza e un pizzico di stealth, pur non tradendo l’anima sparatutto superbamente bilanciata della storica saga.

Stesso discorso per il rinnovato parco veicoli e, soprattutto, velivoli. Gli ampi spazi (addirittura spaziali!) regalati dai territori selvaggi, dalle città verticali e dall’atmosfera planetaria di Reach vengono così sfruttati al meglio anche dal punto di vista dei combattimenti a bordo dei tantissimi mezzi di battaglia pilotabili, UH-144 Falcon su tutti. Spazi che rendono un po’ meno evidente sia la tradizionale imprecisione derivante dal modello “universale” di guida in prima (anzi, terza) persona degli stessi, sia le difficoltà di pilotaggio proprie di un’I.A. alleata dotata di algoritmi di pathfinding non propriamente evoluti. Intelligenza artificiale che, una volta appiedata, dimostra però di saperci fare molto di più, soprattutto nella coordinazione degli attacchi di gruppo da parti di Covenant ancor meglio caratterizzati nelle loro singole tipologie di combattimento (compresi i nuovi Skirmisher).

E il perfetto matrimonio tra vecchio e nuovo, sancito dal nuovo anello, è celebrato anche a livello tecnico. Se, infatti, il motore grafico è sostanzialmente quello del “vecchio” Halo 3 (come evidente dalla resa di alcune texture non esattamente super-dettagliate), Bungie è riuscita in Reach a raggiungere l’obiettivo di massimizzarne le prestazioni, come sempre con un occhio di riguardo più per l’impatto grafico generale che per il singolo dettaglio tecnico. Prova ne sia la quantità immane di roba che si muove ed esplode fragorosamente sullo schermo con una profondità visiva invidiabile, al prezzo accettabile di qualche sporadico calo di frame rate. Insomma, anche da questo punto di vista è stata trovata la chiusura del cerchio.

L’impressione generale che si ricava da tutto ciò, e da tutto lo sproposito di modalità di gioco alternative alla Campagna, è quella di una perfetta ed equilibrata integrazione tra vecchio e nuovo, potenza e controllo, forma e sostanza, personalizzazione e bilanciamento, mente e braccio, istinto e pianificazione, umanità e crudeltà, collaborazione sacrificio, inizio e… fine. “Spartans never die, they’re just missing in action.” Ci mancherete, ragazzi.

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