La conclusione del nostro viaggio attraverso la storia delle avventure grafiche . [Speciale]
Dopo l’avvento dell’interfaccia punta e clicca, la seconda, grande rivoluzione del genere delle avventure grafiche fu l’uscita di Myst, nel 1993. La prospettiva passava dalla familiare terza persona alla soggettiva: per la prima volta il giocatore vedeva il mondo attraverso gli occhi del suo alter ego. Un approccio completamente diverso, di totale rottura rispetto al passato, utilizzato ancora oggi (basti pensare alla serie Rhem).
Il gioco sviluppato dai fratelli Miller era una storia affascinante, ambientata in un mondo onirico, da esplorare da cima a fondo prima di poter arrivare alla conclusione dell’avventura. Myst è un prodotto davvero unico: non ci sono altri personaggi con cui dialogare, manca del tutto la violenza, e al giocatore non viene data alcuna spiegazione iniziale sul dove si trova, sul perché e soprattutto cosa deve fare. Distribuito esclusivamente su CD-ROM, Myst contribuì in maniera sostanziale alla diffusione del nuovo formato insieme a The 7th Guest, avventura horror in soggettiva di Trilobyte e Virgin Interactive. Entrambi i prodotti ebbero i loro seguiti e rifacimenti vari: la storia di Myst è piuttosto travagliata, con sequel meno ispirati e un tentativo di portare il suo universo nel mondo dei giochi online persistenti, che sopravvive oggi come titolo free-to-play.
I giochi di Trilobyte sono importanti anche per un altro aspetto: l’utilizzo dei filmati in Full Motion Video, che all’epoca sembravano l’unico modo di sfruttare al massimo l’enorme disponibilità di spazio offerta dai supporti ottici (ben 650 MB, eh!). Le sezioni di gioco erano intervallate da spezzoni filmati recitati da attori in carne e ossa e sovrapposti alla grafica 3D pre-renderizzata, un altro canone assolutamente imprenscindibile per l’epoca. Erano gli anni di Phantasmagoria di Roberta Williams (famoso anche per una sequenza di stupro), The Beast Within, The 11th Hour, Iron Helix e Journeyman Project. Anche Hollywood ebbe la sua infatuazione per il genere delle avventure in FMV: in Black Dahlia recitarono Dennis Hopper e Teri Garr, mentre Ripper vede nel proprio cast nomi come Christopher Walken, Tahnee Welch, Anna Levine, David Patrick Kelly, Burgess Meredith, John Rhys-Davies e Paul Giamatti. A una grafica sicuramente più accattivante (per l’epoca) non corrispondeva un’interazione e un gameplay all’altezza di produzioni più tradizionali basate sugli sprite; in quegli anni cominciavano inoltre a uscire a prezzi abbordabili le prime schede grafiche 3D e una nuova generazione di console domestiche. Il boom durò poco, insomma.
Un paragrafo a parte meritano i titoli della serie di Tex Murphy di Access Software, sviluppati da Aaron Conners e Chris Jones: quest’ultimo indossava anche i panni del ridicolo detective privato stile hard-boiled impegnato in una serie di indagini in una San Francisco alternativa del 21esimo secolo. Dopo Mean Streets (uno dei primi videogame in VGA a 256 colori) e Martian Memorandum, Under a Killing Moon del 1994 fu uno dei titoli più corposi dell’epoca, venduto in ben quattro CD-ROM. The Pandora Directive uscì nel 1996, mentre l’ultima puntata della saga, Tex Murphy: Overseer arrivò sul mercato due anni più tardi, e fu il primo videogame distribuito sia su cinque CD-ROM che su DVD (anche se non fu così determinante per l’adozione del nuovo formato come lo fu Myst per i CD), venduti all’interno della medesima scatola.
Secondo il parere di molti, e io mi metto tra questi, il declino del genere delle avventure grafiche è iniziato nel 1993 con l’avvento di DooM: sono gli anni del “boom” degli sparatutto in soggettiva, che catturano il cuore e le attenzioni dei giocatori PC. Qualcuno azzarda a collocare nel 1998 l’anno della “morte delle avventure grafiche”. L’uscita di Grim Fandango, straordinaria avventura di LucasArts, osannata dalla critica e premiata con praticamente ogni award e riconoscimento possibile e immaginabile, fu un flop commerciale che ha pesato parecchio sul destino del genere (e non solo per quel che riguarda LucasArts).
Pur ridimensionato in termini di numero di avventure uscite e di quote di mercato, non può comunque definirsi morto, neppure nei difficili anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio. Le grosse software house non investono più nel genere, considerato assai meno remunerativo di altri come gli sparatutto o gli action. Oltre a una grafica tridimensionale molto più ricca e dettagliata, i “nuovi” videogame permettono il gioco online, un aspetto irrilevante nel mondo delle avventure grafiche e un altro fattore che contribuisce a confinarlo tra i generi di nicchia.
