Inception

Si può desiderare di vivere nei sogni per fuggire da una realtà che non ci soddisfa, si può sognare ad occhi aperti creando mondi dove avvengono alfine le cose che desideriamo, ma si può anche…

Regia: Christopher Nolan
Cast: Leonardo Di Caprio, Marion Cotillard, Joseph Gordon-Lewitt, Tom Hardy, Ellen Page
Distribuzione: Warner
Voto: 80

Si può desiderare di vivere nei sogni per fuggire da una realtà che non ci soddisfa, si può sognare ad occhi aperti creando mondi dove avvengono alfine le cose che desideriamo, ma si può anche, in un ipotetico futuro, farne un business illegale, violando i sogni degli altri per impossessarsi dei loro segreti. Questo è l’originale mestiere di Cobb, creare falsi “labirinti” della mente, in cui il sognatore si può perdere mentre il predatore che ha architettato la trappola può seguirlo e saccheggiare il suo subconscio, nel quale giacciono informazioni preziose, perfino a lui stesso ignote. Cobb non solo è un esperto ladro di questi sogni, in una forma avanzatissima di spionaggio industriale, ma ha scoperto anche come penetrarvi per impiantare ad insaputa del proprietario ciò che si vuole, un seme (l’inception, l’inizio), che poi maturerà come un parassita insinuato in un organismo, che cresce e si moltiplica, ottenendo il risultato voluto dal committente. Un magnate nel campo dell’energia sta morendo, bisogna fuorviare il suo fragile erede affinché partorisca una sua “geniale” idea, in realtà impiantata dal team di Cobb, che poi porterà la compagnia alla rovina, favorendo gli interessi del cliente, in una versione fantascientifica dei cattivi consiglieri traditori, un “suggeritore” occulto che soffi nell’orecchio progetti rovinosi, come Jago con Otello.

Cobb ha però una ferita straziante nell’animo, la perdita dell’amatissima moglie, smarrita dentro il sogno più bello che avessero mai sognato. Si dice: fai della tua vita un sogno, e di un sogno una realtà. Confondendo sogno e realtà, entrambi in quel sogno si erano perduti e solo Cobb era tornato. L’uomo si rende conto che la sua fragilità potrebbe essere fatale per il resto del gruppo, un team di assoluta fiducia, un gruppetto di “specialisti” dove ciascuno è addetto a una particolare sezione del complicato piano. Ora però da questo rischioso incarico non può tirarsi indietro, perché solo così avrà la possibilità di riscattarsi e riottenere la custodia dei due figlioletti, gli unici affetti rimastigli. Nei suoi “viaggi”si ritrova vittima dei meccanismi che ha ideato per le sue vittime, inquinando con i suoi traumi i paesaggi mentali creati, mettendo così a rischio tutta la costruzione. Infatti nelle macchinose architetture oniriche dove lui e i suoi complici si muovono, fa irruzione con esiti catastrofici il Suo Sogno, cioè la figura della moglie. E se un “calcio alla sedia” basterà per svegliare da un semplice sonno, se invece si muore sprofondati dentro una struttura di sogno nel sogno, si rimane intrappolati nel Limbo, una sorta di terra di nessuno dove la mente sperduta vagherà per sempre.

Quest’ultimo, rischioso incarico obbliga a elaborare una struttura onirica a più piani, arrivando a quattro sogni uno dentro l’altro, incasellati in sequenza, come una serie di scatole cinesi. All’interno di tutto il complesso castello di sogni nei sogni di altri sogni e di sogni di altri, balenerà alla fine l’unica semplice verità: quando la vita è troppo brutta da sopportare non resta che rifugiarsi nel sogno, là dove ci si rifugia per fuggire dalla realtà, dove ci si nasconde per elaborare lutti, dove il nostro subconscio ci mostra i nostri errori, dove talvolta ci sembra di pareggiare i conti. Come consigliava Paul Valéry, il modo migliore per realizzare un sogno è quello di svegliarsi. Su internet e sulle riviste specializzate si sprecheranno pagine e pagine di spiegazioni, sui diversi piani della narrazione, su cosa e dove sia sogno e cosa e dove realtà, e perché, e sul significato del bel finale che si tronca lasciando allo spettatore immaginare la conclusione e trovare la sua spiegazione a tutto. Ma non dovrebbero influire sul giudizio finale perché Inception è un film immaginoso e complesso, eppure affascinante e struggente, così come era stato Memento, un thriller, un melodramma e una riflessione sui meccanismi della nostra mente (e del nostro cuore), da seguire sempre con molta attenzione, del quale discutere all’uscita dalla sala, sul quale riflettere, ma anche al quale abbandonarsi, e sul quale poi dare un giudizio emotivo oltre che razionale. Alla fine è proprio l’intensità emotiva della storia a sovrastare la comprensione del singolo dettaglio, così come era stato per Memento e anche per un altro film, diverso, più criptico e anche meno traducibile, Donnie Darko.