Altro che morte, in questo periodo escono comunque un sacco di ottimi prodotti: la straordinaria serie Syberia di Benoit Sokal (che firma anche Amerzone, Paradise e Sinking Island), The Longest Journey di Funcom, le serie di Runaway, Tunguska, Dreamfall, Black Mirror e The Moment of Silence; ancora, Ceville, A Vampyre Story, Machinarium, The Whispered World e moltissimi altri. Gli investimenti sono limitati, e questo è uno dei principali motivi per cui le avventure grafiche, dal punto di vista tecnico, sono rimaste quasi identiche a quelle di quindici/vent’anni prima: fondali statici su cui si muovono personaggi animati (oggi in tre dimensioni), e un’interfaccia punta e clicca gestita interamente dal mouse. Non potendo (o volendo) spingere sul pedale della tecnologia, che rimane appannaggio degli shooter in prima o terza persona, gli sviluppatori lavorano soprattutto su altri elementi, meno “costosi” ma assai importanti per un’AG: trama, dialoghi e recitazione.
L’avvento delle nuove console di Nintendo (DS e Wii) prima e la scoperta da parte di Apple del ludo elettronico con iPod/iPhone e iPad poi danno nuova linfa alle AG: l’interazione tramite stilo, WiiMote o il tocco con le dita sullo schermo permettono nuove modalità di interazione, rendendo più intuitivo e naturale l’approccio all’esplorazione e alla risoluzione di enigmi. Tanti i titoli originali come Hotel Dusk o la serie del Professor Layton, tantissimi i remake e le conversioni, da Monkey Island a Broken Sword a The 7th Guest.
Un grosso contributo alla causa delle avventure grafiche arriva senza dubbio da Telltale Games, software house fondata da ex impiegati di LucasArts e che in questi anni ha di fatto creato il sotto-genere episodico, vere e proprie “serie” costituite da cinque o sei puntate rilasciate a distanza di uno o due mesi l’una dall’altra. Come nei serial TV, ogni episodio ha una trama e una caratterizzazione ben p
recisa, ma racconta anche una storia sottotraccia che abbraccia l’intero arco narrativo. Telltale ha riportato in auge alcuni tra i personaggi e le avventure più amate di sempre (Sam & Max – tre stagioni – e Monkey Island), e ha realizzato titoli con licenze molto importanti, da Wallace & Gromit a Ritorno al Futuro, la cui prima stagione è iniziata proprio un paio di settimane fa. Mantenendo l’analogia con il mondo televisivo, TTG ha anche avviato un programma di progetti “pilota”, che ha visto fino a questo momento il debutto di Puzzle Agent, una delle avventure più originali e interessanti dello scorso anno.
Le AG si sono evolute, rispetto al passato, anche e soprattutto sul fronte dell’accessibilità e della loro risoluzione: sempre più di rado ci troviamo di fronte a enigmi illogici e privi di senso che possono essere risolti solo provando a casaccio ogni combinazione di oggetti presenti nell’inventario; anche il “pixel hunting”, ossia la ricerca di un elemento o di un oggetto sullo schermo, è fortunatamente un retaggio del passato, grazie alla possibilità di evidenziare con un tasto tutti gli “hot spot”, ossia gli elementi cliccabili presenti in una determinata locazione. C’è chi critica queste scelte definendo le nuove AG molto più facili che in passato; personalmente, e non mi dilungo oltre perché esuleremmo dall’argomento di questo speciale, ritengo che la stessa critica possa essere mossa a tutto il mercato del videogame nel suo complesso, che offre prodotti molto meno frustranti e assai più accessibili rispetto anche solo a dieci anni fa.
Come il mitologico uccello che rinasce continuamente dalle proprie ceneri, anche il genere delle avventure grafiche è stato dato per morto un sacco di volte. Troppe, per crederci davvero. Diciamo la verità: le AG sono ormai un prodotto di nicchia, rispetto alla cosiddetta d’oro, quella del periodo LucasArts e Sierra, ma è anche vero che non sono mai sparite del tutto. Hanno contaminato altri generi e hanno contribuito a farne nascere di nuovi. Non torneranno agli antichi splendori, ma avremo avventure da giocare ancora per un bel pezzo. Non sono morte nè moriranno tanto presto. E chissà che il futuro non ci riservi qualche piacevole sorpresa, a partire dall’ormai imminente L.A. Noire, che potrebbe rappresentare il primo, vero tentativo di trasportare le avventure grafiche nella terza dimensione.
Speciale avventure grafiche – Prima parte