Inception è stato interamente scritto dallo stesso Christopher Nolan per la prima volta senza la collaborazione del fratello Jonathan, che aveva avuto accanto in tutti i suoi altri film, tranne che nel primo, Following (dal quale riprende il nome del ladro, Cobb), e costituisce una smagliante fusione fra cinema d’autore e blockbuster, visivamente grandioso, cerebrale ed emozionante. Il film soddisferà comunque anche una platea più superficiale, grazie alla spettacolare rappresentazione scenografica, dalla raffigurazione dei “broken dreams” (quando i sogni, qualunque sogno, crolla, in senso materiale o metaforico, è sempre una catastrofe), alla visionaria sequenza del primo sogno di Arianna con Cobb, indimenticabile il momento in cui Parigi si avvolge su se stessa, ed estenuante nella sua perfezione ad orologeria tutta la parte in assenza di gravità, mentre il furgone con tutti i protagonisti lentissimamente precipita e la catena dei sogni nei sogni si riavvolge al contrario verso il risveglio di tutti.

Protagonista è un intenso Leonardo Di Caprio, che dimostra una volta di più la sua maturità recitativa e la capacità di saper scegliere bene i suoi film. Intorno a lui un cast perfettamente assortito: la moglie è Marion Cotillard, l’interprete della Piaf cinematografica e sarà forse in suo omaggio che nel film sono le note di Je ne regrette rien a segnalare ai dormienti sognatori che è prossimo il risveglio. Joseph Gordon-Lewitt, giovane attore in grande crescita, è il fidato manager alle spalle del “creativo”. Ellen Page (Juno) è Arianna (in originale Ariadne, a ricordare l’Arianna del labirinto del Minotauro), che crea le “location” del sogno da abitare, giovane eppure, da estranea al gruppo, l’unica in grado di guardare fino in fondo all’abisso di Cobb. Tom Hardy è il falsario, capace di impersonare i personaggi presenti nei sogni delle vittime, il cinico uomo d’azione del team, e non potrebbe essere diversamente visto il suo passato in lavori di realistica durezza, ricordiamo la drammatica serie tv The Take e l’inedito Bronson, oltre a The Pusher, Rocknrolla e un remake di Cime tempestose. Il committente giapponese è Ken Watanabe, magnate carismatico e ambiguo. Cillian Murphy è il bersaglio, giovane uomo d’affari, erede di una fortuna, con un baratro nell’anima. Michael Caine, che insieme a Murphy era ne Il Cavaliere Oscuro, il precedente successo di Nolan, compare brevemente nel ruolo del suocero di Cobb, e altrettanto brevemente compaiono Peter Postlethwaite e un redivivo Tom Berenger. Tanta grandiosità non sarebbe stata possibile senza gli artisti dell’efficientissimo team di collaboratori abituali, che sono al fianco di Nolan da sempre, segnaliamo il direttore della fotografia Wally Pfister, l’addetto al complesso montaggio Lee Smith e Guy Hendrix Dyas, responsabile delle scenografie, senza le quali il film non sarebbe lo stesso, enfatizzate da effetti speciali grandiosi (Chris Corbould e Paul Franklin). Struggente il tema musicale di Hans Zimmer che contribuisce a condurre lo spettatore, dopo più di due ore impegnate a ragio
nare, ad abbandonarsi al sentimento nel toccante finale.